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L’Africa e l’impatto della pandemia: dal crollo delle rimesse allo stand by sull’accordo di libero scambio

L'allarme di Aics, dalla crisi sanitaria ed economica in Sudan al posticipo della messa in opera del Trattato continentale

Pubblicato:05-10-2020 14:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:00

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ROMA – Meno servizi sanitari, a causa della chiusura di decine di ospedali, e crollo delle rimesse inviate dagli emigrati, passate da circa tre miliardi ad appena 500 milioni di dollari: queste, secondo Vincenzo Racalbuto, dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics), alcune delle conseguenze della pandemia di Covid-19 in Sudan. Temi, questi, al centro di un panel dedicato all’Africa organizzato oggi nel quadro del Festival dello sviluppo sostenibile.

“A livello sanitario 50 o 60 ospedali privati hanno chiuso perché non avevano materiali di protezione” ha calcolato Racalbuto, titolare della sede di Aics a Khartoum: “Inevitabilmente, l’accesso ai servizi sanitari si è ridotto molto”.

L’altro nodo è economico. Secondo il responsabile dell’Agenzia, “cinque milioni di emigrati della diaspora sudanese inviavano tre miliardi di dollari l’anno ma nel 2020 il flusso si è ridotto a 500 milioni, appena un sesto di prima”. Racalbuto ha evidenziato che il calo ha “un grave impatto sulla povertà“. In primo piano, nell’intervento al Festival, anche l’evoluzione della pandemia.


“In Sudan circa il 60 per cento della popolazione ha meno di 25 anni e forse anche per questo la situazione appare meno grave” ha detto Racalbuto. Convinto, d’altra parte, che pesi il ritardo nella capacità di rilevazione dei contagi. “Il Sudan aveva solo un laboratorio di virologia, a Khartoum, che faceva 50-60 test, un numero irrisorio” ha sottolineato il responsabile di Aics. “Ora ne abbiamo fatti installare altri due, negli Stati di Kassala e Port Sudan, aumentando la capacità diagnostica”.

Sullo sfondo un altro nodo difficile da sciogliere, relativo all’impossibilità di fatto per Khartoum di importare forniture e kit sanitari essenziali, come ad esempio Genexpert. “Sono tutti prese dagli Stati Uniti o da altri Paesi” denuncia Racalbuto. Convinto che una via da percorrere possa essere la creazione di un “procurement office”, una centrale per gli acquisti che garantisca un percorso privilegiato di approvvigionamenti per l’Africa.

CIARLO (AICS): PESANO RINVII SU TRATTATO LIBERO COMMERCIO

Le conseguenze della pandemia di coronavirus in Africa andranno valutate tenendo in conto anche la dimensione economica, a cominciare dal posticipo della messa in opera del Trattato di libero commercio firmato a Kigali nel 2018: lo ha sottolineato oggi Emilio Ciarlo, responsabile comunicazione dell’Agenzia italiana per la cooperazione allo sviluppo (Aics). Dell’impatto del Covid-19 sulla regione subsahariana si è parlato all’Auditorium del Macro, nel corso di uno degli appuntamenti del Festival dello sviluppo sostenibile.

“Ci saranno ripercussioni economiche, penso in particolare al rinvio della messa in opera dell’accordo di libero scambio” ha detto Ciarlo. Il dirigente di Aics ha moderato un panel nel quale si è discusso anche di cooperazione “circolare” e “di ritorno”, di come cioè l’impegno di aiuto internazionale va letto come processo “win-win” e non come rapporto tra un donatore e un beneficiario.

Tra gli esempi menzionati la lotta contro ebola, con protocolli messi a punto dall’ong Emergency che sono stati poi base di riferimento durante la pandemia di Covid-19 in Italia. Il Trattato di libero commercio continentale africano, (in inglese African Continental Free Trade Agreement) regola l’apertura delle frontiere e la creazione di un’area integrata per gli scambi. A Kigali, il 21 marzo 2018, fu sottoscritto da 44 Paesi su 55.

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