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Il Papa sul lettino di Freud. Una sfida all’ipocrisia

di Riccardo Cristiano per www.ytali.com Raramente ho assistito a un dibattito più falso e ipocrita di quello su

Pubblicato:05-09-2017 12:02
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:39

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di Riccardo Cristiano per www.ytali.com

Raramente ho assistito a un dibattito più falso e ipocrita di quello su Bergoglio e la psicoanalista.Per chi non lo sapesse ricordo che le anticipazioni di un libro che presenta il contenuto di alcune conversazioni di papa Francesco con il professor Dominique Wolton svelano che il quarantenne Bergoglio andò per sei mesi, una volta a settimana, da una psicoanalista ebrea, “che mi aiutò molto”.

La falsità sta molto spesso nel nascondere il “noto non detto”, quando i cardinali dallo o dalla psicoanalista ci andavano senza dirlo. Era meglio quando si sussurrava? Era meglio quando “il lettino” era una clava da usare come “chiacchiera” ai danni di un prelato magari molto “ortodosso”, o di un altro? Era meglio quando anche la psicoanalisi veniva ufficialmente condannata e privatamente utilizzata?


Ma il detto a volte è peggio del non detto. Se il non detto avvalora ancora l’idea che chi va dallo psicoanalista è “pazzo”, un malato di mente, il detto avvalora l’idea che la chiesa sia ancora così, che sia ancora la “loro” chiesa, quella pre-conciliare, quella addirittura pre-Pio XII.

Perché già Pio XII qualche apertura la fece, e poi arrivò Paolo VI con la sua enciclica Celibatus Sacerdotalis, nella quale si raccomanda di non lesinare assistenza “medica e psicologica”.
Mica sono sconosciuti Erich Fromm e Francoise Dolto, autrice di libri molto diffusi e apprezzati anche in ambienti teologici e spirituali, tra cui il celebre Psicoanalisi secondo il Vangelo, per non dire di Karol Wojtyla, che in Polonia incontrò la psicologa Wanda Poltavska, che lo seguì anche a Roma.
Ma di tutto questo, in tanti commenti, si è detto poco. Si è preferita la rottura, che c’è, ma soprattutto con quella cultura fondata sul “si fa ma non si dice”, sul “si apre ma a parole”, che poi è una cultura molto affine a quella del “noi siamo ancora quelli di allora”.

No, la chiesa in uscita di Jorge Mario Bergoglio non è quella del “si fa ma non si dice”, non è quella dei giornalisti che rivanno agli anni Sessanta per trovare vecchie disposizioni non più vigenti ma tanto “amate”: la chiesa in uscita di Jorge Mario Bergoglio non ha paura delle debolezze, sa che tutti le abbiamo e lo riconosce: tutti abbiamo bisogno di aiuto.

In definitiva la grande novità di questo passaggio delle anticipazioni sulle conversazioni del papa e del professor Wolton mi sembra stare in tre o quattro parole: anche il papa è un uomo.

La fine della papolatria è un incubo per i tradizionalisti che vivono di papolatria. Per loro il papa è un semi-dio, figurarsi se può avere “bisogno”. Bisogno di chiarirsi, di aiuto, di confronto. Il loro papa è infallibile, è il papa del “triregno”, quella corona costituita da tre corone sovrapposte, simbolo delle tre autorità del papa, come padre dei principi e re, rettore dell’orbe, vicario di Cristo; quella tiara che Paolo VI si tolse dalla testa durante il concilio e non si rimise mai più. Rendendo possibile al suo successore, Giovanni Paolo I, di insediarsi senza trono. Per la prima volta!

Si capisce così che la “confessione” di Bergoglio è importante non per quello che dice, il muro nei confronti della psicanalisi non riguarda da decenni i “cattolici normali”, quelli che vanno dallo psicoanalista, che usano la pillola. Questi cattolici normali soffrono, dubitano, esitano, sbagliano, e cercano il “Suo” aiuto per rialzarsi.

Ecco allora che si capisce molto bene che questa “confessione” di papa Francesco si spiega leggendo il resto delle anticipazioni, in particolare quella sulla morale:

Ma noi cattolici, come insegniamo la moralità? Non puoi insegnarla con precetti del tipo: “Non puoi farlo, devi farlo, devi, non devi, puoi, non puoi”. La morale è una conseguenza dell’incontro con Gesù Cristo. È una conseguenza della fede, per noi cattolici. E per altri, la moralità è una conseguenza dell’incontro con un ideale, o con Dio, o con sé stessi, ma con la parte migliore di sé stessi. La morale è sempre una conseguenza… C’è un grande pericolo per i predicatori, quello di cadere nella mediocrità. Condannare solo la morale – la prego di perdonare l’espressione – “sotto la cinturaˮ. Ma degli altri peccati, quali l’odio, l’invidia, l’orgoglio, la vanità, l’uccisione dell’altro, prendere la vita, non se ne parla. Entrare nella mafia, fare accordi clandestini…

Il Vaticano, se posso dir così, è apparso a lungo strabico: l’etica vista dalla Città del Vaticano sembrava riguardare l’inizio e la fine della vita, la morale limitata alla sfera sessuale…

Ora l’etica torna a riguardare tutta la vita, dal momento in cui si concepisce a quando si muore, passando però per tutti i momenti della nostra esistenza: da quando sfruttiamo a quando veniamo sfruttati, da quando siamo vittime a quando facciamo nostra vittima un altro.

Poco? Non mi sembra, se si tiene che al riguardo della sua esortazione post-sinodale, Amoris laetitia, quella nella quale, al punto 301, si dice

La chiesa possiede una solida riflessione circa i condizionamenti e le circostanze attenuanti. Per questo non è più possibile dire che tutti coloro che si trovano in qualche situazione cosiddetta “irregolare” vivano in stato di peccato mortale, privi della grazia santificante” e che tanti trovavano inammissibile.

Bergoglio nel libro di Wolton dice:

La tentazione è sempre quella dell’uniformità delle regole… Prenda ad esempio l’esortazione apostolica Amoris laetitia. Quando parlo di famiglie in difficoltà, dico: “Dobbiamo accogliere, accompagnare, discernere, integrare…ˮ e poi ciascuno vedrà le porte aperte. Quello che sta realmente accadendo è che le persone sentono dire la gente: “Non possono fare la comunione”, “Non possono farlo”: la tentazione della chiesa è lì. Ma “noˮ, “noˮ e “noˮ!

Bergoglio saluta il mondo assolutista, il mondo della “giustizia” usata come una clava sulla testa altrui, il mondo della religione usata come ideologia, il mondo in cui la chiesa è un giudice al di fuori e al di sopra della storia.

Per questo ad alcuni non piace, e per questo si finge di non capire cosa abbia voluto dire “confessando” di essere andato per sei mesi (non sei anni) dalla psicoanalista: ha detto, e i suoi avversari lo hanno capito benissimo, che va in soffitta l’ipocrisia, è la stagione dei “cattolici normali”.

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