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A Piacenza raddoppia il personale nella ‘fabbrica dei regali’ di Amazon

A Castel San Giovanni, uno dei principali siti della multinazionale, in queste settimane oltre ai 1.700 blue badge a tempo indeterminato c'è lo stesso numero di interinali per fare fronte al picco delle spedizioni

Pubblicato:04-12-2020 12:50
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:42

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BOLOGNA – In questo periodo dell’anno i magazzini di Amazon sono quanto di più simile al laboratorio di Babbo Natale: migliaia di persone tutte (più o meno) vestite alla stessa maniera, intente a imballare i regali che spunteranno per magia sotto l’albero la mattina del 25 dicembre. Per i lavoratori del colosso delle consegne, esattamente come per gli elfi di Santa Klaus, è un periodo di superlavoro, ma anche di superaffollamento.

IL COVID NON HA CONDIZIONATO LE ASSUNZIONI

A Castel San Giovanni (Piacenza), uno dei principali siti della multinazionale in Italia, in queste settimane il personale è quasi raddoppiato rispetto ai 1.700 blue badge (gli assunti a tempo indeterminato), affiancati da circa lo stesso numero di interinali per fare fronte al picco delle spedizioni. Non c’è covid che tenga, le assunzioni a termine sono state più o meno le stesse degli scorsi anni, testimonia Beatrice Moia, dipendente di Amazon e delegata nella rsu per la Filcams-Cisl. “Non hanno allargato il magazzino, quindi il problema è la presenza di tante persone in un posto chiuso”, allarga le braccia Beatrice, che stima una presenza di circa 1.200 persone contemporaneamente al lavoro nei turni principali del mattino e del pomeriggio (numeri leggermente inferiori nella fascia notturna). “Sarà così fino alla fine di dicembre. A fine mese ci sarà la cessazione di gran parte dei contratti a termine, ne resterà una bella fetta fino all’Epifania. Dopo rimarranno solo quelli necessari, circa 200-300 persone”, aggiunge la delegata. “Abbiamo chiesto di avere i numeri precisi delle persone presenti in azienda, per capire se il numero può consentire il distanziamento, che il regolamento fissa in due metri tra una persona e l’altra in tutte le attività, sia statiche che dinamiche. Ma non ci sono stati dati”, spiega Elisa Barbieri della Filcams di Piacenza.

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IL TURNOVER NATALIZIO È ORMAI UN CLASSICO

“Rispetto all’inizio della pandemia, le cose sono migliorate. Dopo lo sciopero di 11 giorni dello scorso marzo, la firma del protocollo e l’istituzione del comitato aziendale, tutti i giorni cerchiamo di monitorare la situazione rispetto all’applicazione delle norme di sicurezza, soprattutto nelle lavorazioni più dinamiche, dove mantenere il distanziamento è più complicato”, assicura Barbieri parlando alla ‘Dire’. Soprattutto se da un giorno all’altro le persone al lavoro quasi raddoppiano. “È sempre così sotto Natale. Il grande turnover che Amazon fa ogni anno, per ogni picco, resta un problema. Non solo a Natale, ma anche luglio o per il Black friday. L’azienda assume tante persone tramite agenzia e poi ne lascia a casa il 90%. Ci sono persone chiamate tre o quattro volte con contratti di tre o quattro mesi e poi vengono lasciate a casa. Bisognerebbe cercare di dare una sorta di stabilità”, osserva Moia.

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IL LAVORO È RIPETITIVO E ALIENANTE

D’altro canto, coronavirus a parte, sul fronte della sicurezza “non è mai cambiato nulla: il lavoro in magazzino è altamente ripetitivo e alienante: già dopo un anno o due di lavoro, ragazzi anche molto giovani, manifestano problemi a livello muscolo-scheletrico”, fa sapere la delegata, che, proprio in vista della grande ‘abbuffata’ dello shopping natalizio, invita a riflettere. “Dietro alla velocità di consegna, alla garanzia che un prodotto ordinato possa arrivare il giorno stesso o quello successivo, c’è una mondo, che è quello dei lavoratori che devono correre”, ricorda Beatrice. L’azienda richiede alti livelli di produttività e i primi a farne le spese sono i più deboli, gli interinali, i cosiddetti ‘green badge’, che, “data la crisi che c’è e che ci sarà a causa del covid, faranno di tutto per essere confermati”.

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