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Il piano Colao non è “meravigliao”, a Conte serve ‘gabinetto di guerra’

L'editoriale del direttore Nico Perrone per Dire Oggi

Pubblicato:05-06-2020 14:51
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:26

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ROMA – Hanno lavorato per quasi due mesi, sotto la guida di Vittorio Colao, chiamati dal Governo per mettere a punto un piano per far ripartire il Paese e rimetterlo in piedi dopo l’epidemia. Ma alla fine il piano, che in queste ore è all’esame del presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, con 100 progetti da mettere in cantiere, è assai probabile che servirà solo come zeppa per non far ballare qualche tavolo. Perché l’emergenza adesso è un’altra, gli stati generali dell’economia lanciati da Conte, che a livello di immagine e di comunicazione dovranno mostrare il meglio della nuova Italia, con facce, progetti e idee innovative. Su questo si stanno concentrando tutte le energie e dovrà essere convincente, perchè già in passato simili appuntamenti non hanno riscosso successo, anzi si sono trasformati in boomerang per chi li ha promossi.

Davanti abbiamo 100 giorni, per sapere se le misure del Governo placheranno il malcontento che covano tanti italiani oppure no, con questo che si trasformerà in odio e dura protesta di piazza. Servirà un vero e proprio ‘gabinetto di guerra’ per fronteggiare la tempesta che si annuncia all’orizzonte. I sindacati temono che dopo lo stop fino ad agosto deciso dal governo gli imprenditori ricorreranno a licenziamenti di massa. Andranno in cassa integrazione? Anche qui è allarme rosso, perché serviranno altri miliardi e miliardi di euro. Quando arriveranno i soldi dall’Europa? Nel 2021, dicono, sempre che non ci saranno intoppi. Per questo il Pd sta spingendo per avere subito i 37 miliardi del Mes, il fondo salva stati, da destinare alla riorganizazzione del nostro sistema sanitario. Così ci saranno lavori da fare e si potranno liberare altre risorse su altri fronti. A livello politico non è aria di concordia nazionale, anzi. Il leader della Lega, Matteo Salvini, si è rimesso in marcia, è di nuovo in campagna elettorale. E non fa sconti a nessuno: attacca il Governo Conte ma anche il suo alleato Silvio Berlusconi: «Non lo capisco… parla come Prodi e Renzi». Anche nella maggioranza ci sono frizioni. Non solo perché il M5S resta ancora schierato contro il Mes, ma pure perché è tornato Alessandro Di Battista, che rivendica un ruolo e sta dando battaglia. Non vuole cacciare Conte, ha precisato il grillino della prima ora, ma secondo lui il M5S dentro il Governo è sotto dimensionato e deve contare di più. Tradotto: fuoco amico. Tocca al presidente del Consiglio dimostrare di aver imparato in fretta il mestiere del politico, tradurre presto in azioni concrete l’invito a cambiare passo in questa nuova fase che si è aperta. Perché il malcontento si trasformi in fiducia e non in un ‘vaffa’ di massa.

 


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