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La scuola in piazza. Il 5 maggio fra cortei di studenti, insegnanti e sindacati

Con la mobilitazione e con lo sciopero generale, i manifestanti vogliono fermare la riforma della scuola "che non risolve il problema del precariato", che trasforma "i presidi in manager", e che "taglia le risorse alla scuola pubblica ma non alla privata"

Pubblicato:05-05-2015 15:13
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:18

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Renzi come Napoleone

Renzi come Napoleone

ROMA – ‘Fermiamola insieme’. È lo slogan scelto per l’apertura del corteo dei docenti, degli studenti e del personale Ata partito da piazza della Repubblica a Roma. Con la mobilitazione e con lo sciopero generale, i manifestanti vogliono fermare la riforma della scuola “che non risolve il problema del precariato”, che trasforma “i presidi in manager”, e che “taglia le risorse alla scuola pubblica ma non alla privata”.

‘L’unione fa la scuola’; ‘La riforma si fa ma non così; ‘Chi degrada la scuola riduce gli studenti a clienti, gli insegnanti a buttafuori e le aule a sale d’attesa’, e Napoleone Bonaparte con il volto del premier Renzi, sono solo alcuni degli slogan comparsi in cartelli e striscioni tra i manifestanti. Il corteo organizzato dai principali sindacati del settore in 8 città italiane, si concluderà a piazza del Popolo passando per via Orlando, piazza Barberini, via Sistina, piazza Trinità dei Monti e via D’Annunzio.

Domande, quelle di insegnanti e studenti, alle quali il ministro Stefania Giannini ha risposto, seppur in maniera indiretta, dai microfoni di Radio24. Il dirigente scolastico, ha spiegato il ministro, “riteniamo che debba assumere funzioni di responsabilità che ha ogni leader educativo. A questo facciamo corrispondere un accuratissimo sistema di valutazione che è già partito”. Alla domanda su chi è previsto, nel Ddl, che controlli i presidi, il ministro ha risposto: “Il sistema di valutazione che comprende visite ispettive, con tutta la valutazione esterna della scuola, con la misurazione dei risultati della singola scuola”.


In merito al confronto tra tutte le parti interessate al futuro della scuola italiana Giannini ha ribadito che “abbiamo scelto lo strumento del ddl per tenere aperta la discussione”. Il ministro ha parlato di una apertura “di miglioramento”, quello che “il Parlamento deve fare, portando anche le istanze della società. Sulla scuola lo facciamo perché è un argomento centrale. Continuiamo ad avere questa modalità di ascolto”. Giannini, poi, alla domanda sul fatto che erano 7 anni che non c’era uno sciopero così, con tutti i sindacati rappresentativi della scuola, ha risposto che “erano sette anni che non ci si occupava di scuola per cambiarla”.

Tra le domande al ministro non poteva non rientrare la questione precariato. Con il ddl “porteremo il precariato al 2,5%, un dato fisiologico”, ha sostenuto il ministro. Nel 2007, ha ricordato ancora, “nel nostro Paese c’era il 18% degli insegnanti precari”, persone cioè che venivano chiamate “da settembre a giugno su posti a cattedra. Con questo ddl portiamo questo precariato anomalo, tutto italiano, ad una percentuale del 2,5%, che è un dato fisiologico. Ci sarà sempre una necessità di coprire per un periodo lungo a piacere cattedre di persone che sono docenti stabili”.

Sulla manifestazione di oggi è intervenuto anche, ma questa volta su Facebook, il sottosegretario all’Istruzione Davide Faraone. “È capitato anche a me, da studente, di prendere parte a un’occupazione o di scendere in piazza a manifestare contro una riforma della scuola che ritenevo ingiusta. Ho difeso sempre e rivendicato il diritto democratico ad esprimere il proprio dissenso, anche attirandomi polemiche. Rispetto, quindi, coloro che in questo momento sono nelle piazze italiane a dire il loro no a #labuonascuola. Quante volte sono stato dall’altra parte. Gridavo guardando le colonne del Miur e speravo ci fosse li’ dentro, qualcuno pronto ad ascoltarmi. Quindi massima attenzione”. “Non condivido le ragioni della protesta – scrive ancora Faraone -. Mi sarei aspettato una maggiore valorizzazione dell’operato di un governo, che decide di invertire la tendenza e investe tre miliardi di euro in più sulla scuola, non uno sciopero. Siamo determinati e convinti che la riforma in discussione in parlamento è quella che serve al paese. Rinnovo tuttavia l’impegno ad accogliere le richieste di chi protesta, quando quelle richieste sono proposte che migliorano il testo del ddl”. “Questo governo l’ha già fatto – sottolinea -, si è messo in ascolto a lungo e non ha smesso ancora di farlo: l’ha fatto prima dell’approdo del disegno di legge in Consiglio dei Ministri e in Parlamento, continua a farlo oggi nella fase di discussione degli emendamenti in Commissione Cultura alla Camera, lo farà anche domani una volta approvata la riforma”.

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