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Legittima difesa, la psicoterapeuta: “La risposta del cervello non è adeguata alla minaccia”

Paola Vinciguerra, presidente Eurodap, racconta cosa accade nel nostro cervello quando di notte ci svegliamo all'improvviso perché entrano i ladri in casa

Pubblicato:05-05-2017 15:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 11:11

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ROMA – I tempi di reazione alla violenza “sono immediati, sono coinvolte aree cerebrali più ‘antiche’ e sub-corticali, in una condizione che lascia temporaneamente privi della capacità di valutare quanto realmente l’altro può essere una minaccia per noi. In quel momento la minaccia è totale e la risposta potrebbe essere assolutamente non adeguata al pericolo reale. Ciò in particolar modo quando sentiamo che l’aggressione è rivolta (o può rivolgersi) all’integrità fisica nostra e dei nostri cari”.

In occasione dell’approvazione ieri alla Camera del disegno di legge di riforma sulla legittima difesa, che specifica la circostanza dell’aggressione notturna (con la possibilità di poter ‘sparare’ in caso di attacco), la psicoterapeuta Paola Vinciguerra, presidente Eurodap, Associazione Europea Disturbi da Attacchi di Panico, racconta cosa accade nel nostro cervello quando di notte ci svegliamo all’improvviso perché entrano i ladri in casa.

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“Svegliarsi la notte, momento in cui siamo particolarmente vulnerabili- dice Vinciguerra- con qualcuno che ha violato il nostro spazio protetto, subire l’aggressione e la prevaricazione da parte di un’altra persona, mette psichicamente in moto meccanismi di protezione che portano a cercare di preservare se stessi, i nostri cari ed anche le nostre cose materiali che nel nostro mondo interiore non sono solo cose ma la rappresentazione di noi, del nostro impegno, dei nostri affetti”. Quando ci percepiamo in pericolo, quindi, tutto il nostro sistema nervoso si organizza non sulla valutazione razionale del pericolo stesso “ma da come difendercene a qualsiasi costo con qualunque mezzo- sottolinea l’esperta-. L’imperativo della nostra mente è allontanare la sensazione di minaccia”.


In questo fenomeno, spiega ancora Vinciguerra, siamo coinvolti “pienamente da un punto di vista bio-psico-sociale. Dietro alla nostra risposta si esprimono caratteristiche riguardanti il nostro temperamento: le persone più reattive tendono a reagire con l’attacco e quelle più miti con la fuga. Entrano in gioco anche aspetti di personalità riguardanti il modo in cui percepiamo noi stessi e il mondo, tra i quali anche quanto questo ci sembri minaccioso e inospitale e/o quanto ci sentiamo soli o adeguatamente protetti dalle istituzioni”.

Lo stato d’animo di una persona che si sente minacciata produce una risposta fisiologica di paralisi oppure di attacco o di fuga. “Adrenalina e noradrenalina sono le sostanze che in questo secondo caso vengono rilasciate nell’organismo, alterandone l’equilibrio biochimico e facilitando uno di questi ultimi due comportamenti“, conclude infine l’esperta.

di Carlotta Di Santo, giornalista professionista

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