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Aborto, Ferri: “La legge 194 va rivista, ma con questo clima politico il rischio è che si torni indietro”

Intervista all'autrice di 'Libertà condizionata'

Pubblicato:04-11-2020 16:17
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:10

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202011040296410860801 Alessia FerriROMA –  In 42 anni di discussioni mai sopite tra fautori e detrattori del diritto all’aborto (a legge fatta), l’ipotesi di un tagliando alla 194 del ’78, piu’ volte e da piu’ parti ventilata, non e’ mai riuscita realmente a farsi spazio politico in Italia. Eppure c’e’ chi crede che sia giunto il momento di aggiornarla questa ‘legge della discordia’. Tra loro, Alessia Ferri, giornalista free lance e autrice del libro sulla 194 ‘Liberta’ condizionata’: “Ci sarebbe un gran bisogno di rivedere la legge 194, approvata cosi’ com’e’ nel ’78 per trovare un compromesso- dichiara all’agenzia di stampa Dire- Molte cose andrebbero aggiornate, ma con il clima politico che c’e’ oggi nel nostro Paese il rischio e’ che si torni indietro“.

Si’ perche’ l’aborto, in Italia e nel mondo, non e’ tema neutro, ma ancora pienamente campo di battaglia politico, “caposaldo dei sovranisti in un mondo spaccato in due, in cui la politica si fa ancora sul corpo delle donne, come sta succedendo in Polonia”, osserva Ferri, che nel volumetto edito da People nel febbraio 2020 ripercorre le battaglie pro-aborto del Centro d’informazione sulla sterilizzazione e sull’aborto (Cisa) e del Partito Radicale di Gianfranco Spadaccia, Adele Faccio ed Emma Bonino, che non votarono a favore della 194, considerata “troppo ambigua e poco orientata alla liberta’ femminile”. Il vizio ab origine, infatti, e’ che la legge all’articolo 4 fa riferimento all’ivg entro i primi 90 giorni nei casi in cui la donna “accusi circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternita’ comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui e’ avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito”.

Un elenco di ‘condizioni’ a norma di legge che non sanciscono un diritto incondizionato di scelta e a cui si aggiungono ulteriori ‘condizioni’: “‘Liberta’ condizionata‘ perche’ sulla carta questa liberta’ esiste- chiarisce Ferri- ma nella realta’ e’ condizionata da vari ostacoli, oggettivi e morali”.


69% DI OBIETTORI DI COSCIENZA TRA I GINECOLOGI NEL 2018

Primo fra tutti, “il grandissimo numero di obiettori di coscienza“, nel 2018 in leggero aumento rispetto al 2017 e giunto al 69% dei ginecologi, a cui vanno aggiunti il 46,3% degli anestesisti e il 42,2% del personale non medico (dati dell’ultima Relazione del ministero della Salute sull’attuazione della 194, ndr). Un problema oggettivo – come lo “scarso ricorso al farmacologico” – legato, pero’, a doppio filo a un piu’ grande ostacolo di ordine morale: lo “stigma” che ancora permea la scelta delle donne di non diventare madri e le induce “a sentirsi in colpa” per questo. “Non dovrebbe essere concesso agli obiettori di coscienza di essere cosi’ tanti”, sostiene Ferri sulla revisione della legge, da riformare anche rispetto alla “settimana di riflessione tra primo colloquio e intervento, che credo sia una forma di violenza”. Cosi’, infatti, “passa l’idea che l’aborto sia qualcosa di sbagliato per cui si da’ alla donna il tempo per cambiare idea, quando in realta’ le ginecologhe con cui ho parlato mi hanno assicurato che quando vedono la donna indecisa sono loro a consigliarle di aspettare”.

I DATI SULL’ABORTO IN ITALIA

Ma le criticita’ non finiscono qui. L'”insufficienza” del sistema si rivela anche nel monitoraggio, “che andrebbe cambiato. Dal rapporto del ministero della Salute- spiega la scrittrice- sembra che le cose vadano bene”, essendo gli aborti da anni costantemente in calo, “ma mancano i dati delle persone che non riescono ad abortire o che abortiscono clandestinamente. Ci si sofferma sulle ivg fatte”, ma manca la domanda, “un sommerso che non si sa dove va a finire”.

L’ABORTO CLANDESTINO

Quel sommerso che, sebbene impronunciabile, e’ tornato realta’ nell’Italia del 2020: l’aborto clandestino. “Ad abortire clandestinamente oggi sono soprattutto le donne immigrate e le ragazzine– sottolinea Ferri- Le prime, perche’ in Italia e’ gia’ difficile abortire per chi ha tutti gli strumenti per farsi largo nella burocrazia, figuriamoci per una persona che conosce poco la lingua o e’ sfruttata perche’ vittima di tratta. Spesso queste donne assumono farmaci di contrabbando senza alcuna sorveglianza medica e non sono rari i casi in cui giungono al Pronto Soccorso con gravi emorragie. Le giovanissime, invece, comprano i farmaci abortivi su internet, magari quelli giusti, ma che senza un medico a guidarle rischiano di creare dei danni”. Il gap, quasi sempre, e’ di tipo informativo. Per questo si dovrebbero “potenziare i consultori, primo punto di approdo per chi vuole abortire” e “fare campagne nelle scuole per parlare di sessualita’ consapevole e nelle associazioni che si occupano di accoglienza delle immigrate, per spiegare quali sono i loro diritti”, chiarisce la scrittrice.

LA PILLOLA ABORTIVA RU486

La garanzia di un maggiore accesso alla pillola abortiva, la Ru486, e’ una delle possibili strade da perseguire. “Le nuove linee guida ministeriali sono un passo di civilta’ da salutare con entusiasmo e che dovevamo fare da tempo, ma non e’ sufficiente- chiarisce Ferri- Le Regioni hanno molta liberta’ a livello sanitario e bisognera’ vigilare che non vengano aggirate con provvedimenti regionali o con iniziative dei singoli ospedali”. Come sta succedendo in Piemonte, dove la Regione ha emanato una circolare che vieta l’aborto farmacologico nei consultori, demandando al medico e alla direzione sanitaria la valutazione delle modalita’ di ricovero, e dispone l’attivazione di sportelli informativi negli ospedali a cui possono accedere associazioni pro-vita. Atti amministrativi che vanno letti in una cornice culturale ben precisa, quella di un Paese stretto tra cimiteri di feti pieni di croci bianche col nome delle ‘madri mancate’ e omelie di parroci che, come don Andrea Leonesi, considerano l’aborto “il piu’ grande degli scempi”, paragonandolo in gravita’ agli atti di pedofilia.

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“Sono parole incommentabili, non capisco come si possano mettere nella stessa frase quando uno e’ un diritto, l’altro un reato- commenta Ferri- Non pretendo che papa Francesco dica che l’aborto va bene, pretendo pero’ che uno stato laico come l’Italia non mischi le due cose. I cimiteri dei feti mi hanno sconvolto, si collegano al fatto che la donna che abortisce debba sentirsi in colpa. È un sintomo molto brutto: quando partorisci, il bambino prende il cognome del padre ma se abortisci prende il nome della madre. Per dire come funziona l’Italia”.

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