“Una bambina di un anno e mezzo che muore di stenti da sola nel suo lettino è qualcosa di atroce. Si cerca di distogliere presto il pensiero perché intollerabile oppure si grida la propria rabbia contro l’artefice del delitto o contro chi non l’ha impedito. Come donne e come operatrici della nascita che da quarant’anni lavorano accanto alle mamme accogliendole e sostenendole nel percorso iniziale del loro diventare madri, vorremmo, senza additare colpevoli, unire il nostro grido di dolore a quello di chi ha indicato con grande chiarezza il punto nodale rispetto a quanto accaduto: è ancora lontana la realizzazione di una collettività che si prenda cura di ogni nuova nascita come ‘bene comune’, che sappia stare vicino alle madri e ai padri rispondendo ai diversi bisogni che esprimono, o a volte celano, sul piano non solo medico-sanitario, ma anche affettivo, relazionale, culturale, sociale”. Inizia così la lunga riflessione che le operatrici del Centro Informazione Maternità e Nascita ‘Il Melograno’ di Roma hanno pubblicato sul proprio sito internet per proporre alcune considerazioni dopo il decesso di Diana, la bimba di 18 mesi per la cui morte è indagata la mamma.
“Alle istituzioni e alla politica che di fronte a tali tragedie, si scuote e decide di agire, diciamo che concretamente occorre: una collettività che non giudica e che non impone stereotipi di maternità o modelli di genitore e di famiglia ‘normale’ o ‘adeguata’; un rapporto di rete tra i diversi luoghi del percorso nascita, tra ospedale e territorio, tra consultori e servizi sociali, che si traduca in un sistema integrato di cura e di assistenza personalizzata nei cosiddetti primi 1.000 giorni, in gravidanza, al momento del parto, nel puerperio e nei primi anni di vita del figlio/a; punti nascita che sappiano accogliere le diverse dimensioni del ‘venire al mondo’, le emozioni, le sofferenze, le fragilità di ciascuna donna che diventa madre, e che sappiano anche riconoscere i fattori di rischio e i segnali di disagio, ormai ben definiti nella letteratura scientifica”.
E ancora le operatrici del Melograno elencano “servizi domiciliari attivati strutturalmente per tutte le donne subito dopo il parto, che consentano di prendersi cura e supportare le difficoltà che tutte le donne incontrano nei primi giorni di avvio della relazione con il bambino/a, e soprattutto di stare accanto a chi non sa o non è in grado di chiedere aiuto; numerose evidenze scientifiche hanno dimostrato l’efficacia di un servizio del genere nella prevenzione del maltrattamento infantile”.
“In tanti anni– continuano le operatrici del Melograno- abbiamo promosso e attuato specifici progetti per realizzare quanto sopra dichiarato, sia con interventi di home visiting, sia con interventi di ascolto e supporto in alcuni ospedali romani, nei reparti di ostetricia, di neonatologia e di terapia intensiva neonatale. Abbiamo sostenuto migliaia di donne, nei nostri quarant’anni di impegno al loro fianco, ascoltando molteplici storie di vita e dando voce a dolori e vissuti di sofferenza, emersi anche nelle situazioni apparentemente più tranquille o mai manifestati ad altri”.
Purtroppo “finora questi progetti hanno avuto tutti un inizio e una fine, limitati nel tempo- spiegano- nelle risorse, nei territori e nel numero delle donne e delle famiglie destinatarie. Manca ancora la possibilità di strutturarli in modo stabile e in tutti i territori. E’ un percorso ancora lungo, che comporta cambiamenti di ottica, di pensiero e di modalità concrete. Si teme anche di non avere sufficienti risorse economiche per attuarlo, senza considerare che è stato dimostrato da più di uno studio autorevole che investire risorse in questa direzione con servizi di sostegno alla genitorialità, comporta notevoli risparmi a lungo termine, poiché i primi anni di vita sono basilari e determinanti per l’intero sviluppo di ciascuna persona e i più sensibili per gli interventi di prevenzione”.
“Per ogni bambino/a che nasce– concludono- avere un buon inizio di vita non è un optional né un lusso, è un diritto. Ed è un dovere irrinunciabile per una società consentirlo”.
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