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Giovani medici, l’85% lavora prima dei 28 anni. Ma tra Nord e Sud c’è un abisso

Confermati alcuni mali cronici del mercato di lavoro italiano: ci sono ben tre punti percentuali di scarto tra gli uomini e le donne occupate

Pubblicato:04-05-2016 10:11
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:40

Sanita_medici_dottori
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Sanità_medici_dottoriROMA  – Il percorso che i giovani medici devono affrontare in Italia, nel passaggio dalla formazione all’occupazione stabile, spesso è tortuoso e accidentato. Nonostante questo, per inclinazione ai valori, capacità di dialogo con i pazienti, entusiasmo e dedizione, sono punti di riferimento nelle comunità nelle quali sono inseriti. È quanto emerge, in estrema sintesi, dall’indagine sui camici bianchi under 40 intitolata ‘Chi ci curerà nel 2020?’, realizzata dall’Ois (Osservatorio internazionale della Salute) in collaborazione con l’Ordine dei Medici di Roma, insieme a Fimmg Roma, Cimo e Consulcesi, e presentata oggi nella Capitale presso il ministero della Salute.

L’indagine è stata condotta attraverso un breve questionario online, autosomministrato, inviato a tutti i medici con più di 25 e meno di 40 anni di età; il disegno della rilevazione ha previsto quindi l’estrazione di un campione di circa 800 rispondenti (corrispondente a una frazione sondata pari a circa il 10%). I medici intervistati sono composti per il 56,3% di donne e il 43,7% di uomini; il 20,1% di età inferiore ai 30 anni, il 42,5% di età compresa tra i 31 e i 35 anni e il restante 37,4% di medici tra i 36 e i 40 anni. “Nell’ultimo anno- si legge nell’indagine- fra coloro che ne avevano titolo, hanno svolto un’attività medica retribuita l’85,1% degli intervistati, il 32,1% di essi hanno indicato almeno due occupazioni diverse. Il 20,9% ha lavorato presso un ambulatorio privato; il 17,5% ha fatto sostituzioni di medicina generale; il 19,2% è un ospedaliero del Ssn; il 16,5% ha lavorato in una clinica privata; l’11% è un medico ospedaliero in una struttura convenzionata; l’8,7% ha avuto incarichi di guardia medica; l’8,9% ha svolto attività medica sul territorio per il Ssn. Infine, il 4,7% dei medici ha lavorato all’estero”. Escludendo gli specializzandi, la maggior parte degli intervistati (58,4%) indica poi di aver cominciato a svolgere un’attività medica retribuita, anche precaria, entro i 28 anni. L’età si innalza di quasi un anno per le donne e supera i 29 anni per i medici del Mezzogiorno.

“Il 23,2% degli intervistati- emerge ancora dall’indagine Ois- nel corso dell’ultimo anno hanno svolto anche attività non mediche retribuite: ciò accade soprattutto fra gli uomini (27,7%) e tra i residenti nel nord (30,1%). Le docenze (15,6%), in particolare, appaiono soluzioni-ponte per superare le difficoltà di una condizione occupazionale precaria e sono particolarmente frequenti fra i maschi (19%) e tra i residenti nel nord (20,4%). Il 79,6% dei medici aspira a un lavoro che valorizzi la propria specializzazione; la quota sale all’82,1% tra le donne e all’83,1% nei residenti delle regioni del centro. Questa prospettiva è meno sentita tra i più giovani: la indicano infatti il 71,3% degli intervistati. Elevata anche la percentuale (77,1%) di coloro che hanno tra i propri obiettivi professionali il lavoro in ospedale. Tra le donne, questa aspirazione è più alta: 78,9%, supera il 78,5% tra gli over 30 e raggiunge l’81,8% tra i medici del centro”. I giovani medici manifestano anche una buona propensione alla ricerca scientifica e alla divulgazione medica: secondo l’indagine, indicano queste inclinazioni rispettivamente “il 50,8% e il 40,5% degli intervistati. Gradirebbero svolgere attività di ricerca scientifica il 52,6% delle donne, e i medici più giovani (56,4%). La divulgazione medica è una preferenza espressa maggiormente dagli uomini (il 43%), mentre è meno sentita dagli over 35, tra i quali la indicano il 36,7% degli intervistati. I medici residenti del Mezzogiorno sono infine i più interessati alla medicina divulgativa: scelgono infatti questa attività- conclude l’indagine Ois- il 43,1% di coloro che risiedono al sud”.


