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Quando la cicogna non arriva c’è l’aiuto dei centri di Pma

Quando deve scattare il campanello d'allarme? Parla la responsabile del Centro di Pma Asl Roma 1 dell'ospedale San Filippo Neri di Roma

Pubblicato:04-09-2019 13:20
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:40

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ROMA – Sempre più spesso si giunge a desiderare una gravidanza quando lavoro, vita sociale, economica e sentimentale sembrano marciare sul binario giusto. Inizia così la ricerca di un bebè, oggi verso i 38-39 anni, ma alla fine il percorso non è sempre così semplice come si pensava. A volte capita che dopo mesi e mesi di tentativi e conseguenti delusioni, la coppia non riesca a coronare il sogno tanto agognato. Ma quando deve scattare il campanello d’allarme e decidere di rivolgersi a un centro specializzato in Procreazione medico assistita? A dare un’informazione completa su tipologie di Pma, costi e tempi d’attesa nel pubblico, che possa aiutare molte donne e uomini che sospettano una diagnosi d’infertilità, è Arianna Pacchiarotti responsabile del Centro di Pma Asl Roma 1 dell’ospedale San Filippo Neri di Roma.

– Dopo quanto tempo si può parlare di infertilità e quali sono i primi passi che una coppia fa all’interno di un centro specializzato di Pma?

‘Si parla di malattia e sterilità dopo un anno di rapporti liberi senza ottenere un concepimento. Sicuramente è il caso che la coppia in questione si rivolga ad un centro d’infertilità il più presto possibile. Questo è già la prima strategia per evitare di ‘perdere’ tempo prezioso rivolgendosi a professionisti meno esperti nel settore ritardando l’intervento oppure prescrivendo esami parziali o impropri. Una volta giunti nel centro specializzato alla coppia vengono richiesti degli esami preliminari utili a valutare l’effettiva capacità di concepire come ad esempio la presenza gameti, la pervietà delle tube e definire quale sia il trattamento più adeguato per loro. Una volta analizzata la situazione l’esperto sarà in grado di indicare il trattamento più adatto. In generale il percorso di Pma può essere di I, II e III livello. Il I livello corrisponde all’inseminazione intrauterina (Iui) che prevede il monitoraggio ecografico con o senza stimolazione farmacologica dell’ovulazione. Nel frattempo viene predisposta la preparazione del liquido seminale del partner tramite capacitazione e successivamente si procede all’inserimento del seminale trattato in utero. Questa è la tecnica più semplice tra quelle di fecondazione assistita. La seconda tecnica la Icsi o la Fivet, è indicata prevalentemente nei problemi che riguardano le tube e nel fattore maschile grave, ma più in generale è valida anche nel caso di patologie autoimmuni, nella poliabortività o nella menopausa precoce e altre malattie come l’endometriosi. La tecnica consiste nella stimolazione farmacologica dell’ovulazione che mira alla maturazione di un numero maggiore di ovociti rispetto all’unico che si produce fisiologicamente. Una volta reclutati gli ovociti tramite agoaspirazione in sedazione in sala operatoria, il cossidetto pick-up, gli ovociti vengono inseminati in laboratorio ciascuno con uno spermatozoo con tecnica Icsi, ossia iniezione introcitosplamatica di sperma nell’ovocita. Una volta prodotti in laboratorio gli embrioni, che rimangono in incubatore tra i 3 e i 5 giorni, questi vengono trasferiti all’intero dell’utero e si aspetta l’attecchimento e dunque la gravidanza. Nei casi di azoospermia invece si ricorre alla tecnica di III livello che consiste nel reclutamento di spermatozoi che avviene direttamente dal testicolo tramite un picccolo intervento chirurgico come l’agoaspirazione o una piccola biopsia. Ottenuto il frammento testicolo, vengono prelevati gli spermatozoi e si procede con la tecnica di Icsi di cui abbiamo parlato’.


– Che differenze esistono tra la fecondazione omologa ed eterologa? A che punto siamo con la donazione di gameti?

‘Siamo il primo centro nel Lazio e nel centro-sud che tratta la fecondazione eterologa. Nel caso in cui ai primi controlli ci si renda conto che c’è difficoltà nel reclutamento dei gameti, o quando questi sono addirittura assenti o sono inutilizzabili per patologia tanto nella donna quanto nell’uomo, si opta per la fecondazione eterologa. Questo prevede l’utilizzo di gameti di donatori esterni alla coppia. Una tecnica che è stata vietata per molti anni dalla Legge 40 del 2004 per cui non è stato possibile praticarla in Italia fin quando, nel 2015, non è stata consentita. Ad oggi gli ovociti e spermatozoi vengono importati dall’estero perché in Italia non c’è ancora una cultura della donazione. Infatti, nel nostro Paese non esistono banche di ovociti e del seme, per cui tutti i gameti arrivano in Italia congelati dalla Spagna e dalla Grecia. L’Italia è indietro rispetto ad esempio alla Spagna che ha utilizzato queste tecniche più di 40 anni fa. Nel nostro Paese inoltre non è ammesso remunerazione per la donatrice ecco il motivo ulteriore perché questa pratica è limitata. Credo sia utile avviare una buona campagna d’informazione a partire proprio dalle scuole’.

– Chi paga la spesa di questi gameti importati dall’estero e a quanto ammontano i costi?

