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Affido congiunto, Maglietta: “Legge 54 tradita in lettera e spirito”

Su ascolto minore "magistratura adegua norma a sue inadempienze"

Pubblicato:05-06-2020 10:19
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:26

giustizia tribunale
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ROMA – La legge 54/2006 sull’affidamento condiviso e la bigenitorialita’ “e’ stata completamente tradita, e non siamo soltanto di fronte a un’interpretazione lecita che tradisce solo lo spirito della legge, ma proprio la lettera”. Il ‘j’accuse’ proviene direttamente dall’ideatore ed estensore della legge 54/2006 sull’affido condiviso, Marino Maglietta, intervistato dall’agenzia Dire, anche presidente dell’associazione nazionale ‘Crescere Insieme’.

Dodici, infatti, gli anni che il giurista ha aspettato per vedere approvata la legge nel 2006: “Quattro legislature e resistenze inaudite da parte del sistema legale”. La 54/2006 disciplina il principio ‘per cui entrambi i genitori hanno il diritto e il dovere a provvedere all’educazione, l’istruzione e il mantenimento dei figli, anche al di fuori del matrimonio’.

LA LEGGE E IL PROTOCOLLO DELLA MAGISTRATURA

Il nuovo sistema entrato in vigore presupponeva il coinvolgimento di entrambi i genitori “nei compiti di cura, educazione e istruzione, pariteticamente”. La situazione odierna, pero’, continua a non convincere Maglietta che illustra le diverse criticita’ dell’applicazione della norma. “A Roma nella I sezione civile del Tribunale si trova un prestampato – che non disciplina quindi il caso particolare, ma la regola generale – dove e’ scritto che un genitore verra” selezionato come collocatario, facendo di fatto le stesse cose che faceva prima l’affidatario, mentre all’altro genitore verra’ invece concesso il diritto di visita’. In pratica, e’ come se, per il rispetto della nuova normativa, “sia sufficiente chiamare Filippo quello che prima chiamavamo Ambrogio”, continua Maglietta. Percio’ nel provvedimento del giudice, ‘sui compiti di cura previsti dalla legge, non viene indicato alcunche’. Ecco perche’ la definisco una legge tradita’. Approfondendo, infatti, ‘al IV comma del articolo 337ter c.c. (nuovo articolo 155 c.c., ndr) e’ indicato che per provvedere ai bisogni dei figli, ciascun genitore fornisce quello che gli serve in proporzione delle risorse e l’assegno viene disposto soltanto ove sia necessario, per rispettare le proporzioni tra redditi e oneri. Nulla e’ stato rispettato- incalza Maglietta- e al protocollo firmato dalla I sezione civile ha aderito supinamente anche gran parte dell’avvocatura, firmando di fatto un protocollo contro la legge’. La ratio secondo il giurista e’ ‘continuare a fare come si faceva prima, di fatto il protocollo e’ un insieme vizioso di irritualità: non c’e’ nulla di coerente con la legge’ del 2006′. Il primo nervo scoperto del sistema, dunque, riguarda proprio questo esempio di protocollo, ‘che di fatto legittima la prassi, seguendo quella corrente di pensiero che prende in considerazione ‘il diritto vivente’. L’Italia, pero’, e’ un paese di Civil Law, non possono raccontarci il contrario, in Italia la prassi non vale come fonte di diritto’.


IL DECRETO LEGISLATIVO 154/2013

La seconda criticita’, riguarda poi il decreto legislativo 154/2013. Cio’ che e’ accaduto e’ che al Governo, con delega del Parlamento, e’ stato chiesto di prendere delle decisioni solo circa ‘l’equiparazione della filiazione naturale a quella legittima, e in questo caso- illustra Maglietta- il Governo ha incaricato addirittura il potere giudiziario’. La legge indicava, ad esempio, che il giudice disponesse l’ascolto del minore’, e al testo e’ stato aggiunto: salvo che il magistrato ‘non lo ritenga contrario all’interesse del minore o manifestatamente superfluo’. Cosi’, a tradurre il linguaggio giuridico, ‘tutti i frequenti mancati ascolti dei bambini in caso di affido diventano legittimi. Dove prima era obbligatorio ascoltare il minore’, adesso non lo e’ piu’. Sulla questione sorge lampante un quesito: ‘Come si fa a ritenere superfluo qualcosa che non ho ancora sentito? In pratica e’ come se, essendo il potere giudiziario inadempiente rispetto alla normativa, l’avesse cambiata con un atto illegittimo’. In virtu’ del principio della separazione dei poteri, anzitutto, il potere giudiziario ‘non puo’ intervenire sulle leggi e, in secondo luogo, in questo caso non vi era nemmeno la delega’ sull’affido condiviso, che riguardava, invece, soltanto la filiazione naturale’. Ma alle due interrogazioni condotte su questo, ‘a firma Bonafede e Gozi- ricorda Maglietta- nessuno ha risposto’.

