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Vagin, il gin bolognese contro gli stereotipi che ha stravolto il buoncostume

Pubblicato:04-02-2021 12:26
Ultimo aggiornamento:06-02-2021 13:44

gin vagin bologna
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Foto e video di Davide Landi

BOLOGNA – Una base di forte ironia, un pizzico di pepe, qualche cc di voglia di abbattere gli stereotipi di genere, inventiva a riempire. È questa la ricetta di ‘Vagin’, il gin ‘made in Bologna’, creato da una coppia di giovani creativi.

Lei, la 26enne Francesca Fiumara, durante il primo lockdown ha perso il lavoro nella ristorazione, si è laureata in Semiotica all’Alma Mater (via Skype) e ha deciso di mettersi alla prova creando il suo primo ‘brand’. Lui, Tiziano Ballardini, 34 anni, lavora come commerciale in un’azienda locale. Entrambi hanno un passato da baristi, che ha lasciato loro l’idea di un ambiente “rigido e maschilista”. “Di qui- spiega Tiziano- la voglia di rovesciare un po’ quel mondo, entrando con ironia e divertimento, inneggiando alla libertà sessuale“.


L’idea è arrivata già nel 2019, ma è stata la pandemia a concedere ai ragazzi il tempo necessario per assaggiare le prove inviate loro dal distillatore modenese Samuele della distilleria Gavioli: “Tutto è nato dal nome, dall’idea che stava a monte- racconta Ballardini- volevamo portare un prodotto che avesse personalità, che non seguisse la tendenza del gin serio e di nicchia con l’ingrediente raro. Abbiamo deciso di produrre qualcosa che avesse un concetto alle spalle e siamo partiti dal nome, che è appositamente trash per portare un po’ di simpatia in questi locali così ‘tirati'”.

Il gin Vagin è stato distillato il 16 dicembre, ed è entrato ufficialmente in commercio a fine dicembre. In poco più di un mese ha riscosso un discreto successo sul sito www.ginshop.it e ha ricevuto recensioni positive sia sulla qualità del gin sia sull’originalità del brand, che è poi la creatura di Francesca. “La comunicazione nasce dall’idea di decostruire l’immagine del gin serioso, antico e londinese, legata anche alla figura maschile del barman hipster coi baffoni- racconta l’art director alla ‘Dire’- volevamo proporre qualcosa di avanguardistico e ironico, che spezzasse questa serietà ed elitarismo dei bar. Anche i collaboratori che abbiamo scelto per questa avventura sono tutti giovani, molte donne, per offrire un punto di vista fresco su un mondo molto serio e forse anche ‘dissonante’ rispetto all’idea di divertimento e baldoria”.

“I CANONI DEL BUONCOSTUME SONO OBSOLETI: ‘VAGINA’ NON È UN TERMINE DENIGRANTE”

La strada, però, non è stata tutta in discesa. Inizialmente Fiumara e Ballardini hanno avuto qualche problema nel far accettare il nome del loro gin: “In prima battuta ci è stata rifiutata la registrazione del marchio Vagin perché non rientrava nei canoni del ‘buoncostume’– racconta Francesca alla ‘Dire’-, canoni che francamente troviamo abbastanza obsoleti. Penso che nel 2021 si possa pronunciare tranquillamente la parola ‘vagina’, anzi, dovrebbe essere detta più spesso, piuttosto che altri termini più denigranti“. La coppia si è rivolta ad un avvocato per presentare ricorso, chiarendo innanzitutto che il prodotto era destinato ad un pubblico adulto. In seguito il legale ha raccolto tutti “i nomi diciamo ‘scabrosi’ di alcolici– racconta Fiumara- dalla birra Minchia, al vino Durello, fino alla Passerina. Se sono stati tutelati quei marchi, perché non il nostro?”. Dopo una battaglia giuridica durata un anno e mezzo i due ragazzi sono riusciti a conquistare il loro marchio, ufficialmente riconosciuto dallo Stato italiano.

“L’ispirazione della ricetta parte da una base classica– racconta Tiziano alla ‘Dire’-: ginepro dominante, sapore secco, pulito, non esagerato come aromi poiché ha solo cinque botaniche, quindi con un bilanciamento a favore del ginepro. Oltre alla genziana, l’ireos e la scorza d’arancia, l’ingrediente più particolare è il pepe rosa che dà un po’ il tratto distintivo legandosi al concetto di piccantezza, non tanto nel sapore che è solo un lieve calore alla fine, ma all’idea piccante del gioco di parole”.

Nel progetto sono stati coinvolti giovani creativi: come la ventenne Chiara Beltrame che si è occupata delle illustrazioni all’interno delle etichette, la fotografa Giulia Gerosa che ha realizzato scatti in stile La Chapelle, il musicista Roberto Grosso Sategna che musicato gli spot, il programmatore del sito Michelangelo Mastrorocco e il grafico Fabio Cicolani che ha creato il logo. Un’avventura imprenditoriale nata un po’ per caso e che sembra veleggiare verso il successo, ma “male che vada- dicono sorridendo Francesca e Tiziano- avremo un sacco di bottiglie di gin da berci”.

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