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Iannelli (Favo): “Sì alla legge sul diritto all’oblio per malati di cancro”

Ex malati esclusi da servizi e tutele giuridiche che spettano alle persone sane

Pubblicato:04-03-2022 14:53
Ultimo aggiornamento:04-03-2022 14:55

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ROMA – Diritto all’oblio per i malati di cancro. L’agenzia Dire ne ha parlato con Elisabetta Iannelli, segretario avvocato e segretario generale della Federazione italiana delle associazioni di volontariato in oncologia (Favo).

Cos’è il diritto all’oblio per i malati di cancro?

“Su circa 3 milioni e mezzo di persone che hanno avuto una diagnosi di cancro nella loro vita e che attualmente vivono in Italia, circa 900mila possono dirsi guarite, ovvero non presentano un rischio aggiuntivo salute rispetto ad una persona cosiddetta ‘sana’. Manca, tuttavia, in medicina una definizione univoca della guarigione dal tumore, presupposto necessario affinché il medico possa certificare che l’ex malato è clinicamente guarito. In mancanza di ciò, alla guarigione clinica non consegue, effettivamente, la guarigione sociale ed il superamento di ogni forma di stigma o discriminazione legati al cancro. All’ex malato viene precluso l’accesso a servizi o a tutele giuridiche e diritti che spettano alle persone sane: ad esempio, assicurazioni e mutui non vengono concessi a causa della pregressa esperienza del cancro, anche se conclusa. In particolare, si parla di diritto all’oblio per l’accesso alle assicurazioni, in particolare alle polizze sulla vita. Quando si chiede ad una compagnia di essere assicurati sul rischio morte, si dovrà compilare un formulario anamnestico con le notizie sulla propria condizione di salute. All’ex malato di cancro, anche se guarito, a causa della patologia oncologica, anche se pregressa, l’assicurazione negherà la copertura assicurativa. Con il ‘diritto all’oblio’, invece, viene stabilito per legge che, dopo un certo numero di anni dalla guarigione (in base al tipo di tumore e una serie di parametri che saranno stabilito dalle norme), la persona ha diritto ad una assicurazione senza esclusioni o condizioni limitanti, perché non deve nemmeno dichiarare la precedente malattia oncologica. In alcuni paesi europei sono già state approvate leggi per il diritto all’oblio, che stabiliscono di non considerare più paziente oncologico chi ha avuto un tumore solido in età pediatrica, dopo 5 anni dal termine delle cure e per i malati di tumore solido in età adulta, dopo 10 anni dal termine delle cure. In alcuni casi il lasso di tempo è anche inferiore, in altri potrebbe anche essere maggiore: è il caso, ad esempio, del tumore al seno metastatico, che non può essere guarito normalmente se non dopo 20 anni, un lasso di tempo importante”.


Da dove risulta che una persona è stata paziente oncologico?

“In caso di richiesta di copertura assicurativa è l’interessato a dover dichiarare la propria condizione di salute, su richiesta dell’assicurazione stessa. In caso di omissione o di incompleta dichiarazione, l’assicuratore, al verificarsi del sinistro, potrebbe rifiutare il risarcimento. Tra gli obiettivi della legge sul diritto all’oblio c’è anche quello che, trascorso un certo numero di anni dalla fine dei trattamenti antitumorali e certificata la condizione di guarito dal cancro, l‘assicuratore non possa chiedere notizie sulla pregressa patologia e l’ex malato non sia tenuto in alcun modo a dichiarale“.

Tutto questo riguarda solamente il campo assicurativo?

“Ci sono altri ambiti. Va fatta una valutazione molto attenta a seconda del contesto, delle finalità per cui è richiesta una valutazione delle condizioni di salute della persona che ha affrontato un tumore. Ad esempio, se si parla della possibilità di adottare un figlio dopo un cancro, non è necessariamente rilevante il tema della guarigione, poiché l’idoneità all’adozione si fonda sulla condizione di salute per cui l’aspirante genitore adottivo non deve trovarsi in imminente pericolo di vita. Questo significa che se la patologia oncologica non è guarita ma è cronicizzata, sotto controllo anche grazie a trattamenti prolungati, non vi devono essere impedimenti all’adozione. In questo caso la valutazione non è relativa allo stato di malattia, quanto ad un rischio di salute grave ed imminente. Tra l’altro, tornando proprio all’esempio del tumore metastatico, poiché la condizione di guarigione è possibile, ma è certificabile dopo 20 anni, va da sé che l’adozione viene di fatto negata, perché si tratta di un lasso di tempo troppo lungo per donne che magari hanno avuto la diagnosi a 30 anni. Se si disciplina il diritto all’oblio senza fare questi distinguo di contesto (assicurazioni versus adozioni ad esempio) si rischia di creare condizioni di discriminazione e di diritti negati. E ancora, le esigenze di tutela in ambito lavorativo sono ancora altre. Una persona libera da malattia ha comunque necessità di fare dei controlli di follow up per molti anni ed ha bisogno di assentarsi dal lavoro perché si tratta di controlli salvavita necessari ad intercettare e trattare precocemente una possibile ripresa di malattia. Addirittura, questo tipo di esigenza sul lavoro ce l’hanno anche persone sane, che essendo portatrici di mutazioni genetiche sono a rischio di sviluppare una malattia oncologica. Poiché per queste persone ‘mutate, ma sane’ il rischio di ammalarsi è molto alto, viene avviato ad un programma di controlli ravvicinati che richiedono una serie di esami diagnostici cadenzati nel corso degli anni con la conseguente necessità di assentarsi dal lavoro per effettuare i controlli. Queste persone sono sane, non si parla di guarigione, ma di fatto hanno necessità di tutele giuridiche sul lavoro come se fossero malate”.