ALLONTANAMENTI E AFFIDI

Sugli affidi e gli allontanamenti che emergono dalle stesse cronache mediatiche, il giurista si definisce poi ‘di posizione scientifica. Aderisco alla visione del Manifesto psicoforense redatto da 64 neuropsichiatri infantili e psicologi italiani’. E riassumendone i punti Maglietta enumera: ‘Sicuramente ci sono rifiuti conseguenti a maltrattamenti, come ci sono anche rifiuti conseguenti a manipolazioni del bambino’.
In quest’empasse, entra la legge a svolgere il suo ruolo e ‘dovrebbe approfondire in che caso siamo. C’e’ necessita’ di un’indagine seria da parte della magistratura per studiare attentamente le singole situazioni. Se il genitore sospettato di essere alienante si rivela poi innocente, mentre il rifiutato si rivela un maltrattante, che magari abusava della madre davanti al figlio, o peggio, occorre ascoltare il bambino’. È concorde l’ideatore della 54/2006 con il reale messaggio della sentenza piu’ recente sul caso di Laura Massaro, che indica solo come ‘la bigenitorialita’ non e’ un principio astratto, ma un valore posto dell’interesse del minore che deve essere adeguato ai tempi e al benessere del bambino’. Il rifiuto di un bambino di frequentare un genitore, secondo Maglietta ‘non e’ certamnte un fatto fisiologico, denuncia un malessere che puo’ avere diverse origini’. E proprio in base alla propria esperienza personale aggiunge: ‘Puo’ addirittura capitare che la situazione si capovolga, e che sia il genitore collocatario ad essere rifiutato. Non bisogna essere schematici- statuisce- ci sono soggetti in Italia che dicono ‘se c’e’ un rifiuto c’e’ stato sicuramente un abuso’, io dico che non lo sappiamo’. Tutto, pero’, conclude sul punto, ‘deve passare dalla giurisprudenza, non dalla legge (sull’affidamento, ndr). L’unica cosa che la legge potrebbe dire in piu’ e’: ‘A fronte di un rifiuto del minore bisogna indagarne la causa e provvedere di conseguenza’. Non si puo’ sorvolare’.

IL DLL PILLON

Riguardo al criticatissimo Ddl Pillon, ‘quando ho sentito di un soggetto politico interessato a mettere le mani sulla questione, per ‘blindare il principio della bigenitorialita”, ho espresso soddisfazione sull’obiettivo. Ho salutato positivamente l’idea che si volesse mettere le mani sulla materia, ma su questo voglio essere chiaro: sull’articolato del decreto ho sempre sparato a zero- dichiara Maglietta- In 25 articoli ho individuato 112 criticita’, non c’era un elemento che stesse in piedi’. Il giurista fornisce anche qualche esempio, a partire dal ‘diritto di dormire presso il padre per 12 giorni al mese’. Un’articolazione ‘non paritetica che considera come unita’ di misura il mese, che non e’ quella a misura di bambino’. C’e’ poi il tema della mediazione familiare, per cui ‘l’avvocato che fa almeno dieci cause all’anno – secondo il Ddl – sarebbe divenuto ope-legis mediatore, elemento inaccettabile’, commenta secco Maglietta. Ma non finisce qui, c’e’ il discorso del ‘ogni affermazione e’ attenuata aggiungendo “salvo che il giudice non decida diversamente”, dicitura che di fatto avrebbe provocato incertezza del diritto e ‘un aumento vertiginoso dei contenziosi’. A cio’, si aggiunge infine ‘tutta una serie di indicazioni ‘fumose”, che vanno dal ‘danno psicofisico’ ai ‘tempi equipollenti’ fino agli ‘spazi adeguati’, diciture ‘che non si sa cosa significhino’. Nel Ddl Pillon, insomma, c’era una tendenza a detta del giurista ‘a portare la legge nel campo dell’opinabile, il che dovrebbe accadere il meno possibile. La legge dovrebbe fornire prescrizioni oggettive e riconoscibili. La proposta era scritta male sia di tecnica che di sostanza, per fortuna- aggiunge- e’ stata accantonata’.

LA VOGLIA DI DIALOGO CON LE FEMMINISTE

Dietro alla proposta della legge sull’affido condiviso, Maglietta racconta esserci ‘una volonta’ di rendere realmente pari la condizione della donna anche all’interno della famiglia. La struttura che prevedeva ‘il padre da patrimonio’ che pensasse al denaro, e ‘la madre da matrimonio’ che provvedesse a crescere i figli e alla cura della casa, la trovo veramente maschilista, retriva’, spiega. Il presidente dell’associazione nazionale ‘Crescere Insieme’, infatti, ricorda come le prime battaglie furono ‘accanto all’Associazione donne separate, nata in Sicilia, motivo per cui Maglietta a lungo e’ stato definito ‘dalle associazioni dei padri separati come ‘il fiorentino’ con la damnatio nominis, un ‘venduto al nemico”. Ma anche dall’altro lato ‘gli attacchi piu’ feroci verso la normativa e i contenuti sono venuti dai gruppi cosiddetti ‘femministi’, cosa che non ho mai compreso fino in fondo, perche’ io lavoro per il futuro di una famiglia veramente equilibrata, dove una donna veda riconosciuta le sue legittime esigenze e diritti. Coltivo la speranza che vi sia un dialogo su questo’. Cosi’, il giurista decide di concludere sulla questione dell’assegno: ‘Non la ritengo un vantaggio effettivo, quanto piuttosto una miopia storico-politico-sociale, come se ci fosse una specie di desiderio di vendetta storica’ da espletare ‘per essere ancora, ed esser state, penalizzate in quanto a incarichi, posti apicali e remunerazione’. In realta’, secondo Maglietta, ‘per uno straccio d’assegno’, che e’ quasi offensivo poiche’ ti relega in una condizione di ‘specie da proteggere, si baratta il proprio diritto a una parita’ sostanziale e vera, in cui anche il papa’ deve prendere i figli dalla piscina e asciugargli i capelli’. Il rischio, conclude, ‘e’ che si trasformi il genitore che percepisce l’assegno nell’unico caregiver, relegando di fatto la donna in una condizione di ‘femmina’, un po’ come si intendeva un tempo in Sicilia’.

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