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L’appello dei familiari delle vittime della banda della ‘Uno Bianca’: “Riaprite il processo”

"Ci batteremo affinche' venga fatta piena luce sulle tante ombre che aleggiano su questa vicenda e a opporci ai vergognosi sconti di pena per coloro che si sono macchiati di crimini cosi' efferati"

Pubblicato:04-01-2020 12:44
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 16:48
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BOLOGNA – Riaprire le indagini sui crimini della Uno Bianca. Per arrivare finalmente alla verita’ definitiva sulla banda di ex poliziotti che insanguino’ Bologna, l’Emilia-Romagna e le Marche negli anni ’90. A chiederlo a gran voce sono le famiglie dei tre Carabinieri uccisi il 4 gennaio 1991 in zona Pilastro a Bologna, Mauro Mitilini, Andrea Moneta e Otello Stefanini.

“Noi familiari- si legge in una lettera diffusa oggi in occasione del 29esimo anniversario dell’eccidio- siamo determinati nel ricercare la verita’, anche se lontana e difficile da raggiungere, e auspichiamo una riapertura delle indagini”.

Secondo le famiglie dei tre Carabinieri, “un contributo in questa direzione potrebbe arrivare anche dalla preannunciata informatizzazione e pubblicazione degli atti processuali, cosi’ come avvenuto per altre vicende giudiziarie. Ci batteremo affinche’ venga fatta piena luce sulle tante ombre che aleggiano su questa vicenda e continueremo a opporci ai vergognosi sconti di pena per coloro che si sono macchiati di crimini cosi’ efferati”.


Il richiamo e’ anche alle istituzioni italiane, che “hanno il dovere di attivarsi per fare chiarezza su questi sette anni di terrore, perche’ le vittime della Uno bianca e i loro familiari hanno pagato un prezzo altissimo, che merita rispetto e giustizia”. La lettera e’ stata consegnata ai cronisti dal fratello di Mitilini, Ludovico, al termine della commemorazione di questa mattina a Bologna.

MADRE STEFANINI: ANCORA NON SAPPIAMO TUTTA LA VERITÀ

“Speriamo di sapere la verita’ vera sulla Uno Bianca, perche’ fino adesso penso che non l’abbiamo saputa”. A dirlo e’ la signora Anna Maria, madre di Otello Stefanini, uno dei tre Carabinieri uccisi al Pilastro di Bologna dalla banda della Uno Bianca il 4 gennaio 1991.

“Sono passati 29 anni, ma e’ come se non fosse passato niente- dice la signora Anna Maria, al termine della commemorazione di questa mattina al Pilastro- il mio dolore e’ sempre quello, anzi piu’ anni passano piu’ e’ peggio. Poi sentendo tutte queste cose: a quello gli danno i permessi, gli altri li hanno rimessi tutti insieme… mi piace che li hanno messi insieme, cosi’ quando escono la banda e’ riformata”.

La madre di Stefanini dice di essere “talmente stanca di aver parlato tanto in questi anni, ma non si e’ concluso niente. Forse perche’ ci sarebbe da vedere le cose alla radice. Mi auguro che il buon Dio ci aiuti in questo, io so solo che sono distrutta. Vado avanti con gli anni e prego di essere qui ogni volta che c’e’ l’anniversario”.

La signora Anna Maria spera dunque di arrivare a “sapere la verita’ vera sulla Uno Bianca, perche’ fino adesso io penso che non l’abbiamo saputa. La sanno solo quelli che sono in cielo e i Savi. Ma io penso che moriro’ senza saperla. Mi auguro almeno di sapere quello che e’ successo, perche’ e’ stato fatto. Uccidere ragazzi che in tre avevano 64 anni e’ una cosa a cui ancora adesso non posso pensare”.

Brucia anche il nuovo permesso premio accordato a Natale ad Alberto Savi, l’ultimo dei tre fratelli della banda. “E’ una cosa indecente che chi ha ucciso 24 persone e ne ha ferite 103 debba uscire con i permessi- commenta la signora Anna Maria- per me non dovrebbe esistere, anche se io sono cristiana e credente. Pero’ chi sbaglia deve pagare, specie perche’ anche loro indossavano una divisa. E a me hanno tolto la vita, la cosa piu’ preziosa che una mamma possa avere: un figlio. E’ una cosa che non puo’ passare mai”.

