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Roma, l’assessora Lucarelli: nei Tribunali c’è ancora la PAS e vengono tolti i figli alle madri

Simonetta Matone: "Ancora molto diffusa l’idea di un compagno violento che magari è un ottimo padre"

Pubblicato:05-09-2022 16:26
Ultimo aggiornamento:05-09-2022 16:26
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di Laura Monti

ROMA – “Nei Tribunali viene presa in considerazione la Pas e in base alla Pas, in maniera più o meno esplicita, vengono tolti i figli minori alle madri. Oppure, viene usata dagli avvocati della controparte come spauracchio per far ritirare la denuncia. Tutto questo produce un contesto di paura intorno alle donne, che vengono chiamate vittime ma spesso sono soggetti forti che però non trovano supporto nelle istituzioni”. A dirlo è l’assessora alle Attività produttive e pari opportunità di Roma Capitale Monica Lucarelli, intervenuta oggi nel corso dell’Assemblea della Commissione capitolina Pari opportunità ‘Gli effetti della violenza assistita sui minori nei casi di violenza di genere, criticità e proposte di intervento nell’ambito dei Centri antiviolenza comunali’.
Al centro dell’Assemblea c’è stato anche il rapporto tra bigenitorialità e mancata lettura della violenza assistita nei Tribunali: “Nei Tribunali la violenza assistita viene considerata in maniera inadeguata”, ha dichiarato l’avvocata Antonella Faieta, vicepresidente di Telefono rosa. “Ancora abbiamo provvedimenti che impongono alla madre di far vedere il minore al padre nonostante abbia agito violenza di fronte ai bambini, sostenendo che ci debba essere comunque una figura paterna”. Per l’avvocata, “bisogna mettere un faro sull’attività degli assistenti sociali: la loro attività è a volte determinante perché relazionano al Tribunale per i minorenni e al Tribunale penale. Spesso loro stessi non hanno una formazione in tema di violenza assistita e insistono su concetti obsoleti come la bigenitorialità a tutti i costi, con relazioni che portano alla disposizione di incontri protetti”.

A chiamare in causa gli incontri protetti è stata anche la psicologa Simona Bernardini, coordinatrice delle psicologhe del Telefono Rosa: “Spesso dalle donne vittime di violenza vengono visti come un tradimento da parte di quello Stato a cui avevano deciso di affidarsi”. La psicologa ha anche stigmatizzato il fatto che spesso gli incontri avvengano alla presenza di “operatori non formati rispetto alla violenza assistita, tanto che a volte succede che i padri riferiscono ai figli frasi da riportare alla madre. Così l’uomo continua a comunicare il suo controllo sulla donna”. Non solo: “A volte, nell’organizzazione dell’incontro protetto i servizi sociali hanno esposto le donne alla possibilità di incontrare l’uomo violento”, ha proseguito la psicologa.


Il ruolo dei servizi sociali è stato citato anche nell’intervento di Simonetta Matone, magistrata e membro dell’Assemblea Capitolina, che si è soffermata sul percorso di recupero delle capacità genitoriali da parte del soggetto violento: “Invece di essere neutro e dedicato al soggetto violento, spesso il percorso avviene attraverso incontri protetti”. Per Matone, inoltre, sarebbe ancora molto diffusa l’idea di “un compagno violento ma che magari è un ottimo padre. Va fatto un lavoro sugli operatori e sull’importanza degli incontri protetti, che devono esserci solo se assolutamente necessari”.
Il punto è sempre la mancata formazione in tema di violenza assistita: “Viene sottovalutata dai miei colleghi magistrati in maniera drammatica”, ha concluso Matone.
Per diffondere consapevolezza in tema di violenza di genere e di violenza assistita, è necessario, per la presidente di Telefono Rosa Maria Gabriella Carnieri Moscatelli, partire dalle scuole: “Se è vero che la violenza è una questione culturale, intervenire sulla scuola materna e elementare è di vitale importanza. Vanno programmati incontri a scuola sia con i bambini che con gli insegnanti”, ha concluso.

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