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L’esule bielorussa: “Lukashenko incarcera e reprime, la Ue faccia di più”

Fino a due anni fa faceva la modella, poi è stata incarcerata più volte per essersi opposta a Lukashenko

Pubblicato:05-01-2022 14:38
Ultimo aggiornamento:05-01-2022 14:38

Julia Yukhno Tarasevich
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ROMA – “In Bielorussia non si può più manifestare contro il regime e la repressione continua. I miei amici sono o in carcere o esuli all’estero. Ormai si può finire dentro anche se ci si veste di bianco e rosso – i colori della rivoluzione – o si scrive su Facebook un post di critica al governo. E se non fai nessuna di queste cose, ma sei comunque un attivista, è la polizia a metterti una bandiera bianca e rossa fuori della finestra e poi arrestarti accusandoti di averlo fatto tu“. Mentre parla con l’agenzia Dire, l’attivista bielorussa Julia Yukhno Tarasevich indossa una maglia rossa e una mascherina bianca, rossa e bianca. E’ nel nostro Paese con un visto umanitario rilasciato dalla Polonia, dove questa oppositrice del governo di Minsk si è rifugiata tre mesi fa dopo essere finita in carcere due volte per il suo attivismo. Fino a due anni fa, Yukhno Tarasevich era una modella e lavorava a Minsk. Poi ha aderito al movimento che chiede ad Aleksander Lukashenko, al potere dal 1996, e al suo entourage di lasciare il potere, partecipando alle proteste innescate dalle accuse di brogli alle elezioni presidenziali dell’agosto 2020, sostenendo la vittoria di Svetlana Tikhanovskaya. Da allora migliaia di persone sono state arrestate. L’ultima stima dei detenuti di coscienza incarcerati ne indica 976, stando all’ong Viasna. Tra questi, anche tanti giornalisti. “Prima ho perso il mio lavoro- dice- per un post su Instagram in cui criticavo la gestione della pandemia di Covid-19. Poi mi hanno arrestato perché partecipavo alle proteste. La seconda, perché fabbricavo i ‘braccialetti del cambiamento’, colore della rivoluzione. Intanto organizzavo anche iniziative e gestivo alcuni canali sui social per diffondere le notizie, attività per cui si rischia da uno a quattro anni di reclusione. Dopo il secondo arresto, ho capito che me ne dovevo andare dal mio Paese”.

In carcere, Yukhno Tarasevich racconta di aver subito trattamenti “inumani”: “La prima volta stavo in una cella da cinque con altre 12 persone, la seconda in una da quattro ed eravamo 18. Per dormire dovevamo fare a turno, gli spazzolini venivano condivisi. Niente doccia od ora d’aria. Una volta, dopo molte richieste, abbiamo ottenuto di fare una passeggiata nel cortile: ci hanno tenuto per due ore a 25 gradi sotto zero, con indosso giacche leggere, perché quando ti arrestano non ti permettono di portare abiti o altro e i pacchi dall’esterno non sono ammessi”. Anche suo marito è finito agli arresti per qualche giorno: “In carcere ha contratto il Covid-19, e quando è uscito mi ha contagiato. Poi l’ho preso un’altra volta, quando sono finita nuovamente in carcere. D’altronde- denuncia la donna- ci rinchiudono di proposito in celle sovraffollate”. Tre mesi fa la ex modella è fuggita ed è entrata in modo irregolare in Polonia insieme al marito, dove “abbiamo ottenuto la protezione internazionale. Il governo di Varsavia- evidenzia Yukhno Tarasevich- sta aiutando molto gli esuli dalla Bielorussia”. Un trattamento che secondo i difensori dei diritti umani polacchi, le autorità non riservano alle migliaia di migranti mediorientali e africani che dalla Bielourussia premono alle frontiere polacche. “E’ una catastrofe- commenta l’attivista- Lukashenko strumentalizza sia i bielorussi che i profughi”. E sul lato bielorusso del confine “non ci sono più volontari che possano aiutarli perché o sono già stati arrestati, oppure devono agire di nascosto perché anche ad aiutare i migranti si rischia il carcere”. Per il futuro, Yukhno Tarasevich vuole “continuare a viaggiare per denunciare quello che accade” nel suo Paese, e sogna di “ottenere il visto in Italia, vorrei vivere qui. Ma le procedure, come in tanti altri Paesi Ue, non sono semplici”, lamenta la militante. Che chiarisce: “In Bielorussia non ci sono oppositori ma cittadini che vogliono che finisca la dittatura di Lukashenko. L’Ue ha imposto delle sanzioni economiche ma io penso che dovrebbe fare molto di più per porre fine a questa situazione“. 


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