Della stessa idea e’ anche Rosanna Zecchi, presidente dell’associazione delle vittime della Uno Bianca. “Penso che questa non sia giustizia- afferma- dovrebbero vergognarsi di usufruire di questi permessi. Noi, per andare a trovare i parenti, dobbiamo andare al cimitero. Non vedo perche’ debbano sempre avere dei permessi premio, hanno fatto piangere troppa gente. Ne prendiamo atto, ma non perdoniamo”.

DE MARIA: FU EVERSIONE, APPROFONDIRE LE LORO AZIONI

Sulla banda della Uno Bianca occorre “approfondire il contesto di quelle azioni criminali, che assunsero un carattere eversivo e destabilizzante della convivenza civile e della stabilita’ democratica”. A dirlo e’ il deputato Pd Andrea De Maria, che questa mattina ha partecipato a Bologna alla commemorazione dei tre Carabinieri uccisi al Pilastro il 4 gennaio 1991 dalla banda dei fratelli Savi.

“Voglio confermare il mio impegno piu’ convinto a fianco dei familiari delle vittime- si schiera con loro De Maria- il modo migliore per onorare la memoria di chi e’ caduto e’ battersi per la giustizia. Quindi prima di tutto perche’ vi sia certezza della pena per chi si e’ reso responsabile di crimini cosi’ efferati. E poi per approfondire il contesto di quelle azioni criminali, che assunsero un carattere eversivo e destabilizzante della convivenza civile e della stabilita’ democratica, colpendo una comunita’ cosi’ importante per il Paese come quella di Bologna”.

Si stringe ai familiari anche il sindaco di Bologna, Virginio Merola. “Credo che le persone che hanno sofferto, che hanno passato dei Natali cosi’ difficili per questi delinquenti non potranno mai dimenticare- commenta il primo cittadino- resta il fatto che la giustizia in Italia e’ dovuta al nostro sistema democratico che sicuramente i criminali della Uno Bianca hanno disprezzato, ma di cui oggi godono anche i vantaggi”.

Merola quindi aggiunge: “Le leggi non si possono fare ad personam, ma sicuramente essere qui ogni anno, come comunita’, dimostra che siamo sulla strada giusta. Questa e’ giustizia”.

Durante la messa in ricordo dei tre carabinieri uccisi e’ intervenuto anche il generale Claudio Domizi, comandante regionale dell’Arma in Emilia-Romagna. “Siamo qui per dirvi ancora una volta che non ci dimentichiamo di voi- dice Domizzi rivolto ai familiari- che non ci siamo dimenticati di Mauro, Andrea e Otello. E non ci dimentichiamo di tutti quei berretti rimasti a terra, impregnati di sangue, di tanti servitori dello Stato che con coraggio hanno assolto fino al sacrificio il loro dovere. Mai li dimenticheremo”.

Domizi ringrazia poi il sindaco e “tutti i bolognesi che testimoniano la vicinanza all’Arma e ricordano quei tristi momenti, quella violenza assurda che si e’ rivolta verso tante vittime, che ricordiamo qui tutti insieme”. Il comandante regionale dell’Arma ringrazia quindi il questore vicario, presente alla funzione.

Con la Polizia di Stato, sottolinea Domizi, “condividiamo l’oneroso compito di vegliare sulla sicurezza dei cittadini e del controllo del territorio. Un’attivita’ che ci espone ad altissimi rischi, a tantissimi sacrifici e privazioni soprattutto delle famiglie, che si privano in qualche caso per sempre dei loro cari”.

Durante l’omelia il cappellano dei Carabinieri, don Giuseppe Grigolon, invita a cercare “un esempio della forza necessaria per sacrificarsi per le persone che amiamo. Uno spunto per essere e non per fare”. Don Grigolon aggiunge che “la giustizia va vissuta prima di tutto nella propria vita”, quindi conclude: “Su questo altare oggi ricorderemo il sacrificio di tanti di noi, un sacrificio che ha edificato la nostra comunita’ e la nostra vita”.

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