‘Vige un ticket di compartecipazione, il ciclo di fecondazione è sostenuto nel nostro caso dalla regione Lazio ma l’approvvigionamento dei gameti e tutto ciò che consegue trasporto, congelamento, somministrazione dei farmaci alla donna è a carico del paziente. L’ammontare dei costi, nella nostra Regione, è di 4.000 euro per gli ovociti e 3.500 euro per il seme nelle tecniche II livello e 1.500 per la tecnica di I livello ovvero la Iui’.

 – Quali gli esami diagnostici previsti nel corso del ciclo di Pma? E poi dal primo appuntamento al giorno del transfer quanto tempo passa?

‘Al San Filippo Neri uno degli ultimi centri di Pma nati nel Lazio, per questo anche molto all’avanguardia, il tempo di attesa è circa tre mesi per la prima visita e altri tre mesi per i controlli successivi. Anche nel caso di eterologa, il tempo di attesa dei gameti dall’estero è di circa due mesi. Diciamo che per effettuare un ciclo completo dal primo accesso all’esaurirsi dell’intero ciclo il temo varia dai 5 agli 8 mesi. Inoltre all’interno della Asl Roma 1 è stato attivato un percorso interno dedicato alle coppie dei centri di Pma per l’accesso rapido agli esami genetici. Questi ultimi, vale la pena ricordare che di per se richiedono del tempo, tanto che non si ha un referto in mano prima di due mesi ed è anche per questa ragione che la seconda visita deve essere necessariamente a tre mesi dalla prima. Il laboratorio analisi del San Filippo Neri è una hub e vengono lavorati tutti gli esami richiesti e quindi la donna può contestualmente sottoporsi a tutti gli esami diagnostici e del sangue utili ai fini della Pma. I più importanti sono sicuramente gli esami infettivologici, immunologici, i controlli ecografici e il controllo del seno e poi esami preliminari utili alla preospedalizzazione prima del pick up’.

– I nuovi Lea alzano il numero dei tentati da 3 a 6 e l’età limite della paziente da 43 anni a 46. Ma ha senso una cosa del genere quando poi sappiamo che le possibilità di avere un ‘bimbo in braccio’ precipitano tanto più avanza l’età della mamma?

‘Per quanto riguarda eterologa assolutamente ha senso perché è come fare un salto indietro nel tempo potendo utilizzare ovociti di una donatrice di età inferiore di almeno 10 anni rispetto a quello della ricevente. A questo punto l’età biologica della ricevente non conta anche se eticamente bisogna darsi un limite. Infatti la normativa ritiene che la tecnica sia da sconsigliare dopo i 50 anni. Il limite a 46 anni è del tutto inappropriato per l’omologa, per il quale i 43 anni è un limite già alto.Va considerato infatti nel caso dell’omologa che dai 40 anni in poi la percentuale di successo è pari al 10%. Su un campione totale dai 30 ai 43 anni la percentuale media di successo è del 33% ossia 1 su 3′.

– Alcuni regioni grazie all’autonomia hanno recepito i nuovi Lea. Cosa deve fare una donna che che ha esaurito nel Lazio i tre tentativi consentiti e vuole tentare il quarto per esempio in Emilia Romagna dove il tetto massimo è fissato a sei?

‘La paziente in quel caso deve fare richiesta al centro fuori la sua Regione, il quale verifica e produce un certificato d’infertilità della coppia e redige un modulo di accettazione della paziente nel proprio centro. Questo perché in alcune regioni vige la compensazione ed in altre invece il rimborso diretto. A quel punto la Asl di residenza deve apporre la propria autorizzazione affinché la coppia sia autorizzata ad andare fuori Regione e dunque pagare questo tentativo in più. I costi naturalmente salgono a quel punto non solo per la Regione di appartenenza della coppia ma anche per la paziente stessa poiché perché dovrà sostenere le spese dei viaggi e dell’alloggio nei giorni prima e durante il pick up ed infine il soggiorno nella data del transfer’.

– Le donne troppo spesso per necessità lavorativa o sentimentale procrastinano il momento della gravidanza, la media nazionale del primo figlio si attesta a 38 anni. La pratica del cosiddetto ‘social freezing’ può essere una valida alternativa per ‘prendere tempo’? E’ consigliato alle più giovani che non hanno ancora programmi in tal senso?

‘Una notizia che ho appreso proprio da pochi giorni fa è che a Los Angeles quasi il 100% delle donne che non concepiscono in età giovane, ricorrono al congelamento degli ovociti che costa in America circa 25mila dollari. Per tale ragione molte optano per Città del Messico al fine di espletare la pratica al costo inferiore di 10mila dollari. Questo ci fa comprendere quanto sia importante per le donne americane e quanto sia entrato nella loro cultura il concetto del social freezing. L’importanza di questa pratica è assoluta perché consente di poter utilizzare al momento giusto i propri gameti e di non ricorrere all’eterologa quando si decide di avere un figlio. Spesso oltre le condizioni sentimentali pesano le incertezze economiche di molti italiani. Giovani o meno giovani non hanno una casa, un lavoro fisso oppure dei genitori vicino che possano offrire loro una rete di sostegno. Credo che la cultura del social freezing debba essere molto ampliata. Sarebbe bello che si arrivasse a fare in modo che chi pratica il ‘social freezing’ possa congelare gli ovociti per se e per gli altri e creare una banca di ovociti finalizzati all’eterologa. A gennaio è stato erogato dalla Regione Lazio proprio un finanziamento per la Pma. Al San Filippo Neri sono arrivati fondi destinati appunto all’eterologa. Tra le linee programmatiche del nostro ospedale è privisto anche un progetto di donazione ‘dedicata’ e di ‘egg sharing’ ossia condivisioni di ovociti’.

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