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L’oceanografa spaziale: “Per innovare serve la mente aperta”

SPECIALE DONNE E SCIENZA | Marie-Héléne Rio, ingegnera, ha lavorato per vent'anni in Francia ed è ora in forze al centro Esa di Frascati

Pubblicato:03-11-2020 12:41
Ultimo aggiornamento:23-12-2021 15:47

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ROMA – Scruta i fondali e le acque dall’alto, intercetta le correnti marine e scrive la storia degli oceani in relazione a Terra, atmosfera e ghiacciai. Professione: oceanografa spaziale. Marie-Hélène Rio, ingegnera francese, da due anni è in forze alla sede di Frascati dell’Esa, l’Agenzia spaziale europea. Lì si studia la Terra vista con gli occhi dei satelliti. L’ingegner Rio ci è arrivata dopo vent’anni da ricercatrice in una filiale del Centro spaziale francese.

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“Quando mi sono iscritta all’Università, in Francia, a Ingegneria eravamo solo dieci donne su 120 studenti…”, racconta all’Agenzia Dire. “Fa parte della nostra cultura: io sapevo, facendo un percorso di ingegneria, che sarebbe stato così. Questo dovrebbe cambiare. Penso che forse oggi un po’ sia cambiato”, ragiona Rio. “All’ultimo anno di università, mi sono specializzata sulle tecniche di osservazione spaziale della Terra. Poi ho fatto un dottorato in oceanografia, e infine un master in oceanografia spaziale sull’uso dei dati”. Quindi, vent’anni di ricerca scientifica. “Sono stata per alcuni anni responsabile di un gruppo di ricerca di otto persone e sei di queste erano donne. Quando sono arrivata all’Esa due anni fa, in Italia, ho trovato un gruppo di lavoro in cui su 25 persone le donne erano solo quattro. E devo dire che all’inizio mi sono dovuta un po’ ri-abituare, mi ha fatto un po’ effetto”.


Qual è la squadra migliore per lavorare? “Io- risponde Rio- penso che né l’una né l’altra siano squadre perfette. La cosa più ricca è avere un equilibrio, una diversità. Ovviamente uomini e donne hanno modi diversi di lavorare e di pensare, di relazionarsi. Queste differenze ci possono solo arricchire. Se siamo un gruppo o di soli uomini o di sole donne il rischio è che si rimanga soli con i propri codici, in una zona di conforto che è più sterile. È essenziale avere nel bilancio una parità nelle squadre di lavoro”, spiega.

In Esa, organizzazione internazionale che coordina da 45 anni i progetti spaziali di 22 Paesi europei e di cui l’Italia è il terzo Paese per contributo, “si parla molto di gender balance: ci sono linee guida per migliorare la parità, le cose stanno cambiando, è molto positivo”. Se alcuni cambiamenti sono lenti è solo “perché c’è un storia dietro: la maggioranza è maschile”. Tra uomini e donne “le differenze ci sono, sì, siamo diversi. All’Esa, ma in tante società aerospaziali, si parla molto di innovazione: lo trovo interessante, perché per innovare bisogna avere la mente aperta e questo passa anche per essere circondata da persone diverse. Sennò ciascuno resta nella sua zona, con i suoi codici, e innovare non si può”, riflette Rio.

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Cosa direbbe a una ragazza in procinto di iscriversi all’Università? “Di farlo. Io ci sono arrivata per un sogno da bambina. Questa è la cosa più importante: se uno ha un desiderio, se si vuole seguire una strada, niente ci deve fermare anche se ci sono difficoltà. Anche se una ragazza può sentirsi bloccata perché in alcuni corsi c’è una netta prevalenza maschile, bisogna farlo, bisogna lanciarsi: solo così possiamo cambiare le cose”.

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