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La libertà e le stelle: l’eredità di Margherita Hack

ROMA - "Si sposarono nel 1944 con i cappotti rivoltati per nascondere i segni della miseria e persino in chiesa.

Pubblicato:05-02-2019 11:25
Ultimo aggiornamento:05-02-2019 11:25
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ROMA – “Si sposarono nel 1944 con i cappotti rivoltati per nascondere i segni della miseria e persino in chiesa. Lei, atea, accetto’ il rito religioso per Aldo. E dopo furono 80 anni di amore”. Rigorosa, ma anche di spirito, diretta e senza distanze. E’ il ritratto dell’astrofisica Margherita Hack nell’intervista alla Dire di Francesca Matteucci, astrofisica dell’Universita’ di Trieste che nel 1994, vincendo la sua stessa cattedra, ne e’ diventata di fatto l’erede.

“Quando Margherita nel 1964 diventa la prima professoressa di astronomia, bisogna tener conto che l’extragalattica di oggi non esisteva. Spettroscopista stellare, era studiosa della fisica delle stelle e certamente- sottolinea Matteucci- essere stata donna in una professione cosi’ maschile come la fisica e’ stato un atto di coraggio. Ha viaggiato con borse di studio ed e’ stata direttrice dell’Osservatorio astronomico di Trieste. Odiata e amata proprio per questo suo carattere diretto, a tratti persino maschiaccia, non lamentava di esser stata discriminata come donna, ma certamente raccontava che quando aveva vinto la cattedra, ed erano in tre a concorrere, lei aveva tre volte piu’ pubblicazioni dei colleghi maschi”.

La conoscenza era la bussola di Margherita Hack. Per questo si scagliava contro ciarlatani di ogni forma di superstizione: “Astrologia in testa, o ufo. L’unico influsso che esiste per gli scienziati da parte dei pianeti e’ quello gravitazionale” ribadisce Matteucci, che prova a immaginare le parole di fuoco che la professoressa Hack oggi avrebbe riservato ai sostenitori delle scie chimiche o ai terrapiattisti. Si definiva “atea razionalista e fino alla sua morte e’ stata iscritta all’Associazione Luca Coscioni”.


E’ la Margherita Hack della politica e dei diritti, dell’autodeterminazione, della liberta’ di ricerca. La stessa che studiava le stelle e che riteneva che “la conoscenza scientifica e la cultura fossero la condizione necessaria per cambiare il mondo”. Sono le parole di Giulia Simi, del Consiglio generale dell’Associazione Luca Coscioni, che alla Dire ripercorre l’impegno della Hack per i diritti in alcuni frangenti accesi della cronaca italiana, da quel giorno in cui la iscrisse personalmente all’associazione nel 2003.

Rispettava le religioni, era tollerante, ma fortemente anticlericale– racconta Simi- Ha appoggiato la campagna sull’eutanasia legale e sul testamento biologico, cosi’ come si schiero’ per il ‘Sì’ nel referendum per la fecondazione assistita del 2005. In una parola era per la liberta’ della ricerca scientifica al di fuori dei dogmi. Era una donna libera- ricorda- di sinistra”. Una liberta’ che la collocava fuori dagli schemi. “Firmo’ la petizione promossa dai radicali sull’abolizione del valore legale del titolo di studio perche’ si rendeva conto che l’universita’ italiana cosi’ come era non funzionava e non premiava merito ed eccellenze”. Anche per questo era una professoressa “sempre alla mano” sottolinea Francesca Matteucci. La descrive tra immagini e ricordi Giulia Simi, ricordando le frequenti visite di Margherita Hack a Siena, dagli amici Laura Toti Rigatelli e Roberto Magari.

“Si vedeva che tra lei e il marito c’era un rapporto molto bello. Sempre ironica, affatto chiusa, ricordava il ’68 come un momento di liberta’ e aveva fatto tutte le battaglie delle donne”. E poi la bellezza. Quella che non ti aspetti da un volto essenziale e senza fronzoli come quello di Margherita Hack. I suoi occhi erano “penetranti. Il suo modo di guardare e gesticolare carismatico, appassionante”. Non aveva figli, diceva che lei e il marito non avevano mai avuto senso materno o paterno. Un amore forte fin da bambina era stato invece quello per gli animali. “Era vegetariana e amava cani e gatti. Si considerava una donna fortunata”, ricorda l’amica Giulia dell’Associazione Coscioni. “Occhi luminosissimi e un sorriso spontaneo erano le cose belle che portava sempre con se'”.

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