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Meno di mille bambini non sono in regola con i vaccini, resteranno fuori da scuola

"Si tratta di un fenomeno molto marginale e minoritario", ha spiegato Antonello Giannelli, presidente dell'Associazione nazionale presidi (Anp)

Pubblicato:04-09-2019 09:21
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:39

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ROMA – Gli studenti di tutta Italia si preparano a tornare sui banchi di scuola, ma a una condizione: essere vaccinati. Il 10 luglio scorso, infatti, sono scaduti tutti i termini per mettersi in regola con la legge firmata dall’ex ministro della Salute, Beatrice Lorenzin, approvata nel 2017, che prevede dieci vaccini obbligatori per gli alunni da 0 a 16 anni. Ma quali sono i numeri in Italia dei bambini non vaccinati e quali le conseguenze per loro? A rispondere Antonello Giannelli, presidente dell’Associazione nazionale presidi (Anp), intervistato dall’agenzia Dire.

“La regola generale che vale per tutte le fasce di età che vanno da 0 a 16 anni- ha detto- è la sanzione amministrativa per chi non ha fatto vaccinare i figli, fissata tra i 100 e i 500 euro. In tal caso è compito della scuola segnalare alla Asl di pertinenza i casi irregolari. In più, quando si tratta di bambini dai 0 ai 6 anni vige anche l’obbligo di esclusione dalla frequenza delle lezioni e dunque bisogna precludere ai non vaccinati l’accesso in aula. In questo caso la sanzione amministrativa continua ad essere impartita dalla Asl e la sospensione dalla frequenza delle lezioni è di competenza della scuola”.

“Un dato importante che vale la pena sottolineare- ha aggiunto Giannelli- è che comunque anche quest’anno non arriviamo a 1.000 esclusi su 600mila ragazzi, in linea con lo scorso anno. Potrebbero oscillare al massimo di qualche centinaia di unità, ma il dato non cambia molto, siamo lì. Si tratta quindi di un fenomeno molto marginale e minoritario. Diciamo che c’è un clamore mediatico eccessivo rispetto all’ampiezza della vicenda. Mi sembra scontato che la vaccinazione sia un elemento di progresso e i vantaggi sono infinitamente superiore agli svantaggi. Serve ancora una buona campagna informativa per colmare quel deficit culturale che esiste in Italia e che va sanato”.


“Vorrei ribadire che l’esigenza della vaccinazione è propedeutica alla tutela collettiva. Chi non si vaccina- ha sottolineato il presidente dell’Associazione dei presidi- mette a rischio la salute degli altri, e penso in particolare ai bambini immunodepressi, quelli quindi che non si possono immunizzare per questioni di salute, perché sono sottoposti a trattamenti salvavita oppure sono reduci da terapie oncologiche. Non capisco come si possa ignorare tale esigenza. Quando si ha che fare con la propria salute è un discorso, ma quando entra in gioco la salute degli altri allora le cose cambiano, ci si sposta su un altro terreno. Ecco perché ha senso l’obbligo vaccinale“.

“Alcuni genitori mettono in discussione la validità delle vaccinazioni- ha proseguito- non avendo però le competenze necessarie per farlo. Queste persone probabilmente credono che la salute del proprio figlio sia di loro stretta pertinenza ma non è così. La nostra Costituzione non a caso tutela la salute di tutti. In altre parole il figlio non è ‘proprietà’ del genitore. La famiglia deve fare quello che deve. Parliamo di fattori di civiltà elementari che dovrebbero essere dati per assodati. Ricordo che ci sono state condanne a carico di genitori che non hanno erogato cure salvavita necessarie, e non mi riferisco ai vaccini, e che per questo sono stati accusati di omicidio”.

“Un’altra questione, che di tanto in tanto viene tirata in ballo, è l’asserita possibilità che i presidi possano inserire i bambini immunodepressi in classi dove ci sono solo altri bambini vaccinati. Ma questo non è possibile, e comunque il contagio a scuola è facilissimo. Il fatto che un bambino sia in una classe e uno in un’altra non è sufficiente a impedire i rischi, perché gli scolari frequentano ambienti comuni come corridoi, palestre e mense. E poi soprattutto nella scuola dell’infanzia si favorisce la socializzazione, si scambiano merendine. E’ normale a quell’età che gli alunni giochino insieme e magari si abbraccino e questo, inevitabilmente, favorisce il propagarsi del contagio. I presidi- ha concluso Giannelli- non possono dare questo tipo di garanzie“.

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