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Libia. Basi italiane per i bombardamenti? Arci: “Un tragico errore”

L'associazione: "L'Italia dovrebbe farsi subito promotrice della convocazione di una nuova conferenza di pace"

Pubblicato:04-08-2016 14:30
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 08:57

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chiavacci-3ROMA – L’Arci esprime preoccupazione per la disponibilita’ del governo italiano, espressa dalla Ministra Pinotti, a cedere l’uso delle basi aeree all’aviazione statunitense per il bombardamento della Libia. “Si tratta dell’ennesima iniziativa militare, ultima di una lunga serie – afferma l’associazione -, portata avanti senza un chiaro mandato delle Nazioni Unite e senza il consenso della maggioranza delle parti locali”.

A parlare e la presidente nazionale di Arci, Francesca Chiavacci, che spiega: “Non pare infatti condivisibile l’interpretazione estensiva della risoluzione 2259/2015 del Consiglio di Sicurezza con cui Washington pretende di dare legalita’ al bombardamento: la gravissima situazione in Libia e nell’Africa mediterranea dovrebbe indurre maggiore prudenza nel dare seguito ad una risoluzione Onu molto controversa e richiesta solo dal governo del presidente Serraj, che rappresenta una delle minoranze e che non e’ riconosciuto dalle altre parti in causa. L’intervento conferma invece che la politica sulla Libia viene ancora decisa nelle capitali occidentali senza coinvolgere gli attori locali e, soprattutto, sorprende ancora l’assenza di una strategia di soluzione compiuta e condivisa localmente e con gli stati confinanti su come trovare fine al dramma di un paese devastato da anni di guerra. L’evolversi della crisi dimostra che la guerra in Libia, come piu’ volte denunciato, e’ stato un tragico episodio del neocolonialismo europeo e americano, finalizzato all’appropriarsi delle risorse energetiche e il cui unico esito sara’ una radicalizzazione dello scontro e un rafforzamento di chi strumentalizza e alimenta la violenza fondamentalista in Asia, Africa e nelle periferie delle citta’ europee”.

Conclude la presidente dell’Arci: “Il tempo delle bombe e’ finito, la violenza chiamera’ inevitabilmente altra violenza. La soluzione della crisi libica non richiede altre vittime, ma una nuova visione degli equilibri politici nel Mediterraneo. Occorre che le Nazioni Unite intraprendano con decisione un processo di pace nei cui negoziati debbono essere protagoniste le forze che compongono il complesso mosaico libico e in cui si ascoltino i paesi del nord Africa. L’Italia, anche perche’ verso la popolazione libica ha un debito dovuto alla propria tragica presenza coloniale, dovrebbe farsi subito promotrice della convocazione di una nuova conferenza di pace”.


(www.redattoresociale.it)

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