In Italia esiste una legge che regoli questa tematica?

“No, non esiste ed è il motivo per cui stiamo ragionando per far sì che venga approvata una normativa sul diritto all’oblio oncologico analoga a quella vigente in Belgio, Francia, Lussemburgo, Olanda e Portogallo. D’altronde anche l’Europa ce lo chiede, poiché sia la Mission on Cancer che lo Europe’s Beating Cancer Plan della Commissione europea hanno indicato fra le azioni da realizzare a livello delle singole nazioni, l’adozione di una normativa ad hoc per il diritto all’oblio”.

Perché è così importante regolamentare questa materia?

“È anche un modo per superare uno stigma che rimane altrimenti addosso a chi ha avuto una malattia oncologica. Perché sostanzialmente significa ritornare ad essere una persona considerata ‘sana’, anche nella vita sociale ed è per questo che sostengo da sempre che alla guarigione clinica deve seguire la guarigione sociale. Voglio, però, sottolineare che per poter arrivare a questo c’è un passaggio che ancora manca, anche in Italia: quello relativo alla riabilitazione oncologica, una riabilitazione a 360 gradi: fisica, psicologica, nutrizionale, sessuale, e che preveda azioni attive anche per il reinserimento sociale e lavorativo. Una serie di attività riabilitative che, completato il ciclo di cure attive antitumorali, consentono all’ex paziente di ritrovare una rinnovata normalità che lo mantenga nel ciclo sociale e produttivo. Altrimenti il diritto all’oblio rischia di essere una scatola vuota. Se la persona che si è ammalata di cancro, completate le cure ed in assenza di evidenza di malattia, sconfitto il tumore, perde il lavoro a causa delle prolungate assenze per sottoporsi alle cure o ai controlli, certamente non penserà ad acquistare una polizza assicurativa per un mutuo, non ne avrà la possibilità. È necessario, quindi, garantire una reale, effettiva e piena riabilitazione a tutti gli effetti. Attualmente il nostro sistema sanitario, che è uno dei migliori per quanto riguarda le cure oncologiche gratuite, di fatto non contempla un servizio di riabilitazione specifica oncologica a 360 gradi. E finché non sarà inserita nei Livelli essenziali di assistenza (LEA) i malati non potranno usufruirne’.

In cosa consiste la campagna ‘Io non sono il mio tumore’?

“È sostanzialmente una raccolta di firme promossa dalla Fondazione Aiom e condivisa dalle associazioni dei pazienti, tra cui la Favo, la Federazione italiana delle Associazioni di Volontariato in Oncologia che raggruppa oltre 500 associazioni di malati e che sostiene con forza il principio nella necessità di assicurare la riabilitazione oncologica. La campagna è finalizzata ad ottenere una disciplina normativa per il diritto all’oblio oncologico, così come in alcuni paesi europei“.

Cos’è il codice 048 e come si inserisce nel diritto all’oblio per i malati di tumore?

“Il codice 048 indica l’esenzione dal ticket legato alla patologia oncologica e viene riconosciuto dalla ASL su richiesta della persona cui è stato diagnosticato un cancro. Il codice 048 consente l’esenzione dal pagamento del ticket per farmaci, visite ed esami appropriati per la cura del tumore e delle eventuali complicanze, per la riabilitazione e per la prevenzione degli ulteriori aggravamenti”.

Formulare una richiesta di diritto all’oblio non rischia di scontrarsi con il codice 048?

“Sì, è una domanda interessante. Questo aspetto va valutato, come va valutato anche il discorso relativo alla disabilità oncologica, alla tutela sul lavoro, all’idoneità all’adozione, perché ognuno di questi contesti va considerato per le specifiche esigenze di tutela e per le specifiche finalità. Se lo 048 è collegato alla cura del tumore ed alla prevenzione precoce di possibili progressioni o recidive della malattia oncologica, normalmente lo 048 viene riconosciuto per 10 o 20 anni dalla diagnosi. Andrà sicuramente fatta una riflessione attenta, per non metterlo in contraddizione con il diritto all’oblio. In realtà il diritto all’oblio negli altri paesi è specificatamente declinato per il problema assicurativo. Nasce infatti dall’esigenza degli ex malati di accedere anche a mutui e finanziamenti per i quali viene richiesta come accessoria, anche se non è obbligatoria, una garanzia di tipo assicurativo. Con la Favo sono anni che lavoriamo su questo tema, approfondendo la questione con l’Ania, l’Associazione nazionale delle imprese assicurative, segnalando la problematica e segnalando soprattutto che, al di là dell’oblio per i guariti dal cancro, andrebbero valutate anche le condizioni intermedie tra malattia e guarigione che sono naturalmente in continuo, progressivo divenire e per le quali le soluzioni possibili in ambito assicurativo potrebbero consistere, ad esempio, nella temporanea maggiorazione del premio assicurativo, in presenza di un rischio di salute ancora alto (ad esempio a pochi anni dalla diagnosi) con la successiva, progressiva diminuzione del premio al pari della riduzione del rischio di ripresa di malattia che diminuisce con il passare degli anni, fino ad azzerarsi al momento in cui sarà possibile certificare la guarigione e quindi l’oblio. L’altra soluzione, forse meno praticabile, è quella di escludere dal rischio assicurato le conseguenze collegate alla patologia oncologica. Ma si tratta di una soluzione decisamente a più alto rischio di contenzioso tra cliente ed assicurazione”.

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