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VIDEO | Campagna dei locali a Bologna: “FreeDehors o chiudiamo”

Uno dei bar più conosciuti della città, il "Miky e Max" di via Orfeo, lancia la campagna 'Freedehors'. E le socie dicono: "Non abbiamo assolutamente nessuna intenzione di restituire le chiavi a nessuno"

Pubblicato:04-05-2020 14:00
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:15

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https://vimeo.com/414765596

BOLOGNA – Più spazio per i tavolini e in tempi “brevissimi”, niente tassa di occupazione del suolo pubblico fino a fine anno e contributi per garantire il servizio in sicurezza. Sono i punti della campagna “Freedehors” lanciata a Bologna da uno dei bar più conosciuti della città, il “Miky e Max” di via Orfeo, per sostenere il rilancio delle attività di somministrazione messe a durissima prova dal lockdown e ora alle prese con le limitazioni che accompagneranno la riapertura.

Intanto, le serrande di “Miky e Max” sono aperte per le consegne a domicilio e per l’asporto. Quest’ultimo è partito la scorsa settimana solo in orario serale: “Più che per lavorare, per impostare il lavoro e per essere qui. Per non dimenticarci dei clienti e viceversa”, spiega Simonetta, una delle quattro socie del locale. Da oggi, poi, “il pasticcere era pronto con tutto“, spiega Simonetta mostrando la vetrinetta piena di brioche, allora via anche alle colazioni: “Facciamo quattro ore la mattina e quattro tra pomeriggio e sera”.


Il turno mattutino spetta a Simonetta e a un’altra socia, Alessandra. Le altre due socie ci saranno al pomeriggio. I tre dipendenti, invece, sono in cassa integrazione: “Ovviamente non vengono licenziate, ma non solo perchè non si può- sottolinea Simonetta- ma perchè è il nostro patrimonio lavorativo, sperando che un domani possano lavorare di nuovo con noi e ci teniamo molto a questa cosa”.

Intanto, come va con l’apertura parziale? “Si muove qualcosa, però diciamo che non siamo neanche un decimo di quello che facevamo prima come incasso. Poi vediamo, secondo me anche le persone si devono abituare, perchè questa sarà la modalità”, allarga le braccia la barista.















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All’ingresso del bar c’è un tavolino con prezzi e disinfettante, lì si prende la consumazione e si paga, senza entrare. All’interno del locale, invece, ci sono solo i “clienti virtuali”, come li chiama Simonetta: cioè le foto degli avventori più affezionati posizionati sulle sedie davanti al bancone. Ai clienti veri, intanto, “bisogna dire sempre ‘mi raccomando, non potete prendere il caffè appoggiati al dehor‘, perchè c’è questa limitazione- continua Simonetta- e il decreto dice ‘non in prossimità del locale’, però non dà una metratura, è una misura labile che non si capisce bene”.

Poi, certo, “ci sono persone che hanno più paura e persone che ne hanno meno– racconta Simonetta- però insomma hanno comunque voglia di un caffè o di una brioche buona. E anche di fare due chiacchiere, quello è il problema, perchè in realtà tu non li puoi intrattenere”.

E non è semplice ridurre al minimo le interazioni: “Questo quartiere è come se fosse un piccolo villaggio, quindi ci conosciamo tutti, da anni, noi sono già più di 15 anni che siamo qui. Però cosa vuoi fare? Non possiamo tirarci indietro, non abbiamo assolutamente nessuna intenzione di restituire le chiavi a nessuno, il nostro locale è il nostro locale, ce lo siamo sudato. Oltre che investire i soldi abbiamo investito molto del nostro lavoro, della nostra vita”.

Le socie di “Miky e Max”, quindi, non hanno aderito alla protesta che la scorsa settimana ha visto alcuni gestori consegnare simbolicamente le chiavi delle attività al sindaco Virginio Merola. Però “abbiamo creato una pagina Facebook– segnala Simonetta- per cercare di riunire il più possibile tutti i commercianti, ma anche la clientela e i cittadini, per sensibilizzare il Comune e farci dare più spazi esterni”.

Il Comune “non può pretendere che noi paghiamo per un dehor la cifra che pagavamo prima“, continua la barista: “Nel nostro, ad esempio, ci sta un tavolino in sicurezza: se si siede una persona da sola a leggere il giornale, non si può fare più niente”. Nell’appello pubblicato sulla pagina “Freedehors”, si legge: “Ci rendiamo tutti conto della necessità di adottare sistemi di distanziamento e disinfezione dei locali e siamo i primi ad impegnarci a far rispettare queste misure perché crediamo che siano importanti per la salute dei clienti e del personale delle attività. Detto questo bisogna però fare anche i conti con la realtà. E la realtà è che al momento le condizioni non permettono ai gestori o ai proprietari dei locali di mantenere in vita le loro attività senza tagli drastici del personale“, perchè le misure di distanziamento “portano un locale a servire il 25% dei potenziali clienti. Ciò ovviamente si traduce nella perdita del 75% delle entrate”. Queste, quindi, le richieste: ampliamento dei dehors “con permessi concessi in tempi brevissimi“, sospensione della tassa sui dehors “almeno fino alla fine dell’anno” e infine “contributi dal Comune alle attività di serving affinché possano predisporre efficacemente un servizio sia nei dehors e che all’interno dei locali”.

Nell’appello si riconosce che il Comune già “si sta muovendo verso l’ottica di concedere spazi più ampi per i dehors e questo ci rallegra, ma sappiamo anche che se le cose non vengono fatte il più in fretta possibile, snellendo quei passaggi burocratici che ti obbligano ad aspettare mesi per ricevere i permessi”, il rischio è che nei prossimi mesi le chiusure dei locali non saranno dovute alle ordinanze ma “all’impossibilità di mantenere economicamente in piedi queste attività”.

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