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A Roma nel 2021 un consumo di suolo pari a 150 campi da calcio

Il rapporto dell'Ispra: nella Capitale una colata di cemento da 105 ettari, come metà della Riserva naturale di Monte Mario.

Pubblicato:05-10-2022 14:20
Ultimo aggiornamento:05-10-2022 14:20

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ROMA – Nel 2021, rispetto all’anno precedente, a Roma sono stati consumati ben 105,377 ettari di suolo, una superficie pari a 150 campi di calcio e alla metà della Riserva naturale di Monte Mario, per un incremento dello 0,33% rispetto al totale. Il 63% del nuovo consumo è rappresentato da cantieri e aree in terra battuta; la maggior parte dei 105 ettari e concentrata nelle aree periferiche, con il 26% in IX Municipio, il 14% in XI e il 12% in XII. Sono alcuni dei dati del Rapporto 2021 ‘L’uso e il consumo di suolo di Roma Capitale – Analisi della copertura del suolo nel territorio di Roma’ realizzato dalla U.O. di Statistica – Open Data del dipartimento Trasformazione digitale del Campidoglio in collaborazione con l’Ispra e il Servizio civile universale. Lo studio, che sarà interamente consultabile da domani sul portale istituzionale del Comune, è stato illustrato stamattina nella sala del Carroccio di Palazzo Senatorio alla presenza, tra gli altri, dall’assessore capitolino all’Agricoltura, Ambiente e Ciclo dei rifiuti di Roma Capitale, Sabrina Alfonsi, e dall’assessore all’Urbanistica, Maurizio Veloccia.

Roma, a causa delle proprie dimensioni, è la prima città italiana per suolo consumato, con 30mila ettari, ma in percentuale risulta al di sotto della media di altre grandi città come Torino, Napoli e Milano. Le aree periferiche registrano un consumo minore a livello percentuale: il territorio più edificato è il Centro, con aree che vanno anche oltre il 70% di suolo consumato come il I (73%) e il II Municipio; le aree più ‘libere’ sono in periferia, a partire dal XIV Municipio che raggiunge l’86% di suolo non consumato e il 14% consumato. Dati che però si ribaltano in termini di ettari, data l’estensione molto maggiore delle aree periferiche rispetto a quelle più centrali.

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A introdurre il rapporto è stato il dirigente Ispra Michele Munafò, responsabile del Servizio per il sistema informativo nazionale ambientale: “Oggi registriamo ancora risultati che sono effetto di scelte anche di alcuni decenni fa e in parte anche del piano del 1962- ha spiegato- Come Paese, Unione europea e amministrazioni ci stiamo impegnando per l’obiettivo del consumo di suolo zero, anche il Governo uscente ha fissato la data limite del 2030, ma i dati ci dicono che andiamo in tutt’altra direzione restituendo la fotografia di un Paese che forse non è ancora pronto“. Nell’ultimo anno, ha sottolineato i fatti Munafò, “in Italia sono state costruite 70 km quadrati di nuove superfici artificiali, con il Lazio che viaggia sui 400 ettari l’anno e Roma che ha un ruolo importante nella costruzione di questo dato, insieme ai comuni di cintura che hanno fatto registrare un incremento importante del consumo di suolo nel corso degli anni”.


ALFONSI: “RAPPORTO NEGATIVO, MA LAVORIAMO NELLA GIUSTA DIREZIONE”

Non è un rapporto positivo ma negativo per Roma, e partiamo da qui proprio per sviluppare una positività con la conoscenza del dato reale del consumo di suolo nell’ottica di una programmazione da parte della città e degli impegni presi dal sindaco Gualtieri, come quello sulla neutralità climatica prima del 2050 e sappiamo quanto l’uso del suolo contribuirà in maniera molto forte a questo obiettivo”, ha detto Alfonsi in occasione della presentazione dello studio. “Noi parliamo di forestazione, verde e permeabilizzazione del suolo, e l’uso delle terre che abbiamo per farne terre agricole insieme ai dipartimenti Patrimonio e Urbanistica ci aiuterà in ottica di sostenibilità. Roma sta veramente lavorando in questa direzione”, ha sottolineato.

VELOCCIA: “RIPENSIAMO LO SVILUPPO VERSO LA RIGENERAZIONE URBANA”

Come ha spiegato poi Veloccia, “Roma appare come una città il cui consumo di suolo è limitato, ma bisogna stare attenti perché si va verso un progressivo aumento del consumo. Bisogna mettere in campo politiche differenti valorizzando lo straordinario patrimonio che abbiamo, ripensando completamente lo sviluppo della città favorendo molto la rigenerazione urbana: questo oggi vuol dire date una nuova funzione ai relitti urbani che abbiamo per per evitare che si consumi nuovo suolo, ripopolare le centinaia di migliaia di appartamenti vuoti in città senza incrementare il consumo di suolo nell’Agro Romano e passare dalla ‘cowboy economy’ alla ‘spaceship economy’, ossia non più la ricerca di nuove risorse ma un migliore utilizzo di quelle attuali”. Gli studi, ha concluso l’assessore, “ci dicono che tra 60 anni Roma avrà il clima di Tunisi, ma non è nata per sostenerlo: dobbiamo studiare come adattarci ai cambiamenti climatici, se le metropoli vogliono sopravvivere devono capire come gestire le risorse. Roma deve cambiare, l’Italia deve cambiare, serve una nuova legge sul suolo come da strada spiegata dall’Europa, ne va del nostro futuro”.

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