Come è possibile che Israele e Hezbollah continuino a sparare se c’è il “cessate il fuoco”?

L'analisi degli esperti al New York Times: "L'accordo va valutato dopo due mesi, non bisogna farsi influenzare dalle opposte denunce"

Pubblicato:03-12-2024 15:57
Ultimo aggiornamento:03-12-2024 16:42

Libano
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ROMA – Israele e Hezbollah continuano a sparare in Libano, come se mercoledì scorso non fosse entrato in vigore un faticosissimo quanto evidentemente friabile accordo per il “cessate il fuoco”. Nemmeno due giorni e i due fronti si rinfacciavano varie ed eventuali violazioni della tregua. Eppure nessuno dice che l’accordo sia saltato. Perché tecnicamente non lo è. Anzi: nonostante gli attacchi, secondo gli esperti potrebbe ancora reggere a lungo.

Secondo i termini dell’accordo, mediato da Stati Uniti e Francia, Israele ha 60 giorni per ritirare il suo esercito dal Libano, mentre Hezbollah dovrebbe ritirarsi a nord del fiume Litani, lasciando una zona cuscinetto nel Libano meridionale nel quale l’esercito libanese, che non è parte del conflitto, dovrebbe far rispettare la sicurezza. Il ritiro israeliano avverrà in fasi, i cui dettagli non sono ancora stati negoziati. I funzionari israeliani hanno ripetutamente affermato che durante questo periodo risponderanno a qualsiasi provocazione. 

Il New York Times ha parlato con un po’ di analisti. “Sono decenni che mi occupo degli accordi di cessate il fuoco in Libano e non c’è stato accordo di cessate il fuoco che non sia stato inizialmente violato”, dice Aaron David Miller, ex analista e negoziatore del Dipartimento di Stato per il Medio Oriente. La vera questione, suggerisce, è se le parti hanno la volontà di assorbire le violazioni e di dar prova di moderazione mentre superano la fase iniziale di 60 giorni. “Se si riesce a superare i 60 giorni senza che l’accordo crolli, allora si avrà una pausa strategica”.

Certo è che le iniziali rivendicazioni di infrazioni vicendevoli tradiscono tutta la fragilità dell’accordo, e la difficoltà di far rispettare gli accordi ai sensi del diritto internazionale in senso più ampio, dice Jennifer Kavanagh, direttrice dell’analisi militare presso Defense Priorities, un istituto di politica estera di Washington. Una cosa è firmare un accordo, tutt’altra è farlo rispettare.

Dalla sigla dell’intesa, Israele avrebbe violato il cessate il fuoco “oltre 50 volte”, come ha denunciato ieri il presidente ad interim del Parlamento libanese Nabih Berri. Intanto, l’ala armata del partito Hezbollah per la prima volta dal 27 novembre ha rivendicato in un comunicato il lancio di due missili contro le cosiddette Fattoria di Shebaa, località contesa tra Israele, Libano e Siria, motivandolo come “un ammonimento preliminare” che si sarebbe reso necessario in seguito alle “ripetute violazioni” dell’accordo. 

Il primo ministro israeliano, Benjamin Netanyahu, ha definito l’attacco di Hezbollah “una grave violazione del cessate il fuoco” e ha promesso che Israele “risponderà con forza”.

Nonostante il fuoco non sembri affatto cessato gli analisti concordano sul fatto che per ora tutte le parti coinvolte ritengono vantaggiosa una pausa. Il conflitto potrebbe non essere risolto a lungo termine, dice Miller, ma “non bisogna lasciarsi influenzare eccessivamente dai titoli quotidiani sulle violazioni. Gli impegni saranno misurati su un periodo di due mesi”.

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