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Arrestati per bancarotta fraudolenta gli ex patron del Palermo Calcio

Salvatore e Walter Tuttolomondo tra l'aprile e il maggio del 2019 rilevarono la società, poi dichiarata fallita nell'ottobre dello stesso anno

Pubblicato:04-11-2020 11:26
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:10

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PALERMO – Arrestati gli ex patron del Palermo Calcio Salvatore e Walter Tuttolomondo. Sono i due fratelli imprenditori che tra l’aprile e il maggio del 2019 rilevarono la società del Palermo, poi dichiarata fallita nell’ottobre dello stesso anno, che in quel momento militava nel campionato di serie B. Quella vendita – con la cessione per dieci euro delle quote della ‘Us Citta’ di Palermo’ in favore della ‘Sporting Network Srl’, società controllata dalla ‘Arkus Network Srl’ riconducibile ai Tuttolomondo – è finita sotto i riflettori della procura del capoluogo siciliano. I Tuttolomondo, di 65 e 53 anni, sono finiti in carcere.

L’inchiesta ipotizza i reati di bancarotta fraudolenta, indebita compensazione di imposte con crediti inesistenti, autoriciclaggio e reimpiego, falso e ostacolo alle funzioni della Covisoc, la Commissione di vigilanza sulle società di calcio professionistico della Figc (Federazione italiana giuoco calcio).
L’indagine, portata avanti dalla guardia di finanza di Palermo, ha portato all’esecuzione anche di tre obblighi di firma nei confronti di altre tre indagati: Roberto Bergamo, di 62 anni; Tiziano Gabriele, di 48 anni; Antonio Atria, di 54 anni. Per questi ultimi tre è stata disposta anche la misura interdittiva del divieto di esercitare imprese, uffici direttivi di persone giuridiche o professioni per un anno. La guardia di finanza di Palermo, in azione con i colleghi del Nucleo speciale di polizia valutaria di Roma, hanno poi effettuato un sequestro preventivo di beni per un milione e 395mila euro.

I reati di cui sono accusati i Tuttolomondo, secondo gli investigatori, sarebbero stati commessi sia nel corso dell’acquisizione che della successiva gestione del club. Diverse le intercettazioni telefoniche a sostegno della tesi accusatoria, a cui si aggiungono gli accertamenti bancari e l’analisi dei documenti contabili. I cinque indagati nell’inchiesta denominata ‘Tempi supplementari’, avvalendosi della collaborazione di professionisti e altre persone di fiducia, avrebbero saldato debiti fiscali attraverso l’utilizzo in compensazione di crediti con l’erario in realtà inesistenti per 1,4 milioni di euro e avrebbero inviato delle false comunicazioni alla Covisoc riguardo ai pagamenti degli stipendi ai dipendenti del club e al versamento delle imposte. Tra le accuse anche quella di avere effettuato dei pagamenti non autorizzati dal Tribunale di Palermo, nonostante fosse in pendenza una richiesta di concordato preventivo, per oltre duecentomila euro: soldi andati a finire nelle tasche di professionisti e “in danno – dicono gli inquirenti – di altri creditori”.


Gli indagati, inoltre, avrebbero distratto 341.600 euro dal conto corrente della società di calcio a favore di una società a loro riconducibile e “priva di reale operatività” giustificando l’operazione come “anticipo” del compenso previsto per l’affidamento di un incarico di consulenza “in realtà – spiegano le fiamme gialle – simulato”. Le somme sarebbero state poi impiegate in altre attività economiche “in modo da celarne la provenienza delittuosa”.

Nell’estate del 2019 il Palermo, non avendo regolato entro i termini previsti il versamento delle imposte e il pagamento degli stipendi a calciatori e dipendenti, fu escluso dal campionato di serie B dal momento che Lega Calcio e Covisoc ritennero la societa’ priva dei requisiti finanziari minimi previsti dalla legge.

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