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Nuovo processo per Lorena uccisa dal fidanzato, il papà: “Ma quale stress, mi aspetto giustizia”

Il papà di Lorena Quaranta, strangolata e uccisa dal fidanzato nel marzo del 2020, si aspetta giustizia dal nuovo processo ordinato dalla Corte di Cassazione per considerare lo 'stress da Covid' come attenuante. La sentenza arriverà il 27 novembre

Pubblicato:03-11-2024 10:15
Ultimo aggiornamento:03-11-2024 12:43
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ROMA – “Già da piccola era la colonna della casa e aveva il suo obiettivo che era la medicina. Mi affido alla Corte di Reggio Calabria, ai giudici popolari, alla presidente che è una donna, mi affido a loro per avere giustizia, per mia figlia e per tutte le donne“. A parlare è Vincenzo Quaranta, papà della ventisettenne Lorena brutalmente assassinata dal suo fidanzato Antonio De Pace, il 21 marzo 2020 a Furci Siculo, nel messinese nella loro casa.

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CHIESTI 24 ANNI DI CARCERE, SENTENZA IL 27 NOVEMBRE

Intervistato da Maria Grazia Mazzola per TV7, speciale del Tg1, il papà ripercorre la vicenda giudiziaria che ha portato la Cassazione, dopo 4 anni e mezzo dal femminicidio, a chiedere un nuovo processo per l’infermiere assassino, condannato in primo grado all’ergastolo dalla Corte d’Assise d’Appello di Messina: il rinvio è stato disposto al fine di considerare tra le attenuanti ‘lo stress da covid’, circostanza che ha provocato un’ondata di polemiche e dibattiti. La Procura generale di Reggio Calabria ha quindi chiesto 24 anni di carcere. La sentenza è attesa per il 27 novembre.


“LA GIUSTIZIA DEVE DARE UNA RISPOSTA”

Non era né malato mentale, né c’era alcuno stress. La sera lui usciva: ci sono tutti i WhatsApp, andava a giocare con la Play. La pena è che deve uscire e rifarsi la vita? E la vita che ha tolto?- incalza papà Quaranta- la giustizia deve dare una risposta. Voi donne lottate, ma la giustizia si deve fare“.
Lorena e il suo fidanzato convivevano, gli ultimi messaggi trovati sul cellulare della giovane denunciano comportamenti violenti: i pugni al vetro della macchina, “il senso di inferiorità” che lui sentiva, come ricostruisce il padre di Lorena, per essere infermiere e non medico. “Lei lo incoraggiava in tutto- ricorda- ha fatto tutto per lui”.

La tesi di Lorena “era già pronta” e anche lei come la povera Giulia Cecchettin la laurea la conseguirà da morta. Un parallelismo tra le due storie: uomini che coltivano rancore, che non si sentono all’altezza: “Perché spesso non accettano che le donne abbiano una posizione più avanzata e questo può appartenere a ogni categoria sociale”, denuncia il Procuratore della Repubblica di Tivoli, Francesco Menditto, intervistato da Mazzola.
Lorena Quaranta è stata strangolata, “lui ha stretto il collo per più di 3-4 minuti con furia ed efferatezza”, spiega l’avvocata della famiglia, Cettina La Torre. E poi le ha scagliato una lampada sul volto “fino a spezzarle i denti, mia moglie è svenuta quando siamo entrati nella casa dissequestrata”, dice papà Vincenzo.

I SEGNALI DI RISCHIO

Sono 90 i femminicidi dall’inizio del 2024 a oggi“, ricorda la giornalista, citando anche i recenti fatti della 13enne Aurora buttata giù dal balcone a Piacenza, femminicidio per cui il fidanzato 15enne è in carcere. E ancora Sara Centelleghe, massacrata a colpi di forbice dal vicino, anche lui arrestato.
È proprio Menditto a parlare di come nei processi emergano spesso storie di “controlli ossessivi, gelosia, ragazzini che chiedono selfie per verificare dove si trovi la fidanzata. O controllo degli scontrini della spesa. Se una sola volta mette le mani alla gola o dà uno schiaffo è un gravissimo fattore di rischio, soprattutto per le giovani”, sottolinea. “Il controllo del cellulare, dire ‘non cucini bene‘, ‘non sei una buona madre‘, che sentiamo spesso nei nostri processi, sono tutti segnali di rischio“.

“SERVE REATO AD HOC PER IL FEMMINICIDIO”

Secondo il Procuratore di Tivoli il femminicidio deve diventare un reato ad hoc: “I fenomeni criminali vanno nominati. Abbiamo iniziato a combattere la mafia quando dopo la morte di Pio La Torre è stata nominata con il 416 bis”. E’ sempre il Procuratore Menditto a denunciare che nei processi si assiste spesso a “una tendenza a giustificare l’autore del reato: è stanco, ha lavorato, ha una dipendenza dall’alcol: questo non è un buon governo delle norme del codice di procedura penale”. E così l’attenuante per stress da covid rischia ora di derubricare e scontare la condanna dell’infermiere assassino che ha ucciso brutalmente la sua compagna.
“Hai tolto qualcosa di bello alla famiglia, alla società, alla Nazione- denuncia Vincenzo Quaranta alla fine dell’intervista di Mazzola per lo speciale ‘Uomini o criminali’- la vera pena è l’ergastolo, per Lorena e per tutte le donne. Dove cammina una donna- dice ancora questo papà- dovete stendere un tappeto rosso, rispettarla, rispettate le donne e i bambini”.

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