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VIDEO | In piazza contro sugar e plastic tax: “Delirio totale”

La rabbia di Veneto e Lombardia: "Siamo le regioni più colpite, così non funziona"

Pubblicato:04-12-2019 14:23
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:42
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ROMA – Oltre 200 tra operai, manager, dipendenti e imprenditori dell’industria delle bevande analcoliche hanno manifestato questa mattina davanti a Montecitorio la loro contrarietà alla sugar tax e alla plastic tax, “due tasse – spiegano – che penalizzano chi produce, determinano la contrazione delle vendite, allontanano gli investimenti e mettono quindi a rischio 5.000 posti di lavoro”. Cartelli e slogan per dire ‘no’ a due misure della legge di bilancio, contestate anche da una parte della maggioranza.

“Da 100 anni dissetiamo l’Italia. Ora siamo a bocca asciutta”, scrivono i manifestanti. Il presidente di Assobibe Vittorio Cino sottolinea che “queste misure produrrebbero un aumento medio dei costi di produzione del 20%, una stangata ingiusta e non sostenibile in un periodo di stagnazione economica”. Aumentare la pressione fiscale su imprese che generano valore economico e sociale “va in direzione contraria rispetto alle esigenze del Paese perché frena la competitività, blocca gli investimenti e aumentano le incertezze, in un mercato che ha registrato un calo dei volumi del 25% in 10 anni. Manifestiamo perché imprese e lavoratori meritano attenzione e rispetto, scelte informate e consapevoli. Serve un approfondimento: poiché il Governo giudica l’impatto di queste misure di lieve entità chiediamo di avviare un tavolo di confronto, come fatto per altri settori e come dovrebbe avvenire in un Paese che non considera l’impresa un problema, ma ne riconosce il ruolo sociale annunciato in Costituzione. Se un litro di bevanda analcolica è già gravata del 22% di IVA, come si può pensare di prendere un ulteriore 28% con una nuova tassa sulla produzione?” La sugar tax penalizza solo un comparto, disinteressandosi dei consumi reali di zucchero in Italia, “arrivando al punto di contraddire il proprio nome per colpire anche prodotti privi di zuccheri e calorie, a differenza di quanto annunciato dal Presidente Conte che ha più volte parlato di “bibite altamente zuccherine”.

Sono evidenti i profili di illegittimità costituzionale e gli elementi che contrastano con concorrenza e mercato, come già segnalato all’AGCM, al Presidente della Repubblica e al Presidente del Consiglio”.


La plastic tax “colpisce ulteriormente un settore già impegnato ad applicare le nuove costose regole della Direttiva in plastica monouso che ha fissato l’obiettivo di raccolta delle sole bottiglie in plastica al 90%, l’obbligo di impiego di plastica riciclata e la modifica dei sistemi di chiusura per evitare la dispersione dei tappi. Il settore è impegnato inoltre a utilizzare solo plastica 100% riciclabile come il PET e quantitativi in crescita di materiale riciclato, quasi impossibile da trovare in Italia”.

VENETO E LOMBARDIA LE REGIONI PIU’ COLPITE

Con oltre 1.300 imprese e 30.000 addetti, il Veneto sarebbe la regione d’Italia più penalizzata dalla plastic tax dopo la Lombardia. Lo affermano i consiglieri regionali Piero Dalla Libera e Massimo Barison (Veneti uniti), e l’assessore regionale allo Sviluppo economico Roberto Marcato, oggi in conferenza stampa a palazzo Ferro Fini, a Venezia, insieme a Luca Iazzolino, presidente di Unionplast. Con la plastic tax “il governo ha superato il delirio totale, decidendo di cancellare completamente dall’Italia l’industria degli imballaggi plastici”, attacca Barison, primo firmatario di una mozione che invita la giunta regionale ad attivarsi affinché il governo cancelli la plastic tax dal disegno di legge di bilancio. Il primo disegno di plastic tax “ci è stato annunciato il 16 ottobre e presentato il 4 novembre”, evidenzia Iazzolino lamentando la ristrettezza dei tempi. E la tassazione prevista era di “1.000 euro alla tonnellata”. Cifra che ad oggi non è stata modificata da documenti ufficiali ma solo “a parole”, con la proposta di dimezzarla portandola a 500 euro a tonnellata. Ma l’impatto è comunque notevole, considerando che una tonnellata di imballaggi plastici costa tra gli 850 e i 950 euro. “Non siamo pronti per gestire cifre di questo tipo, che dovremmo di fatto chiedere ai nostri clienti e poi versare all’erario”, continua Iazzolino facendo l’esempio di 1.000 vasetti da yogurt vuoti, che oggi costano circa 10 euro e che in base alla prima versione della plastic tax sarebbero arrivati a costare “18 euro”, mentre con l’annunciata nuova versione dovrebbe assestarsi sui “15 euro”. Inoltre va detto che si tratta di una “imposta di fabbricazione”, il che vuol dire che in caso di mancato versamento la sanzione è “da due a 10 volte tanto”. In caso di errore, insomma, c’è il rischio di dover pagare una cifra enorme. Senza contare che “sappiamo che fine fanno le accise in Italia, quindi sembra probabile che poi nei prossimi anni vada aumentando”.

La plastic tax è anche fallimentare rispetto a quello che viene identificato come il suo scopo principale, ovvero la riduzione dell’uso della plastica per una maggiore sostenibilità ambientale, sostiene Iazzolino. Perché l’Agenda 2020 dell’Unione europea prevede già il bando della plastica monouso e di quella non riciclabile entro il 2030, ma per arrivarci “servono investimenti, che rischiano di essere tagliati se le imprese si trovano a dover pagare un’imposta del genere”.

L’effetto, insomma, rischierebbe di essere opposto a quello desiderato. E una certa superficialità nell’affrontare il tema si riscontra nel fatto che sono escluse dal pagamento della tassa le plastiche ecocompatibili, che tuttavia “sono biodegradabili solo in determinate condizioni, mentre se finiscono in mare si comportano quasi come la plastica prodotta dal petrolio”, e in ogni caso non sono adatte a molti scopi, ad esempio il “food contact”, ovvero gli imballaggi a contatto con il cibo, su cui peraltro ci sono “normative molto stringenti” che prevedono determinate caratteristiche di isolamento e resistenza. Un altro danno sarebbe quello alla competitività delle imprese, in quanto la tassa riguarderebbe solo le imprese italiane, perché la concorrenza all’estero continuerà ad operare senza questa tassa e quindi potrà essere più concorrenziale.

La plastic tax è “regressiva” e farla “in un momento di difficoltà economica è follia”, interviene Marcato, chiedendosi retoricamente se “è una tassa per l’ambiente o un invito a chiudere le imprese per la matrice culturale della decrescita felice?”. L’ambiente “si tutela con la raccolta differenziata, come fa il Veneto”, continua Marcato. “Perché non vanno a rompere le balle a quelle Regioni che non la fanno invece di mettere in ginocchio le imprese che producono?”. Domani, giovedì 5 dicembre alle 11, le fabbriche di imballaggi plastici si fermeranno per un’ora, per “un momento divulgativo”, per spiegare i problemi della plastic tax a tutti i lavoratori, conclude Iazzolino, ricordando che “i sindacati dicono più o meno le stesse cose”.

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