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“Liberaci dalla pandemia”: il vescovo di Reggio Emilia lancia l’invocazione collettiva

Massimo Camisasca ha scritto una preghiera che sarà diffusa il 18 marzo in tutte le 250 parrocchie della provincia: "Consapevoli che la scienza non detiene le chiavi ultime della vita: esse stanno in Dio"

Pubblicato:04-03-2021 15:45
Ultimo aggiornamento:04-03-2021 15:45

vescovo reggio emilia Massimo Camisasca
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REGGIO EMILIA – “Conduci a te i nostri cuori e liberaci dalla pandemia”. È il passaggio chiave di una preghiera scritta dal vescovo di Reggio Emilia, Massimo Camisasca, che sarà diffusa in tutte le 250 parrocchie della provincia e alle famiglie della Diocesi reggiana, per dare vita ad una campagna collettiva di invocazione per la fine dell’emergenza sanitaria. Inizierà il 18 marzo, giornata nazionale in memoria delle vittime del Covid, con l’annuncio ufficiale del vescovo durante la messa in cattedrale (alle 18) celebrata alla vigilia della festa di San Giuseppe. Per l’inedita iniziativa, Camisasca, augurandosi che altri ne seguano l’esempio, ha tratto spunto da due distinte circostanze. La prima è una lettera ricevuta da un ingegnere di Correggio, che ha “girato” al vescovo la domanda “ispirata” ricevuta dal figlio di 10 anni: “Perché non pregano tutti per far finire il Covid?”. Se poi la campagna di preghiera di Reggio Emilia risulta oggi un unicum nel panorama nazionale, esiste però un precedente. Carlo Macchi, vescovo della città del Tricolore nel 1870, promulgò infatti un editto invitando i fedeli alla supplica dopo una tremenda alluvione che aveva squassato il territorio.

Per recitare la preghiera, Camisasca suggerisce quattro momenti della giornata: al mattino appena svegli, prima di dormire, e all’inizio del pranzo o della cena. Ma puntualizza: “La preghiera non è un fatto magico. Non è pregando di più che il Covid finirà prima. È una sollecitazione che il fedele fa a Dio pur non conoscendone il disegno e non sapendo quale conversione nei nostri cuori voglia operare”.

E proprio di un mutamento delle coscienze c’è ora bisogno per Camisasca, come vaccino spirituale alla pandemia che ha generato “disaffezione verso la Chiesa” e fornito a molti fedeli “una ragione sufficiente per allontanarsi dalla catechesi e dalla celebrazione eucaristica”. In più, prosegue il vescovo, “si è insinuata nelle nostre menti una forma subdola di materialismo ateo che ci ha fatto rivolgere alla scienza come all’unico approccio possibile per l’affronto del male”.


Pertanto, “mentre rinnoviamo il nostro grazie agli scienziati e ai ricercatori e li invitiamo a continuare nella loro opera, siamo assieme consapevoli che la scienza non detiene le chiavi ultime della vita: esse stanno in Dio, nostro Padre, che segue, guida e corregge la nostra esistenza”. Non “sappiamo quando questa pandemia terminerà. Ora sta passando di mutazione in mutazione. Speriamo che le vaccinazioni, che hanno subito rallentamenti, possano in futuro essere decisive”, conclude quindi Camisasca.

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