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Mutilazioni genitali femminili, video Aidos di Adele Tulli per formare e informare

DONNE E SALUTE | Lanciato sui social il primo dei 4 in occasione della Giornata mondiale di domani

Pubblicato:05-02-2021 13:21
Ultimo aggiornamento:05-02-2021 13:23

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ROMA – In occasione della Giornata internazionale contro le mutilazioni genitali femminili (mgf) del 6 febbraio, l’ong Aidos (Associazione Italiana Donne per lo Sviluppo), che dal 1981 lavora per i diritti, la dignità e la libertà di scelta di donne e ragazze nel mondo, lancia sui suoi canali social il primo dei quattro video realizzati nell’ambito di ‘Costruire ponti tra Africa ed Europa per fermare le mutilazioni genitali femminili (mgf)‘, progetto portato avanti dal 2016 nei due continenti, in particolare in Burkina Faso, Guinea Conakry, Mali, Mauritania, Senegal e altri Paesi africani sostenuti dal programma congiunto Unfpa-Unicef per l’eliminazione delle mgf. Il fenomeno delle mgf, riconosciuto a livello internazionale come una violazione dei diritti umani, una delle tante manifestazioni della disparità e della violenza di genere, colpisce ancora oggi oltre 200 milioni di donne nel mondo ed è presente in tutti i continenti, con la percentuale di maggiore diffusione della pratica registrata in Somalia (98%).

Diretti dalla regista e ricercatrice Adele Tulli e animati dall’illustratrice spagnola Peque Varela, i video realizzati da Aidos hanno l’obiettivo “di formare le persone che lavorano sul campo per l’abbandono delle mgf, ma anche di informare su come favorire e ispirare il cambiamento– spiega all’agenzia di stampa Dire Valentina Fanelli, responsabile progetti della ong italiana- Noi lavoriamo molto nella formazione di professionisti del sistema sanitario, operatori e operatrici sociali che si occupano di sensibilizzazione, insegnanti, e, in Europa, nel sistema di accoglienza di migranti e richiedenti asilo. Tantissime categorie professionali che poi intercettano le donne con mgf e possono svolgere un ruolo fondamentale, sia nella prevenzione, affinché le figlie di queste donne non le subiscano a loro volta, sia nella presa in carico di quelle che riportano conseguenze sanitarie e psicologiche importanti”.

Nel primo video, dedicato “alle dinamiche che innescano le norme sociali e alle strategie utili a disinnescarle– racconta alla Dire Adele Tulli, autrice dei quattro video animati e regista del documentario ‘Normal’ (2019), in cui ha affrontato il tema dell”addomesticamento’ di genere– Abbiamo cercato di rendere immediate e semplici teorie abbastanza complesse che vengono dal mondo accademico, attraverso un racconto in cui la protagonista, prima è alle prese con la sua piccola comunità nel momento in cui disubbidisce alla norma sociale e poi nel processo che riesce a portare un cambiamento”.


Gruppi etnici e background differenti, diverse abilità, una pluralità di comunità: l‘immaginario scelto dall’autrice è volutamente inclusivo. E accompagna anche gli altri tre video – che saranno pubblicati nei prossimi mesi – e sono dedicati ai temi “della disuguaglianza di genere, dell’importanza di un quadro legislativo a sostegno del cambiamento e delle sue dinamiche, che non possono essere individuali, ma di comunità”, chiarisce Fanelli. Ma perché le mutilazioni genitali femminili non vengono abbandonate, anche se questa esigenza è spesso sentita dalle comunità stesse in cui si praticano? “È provato da alcuni studi che le popolazioni dove più del 50% pratica le mgf, oltre il 50% di quelle stesse popolazioni ritiene che andrebbero abbandonate- sottolinea la responsabile progetti di Aidos- È difficile prendere la decisione di non praticarle se il resto della società continua a farlo, perché c’è un giudizio, un meccanismo di sanzione ed esclusione sociale nei confronti delle ragazze non sottoposte a mgf”, avverte.

Per questo è cruciale “trovare le parole giuste per parlarne, per non stigmatizzare le donne con mgf e per capire, invece, quello che c’è dietro e come si può lavorare sul tema in maniera sensibile”. Uno sguardo fatto proprio dalla regista Adele Tulli, che con Aidos collabora da tempo, condividendone la visione: “La cosa importante su questi temi così delicati è stare attenti a non offendere, a non giudicare e non traumatizzare- dice- Spesso vengono utilizzate delle modalità non attente alle sensibilità che toccano questi temi. Aidos è sempre molto attenta a questo aspetto. Abbiamo scelto, ad esempio, di non usare mai simboli grafici, come lame e forbici, che riportino a galla esperienze traumatiche. L’auspicio- conclude Tulli- è che riescano a comunicare i contenuti e ad arrivare in modo semplice e immediato a un pubblico il più ampio possibile”.

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