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Bottazzi nominata candidata Nobel per la pace grazie a un vaccino ‘per il mondo’

La scienziata: "Superare gap per accesso, così avremo impatto anche nei Paesi ricchi"

Pubblicato:04-02-2022 11:45
Ultimo aggiornamento:04-02-2022 19:08

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ROMA – Maria Elena Bottazzi è una ricercatrice nata in Italia, a Genova, ha vissuto in Honduras ed oggi è microbiologa, co-direttrice del Centro per lo Sviluppo di Vaccini del Texas Children’s Hospital e Baylor College of Medicine, istituzioni private e senza scopo di lucro a Houston. Insieme al suo team ha prodotto un vaccino contro il Covid, attualmente autorizzato in India, con una efficacia del 90% contro le varianti Beta e Delta. Ma soprattutto si tratta di un vaccino senza brevetto, ossia riproducibile in tutto il mondo in grandi quantità e a bassissimi costi.

Un grande aiuto per i Paesi poveri che combattono contro la pandemia. Per questo la deputata Lizzie Fletcher ha nominato per la candidatura al Nobel per la Pace lei e il suo collega Peter Hotez. La Dire l’ha intervistata.

Dottoressa Bottazzi, intanto complimenti per la sua nomina alla candidatura per il premio Nobel per la Pace. Come si sente dopo questa notizia?


“Lo shock c’è ancora e sono molto emozionata. Da 20 anni lavoro insieme a Peter (Hotez, ndr) su questo concetto di realizzare tecnologie che non siano solo prodotti, ma che vengano anche utilizzate per risolvere tanti problemi di salute mondiale. Ci sentiamo molto privilegiati a dire la verità”.

– Insieme al suo team ha sviluppato un vaccino contro il Covid, il Cobervax, come è stato chiamato in India. Ce ne può parlare?

“Si tratta di un vaccino basato su una tecnologia molto convenzionale, già utilizzata in altri vaccini come quello contro l’epatite b, a base di proteine prodotte in laboratorio con ‘processi vegani’, chiamiamoli così, e usiamo cellule di lievito per produrle. Da circa 10 anni lavoriamo sui coronavirus e sapevamo che ci sarebbe stata una buona possibilità che questi vaccini fossero efficaci, sicuri, con la possibilità di produrne in gran quantità e ovviamente a basso costo”.

– Lei prevede che il vaccino sarà approvato a breve anche in Indonesia, Bangladesh e Botswana. Corbervax, secondo lei, può essere la svolta per sconfiggere il Covid-19 a livello mondiale, colmando così il divario di accesso ai vaccini?

“Noi speriamo che attraverso il nostro partner indiano “Biological E” si possa provvedere non solo all’India, ma anche esportare il vaccino in altri Paesi. Ora stiamo aspettando le autorizzazioni globali. Nel frattempo, però, stiamo anche lavorando in parallelo col Bangladesh e l’Indonesia affinché anche loro possano fare altre versioni di questo vaccino, chiamandolo come loro decideranno, ma usando sempre la nostra tecnologia e la nostra idea. Bisogna chiudere questo gap nel mondo per l’accesso ai vaccini contro il Covid-19”.

– ‘Un vaccino antiCovid per il mondo’, così è stato ribattezzato, quindi un vaccino con costi molto ridotti, di facile produzione e che produce un’alta immunità. È così?

“È così. La speranza, in effetti, è che si possa offrire una tecnologia da produrre anche sul luogo dove c’è bisogno. Normalmente la produzione è delle multinazionali, ma il fatto che questo vaccino si può produrre in grandi quantità, con profili di efficacia e sicurezza buono, consentirà di farlo arrivare anche alle popolazioni che hanno ancora dei dubbi sui vaccini. Vedremo se riusciremo a farlo”.

– Il vaccino ha un’efficacia superiore al 90% rispetto al coronavirus originario di Wuhan e superiore all’80% per la mutazione Delta. Ma contro Omicron?

“Stiamo facendo degli studi. Il problema è che uno comincia a fare questi studi, ma poi quando si arriva al termine arriva un’altra variante e allora corriamo sempre dietro a questo virus. Questo è il motivo per cui stiamo cercando di incrementare globalmente l’accesso a questi vaccini, perché se vi sono tanti luoghi dove la popolazione non è vaccinata o lo è solo parzialmente continueranno a nascere queste varianti. Ma siamo ottimisti che possa essere efficace anche con Omicron, perché ha una efficacia molto alta contro Delta e Beta che erano varianti un po’ preoccupanti. Però oggi Omicron è qui, domani probabilmente non ci sarà più, ma potrebbe esserci una nuova variante. Per questo dobbiamo correre a vaccinare più gente possibile”.

– Avete deciso di non sottoporre a brevetto questo vaccino. Quali saranno gli effetti di questa scelta?

“Questa decisione fa parte da sempre della ‘mission’ del nostro centro, che da anni lavora su vaccini per malattie trascurate. Non c’è quindi bisogno di brevettare se vogliamo che questa tecnologia arrivi nei Paesi dove potranno produrla autonomamente e magari questo diventerà un modello per incentivare altri a produrre non solo vaccini contro il Covid, ma anche per le malattie normalmente trascurate. Siamo ottimisti”.

– Quanto è importante, secondo lei, aiutare in questa pandemia i Paesi poveri?

“È molto importante, perché altrimenti non riusciremo mai ad uscire da questo circolo di varianti. Se non risolviamo questa situazione, aiutando gli altri, certamente avremo un impatto anche nei Paesi ricchi”.

– Quante dosi saranno necessarie per immunizzare il mondo?

“Due dosi sono la base di tutti i vaccini. Vale anche per il nostro, anche se ha dimostrato una risposta robusta dopo i 6 mesi, però è probabile ci sia bisogno di una terza dose. Sarebbe poi ideale un rinforzo anche per coloro che hanno ricevuto la terza dose, perché con i vaccini proteici si potrà avere una risposta più forte che consentirà di proteggersi più a lungo e bloccare le varianti. Bisognerà poi incrementare l’accesso ai vaccini per la popolazione pediatrica. Peraltro stiamo lavorando allo sviluppo di un vaccino universale pronto per un eventuale e futuro Coronavirus”.

Lei è nata in Italia, a Genova, ha vissuto in Honduras e ora negli Stati Uniti. Quanta parte di italianità c’è in questo vaccino e nella scelta di non sottoporlo a brevetto?

“Nel nostro centro siamo una ‘United Nation’ da tutti i Paesi, compresa l’Italia. Il nostro veramente è un vaccino per il mondo che porta con sé il cuore di tanti Paesi. Speriamo che questo serva anche ad incentivare i giovani a studiare, sperando che la futura generazione punti a risolvere i tanti problemi che abbiamo nel mondo”.

– Intanto, sembra che il peggio sia passato. Come vede l’evolversi della pandemia?

“A dire la verità non sono tanto sicura che il peggio sia passato. Vedremo. Sembra ci sia una sorta di ciclo, prima il virus si riduce ma poi arriva una nuova variante. Non sono certa che se continuerà ad esserci tanta iniquità nel mondo, quando sparirà Omicron, non arriverà una nuova variante. Per questo dobbiamo continuare a produrre vaccini e assicurarci che arrivino alla gente che ne ha bisogno”.

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