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Tragedia di Riccione, la psichiatra: “Per i genitori un lutto eterno, penso soprattutto al padre”

D'Errico: "Per i coetanei di Giulia e Alessia è stata una disgrazia. Il macchinista rischia stress post-traumatico

Pubblicato:06-08-2022 13:16
Ultimo aggiornamento:06-08-2022 13:21

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ROMA – Nel giorno dei funerali di Giulia e Alessia, le due sorelle travolte dal treno a Riccione, il pensiero non può non andare ai genitori che “vivranno in un lutto eterno, perché quello per i figli non è un lutto accettabile essendo legato a un evento innaturale”. Lo pensa Immacolata D’Errico, psichiatra e psicoterapeuta, raggiunta dalla Dire per approfondire il punto di vista dei genitori delle due ragazze alle quali oggi hanno dato l’ultimo saluto.

“Tutto quello che fanno i genitori dopo la morte di un figlio è una vita falsata e forzata. Anche se la figlia che gli è rimasta andrà avanti con la sua vita- aggiunge la psicoterapeuta- magari gli darà dei nipoti, per i genitori sarà una vita di finzione. Penso soprattutto al padre che, avendo le ragazze in casa con sé, sentiva sicuramente una grande responsabilità e ne porterà il peso per sempre. C’è da sperare- constata l’esperta- che regga il dolore e il peso di quella responsabilità. Perché in discoteca poteva succedere qualsiasi cosa, ma se lui fosse stato fuori dalla discoteca, come le altre volte, sarebbe stato diverso. Invece, era la prima volta che le ragazze andavano da sole e in treno. Quindi sono state anche sfortunate, ma questi aspetti schiacceranno ancora di più il padre”.

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I ragazzi, coetanei di Giulia e Alessia, che insegnamento traggono da un evento tanto tragico?

“Quando si verificano eventi come questo, la psiche dei ragazzi agisce allontanando il problema. Molti giovani con cui ho parlato, rispetto a questa vicenda, hanno rilevato solo l’assurdità del gesto di attraversare i binari, continuano a ripetere ‘ma si sa che i binari non si attraversano, chissà che cosa era successo alle due sorelle se lo hanno fatto’. Non hanno dubbi che si sia trattato di una disgrazia, perché i giovani sottolineano che le due ragazze erano tranquille, la più grande lavorava, sono sicuri che quindi non possano aver attraversato i binari con l’intento di suicidarsi”. Quello che non colgono, sottolinea D’Errico, è “il fatto che il papà era stanco, che quella sera non poteva accompagnarle, come faceva sempre, perché non stava bene e che per questo loro avrebbero potuto sacrificarsi rinunciando ad andare. Su questi aspetti i ragazzi non riflettono, non li prendono in considerazione. Ma è normale per la loro età- tiene a chiarire l’esperta- si sa che da adolescenti non si tiene in nessun conto quello che dicono i genitori e quindi non si ritiene di avere una parte di responsabilità nel momento in cui ci si confronta con loro”.

Alla luce di quanto è noto, la psichiatra non crede “che sia stato un gesto suicidario. Ritengo piuttosto che per l’estrema stanchezza, forse per uno stato di alterazione dovuto a qualche sostanza assunta volontariamente o involontariamente, la sorella più grande abbia avuto un obnubilamento del sensorio, qualcosa che le ha ristretto il campo di coscienza. È stata una bravata finita male”.

C’è, infine, il terzo ‘protagonista’ di questa tragica vicenda: il macchinista alla guida del treno che ha travolto le ragazze. “Per il macchinista sarà stato sicuramente un trauma e potrebbe sviluppare un disturbo post-traumatico da stress– spiega l’esperta- Un disturbo in seguito al quale si può anche chiedere di non guidare mai più il treno perché- ricorda in conclusione D’Errico- assistere alla morte di una persona, in questa modalità, è uno stress enorme da cui non tutti riescono a riprendersi”.

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