E’ marcato il divario di giovani medici occupati tra nord e sud: lavora il 92% di quelli residenti nelle regioni settentrionali, mentre il valore scende all’83,8% al centro e si abbassa ancora di più nel sud, raggiungendo il 76,4%. I medici residenti al nord e nel Mezzogiorno lavorano più frequentemente in un ospedale del Ssn (35,4% e 30,6% rispettivamente) e quelli del centro presso ambulatori privati (23,4%). La maggior parte dei camici bianchi comincia a lavorare entro i 28 anni, ma in proporzione diversa a seconda della geografia: il 70,9% di quelli del nord e il 56,1% di quelli del centro, mentre solo il 40% di quelli del Mezzogiorno hanno avuto questa possibilità.

“Tra i residenti al sud- si legge nell’indagine- si trova invece la quota più alta dei camici bianchi che hanno svolto attività retribuita in una organizzazione non profit (9,7%) e che hanno svolto attività di volontariato (58,3%, contro il 39,8% del centro e solo il 33,6% nel nord). Ritengono opportuna una formazione sulle regole deontologiche il 95,6% dei medici del nord, il 91,7% di quelli del Mezzogiorno, l’86,3% dei medici del centro. Tra i medici del nord, più del 91% hanno una polizza assicurativa. Questa condizione scende all’88,5% tra quelli del centro e all’84,7% tra i medici del Mezzogiorno. La percentuale maggiore di medici interessati a intraprendere un’attività professionale si registra infine al centro (75,2%)- conclude la ricerca Ois- seguono quelli del nord (59,3%) e del Mezzogiorno (58,3%)”.

Anche tra i giovani medici si confermano alcuni mali cronici del mercato di lavoro italiano: ci sono infatti ben tre punti percentuali di scarto tra gli uomini e le donne occupate (86% a 83%) e oltre 4 punti rispetto alla quota di medici che sperimenta un ingresso precoce nel mercato del lavoro. Ben più della metà delle giovani dottoresse (il 59,9%) ha cominciato a lavorare entro i 28 anni; il confronto con i colleghi dell’altro sesso, tra i quali la stessa quota si attesta al 64,3%, mostra però che le donne hanno tempi di inserimento più lunghi che penalizzano i percorsi di vita personale e le scelte di maternità. È quanto emerge dall’indagine sui camici bianchi under 40 intitolata ‘Chi ci curerà nel 2020?’, realizzata dall’Ois (Osservatorio internazionale della Salute) in collaborazione con l’Ordine dei Medici di Roma, insieme a Fimmg Roma, Cimo e Consulcesi, e presentata oggi nella Capitale presso il ministero della Salute. “Un quinto delle giovani donne medico- si legge nell’analisi- lavora presso un ambulatorio privato, mentre il 16,5% presso un ospedale del Ssn. L’11,6%, pur non essendo occupato attualmente, ha svolto in passato un’attività medica retribuita. Inoltre, il 15,4% delle intervistate ha svolto attività di docenza in corsi di formazione”.

Fra le vocazioni professionali che riscuotono maggiore consenso fra le donne, risaltano l’impegno ospedaliero (79%) e la ricerca (53%). Molto spiccata la sensibilità per i temi dell’etica e della deontologia: la stragrande maggioranza delle femmine, il 92,6% (contro l’85,5% dei maschi), ritiene infatti che i laureati in medicina dovrebbero ricevere una formazione specifica sulle norme etiche e deontologiche. “Se la quota di donne coperte da una polizza assicurativa- prosegue ancora l’indagine Ois- per i rischi legati alla responsabilità civile nell’esercizio della professione (88,4%) è superiore, anche se di poco, a quella degli uomini (86,4%), solo il 2,8% delle femmine, contro il 6,3% dei maschi, hanno dovuto ricorrere all’assicurazione per il risarcimento di un danno”. Fra le donne emerge infine una particolare propensione all’iniziativa professionale: il 73% delle femmine (contro il 65% dei maschi) sarebbe interessata ad avviare un’attività professionale qualora fosse sostenuta da un programma finanziario agevolato.

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