lunedì 17 Novembre 2025

Governo con Fnsi e Odg per la tutela del reporter di guerra

Arriva il 'decalogo' e poi la proposta del dipartimento per l'Editoria

ROMA – Quando un giornalista parte per un Paese straniero dove è in atto una crisi o una guerra, è meglio “dirlo o non dirlo? Meglio dirlo, informando dei vari spostamenti le Ambasciate e l’Unità di crisi”: il suggerimento arriva dal ‘Vademecum in dieci punti’ elaborato per i reporter di guerra dalla Federazione nazionale della Stampa italiana (Fnsi) in collaborazione con l’Unità di crisi del ministero della Farnesina. Il decalogo – disponibile sul sito dell’Fnsi – è stato presentato a Villa Madama, a Roma, lo scorso 26 settembre nell’ambito del seminario ‘Giornalisti sicuri – La necessità di raccontare, l’obbligo di tutelare’, organizzato dal ministero degli Affari esteri e della Cooperazione internazionale e l’Unità di crisi, in collaborazione con l’Ordine dei giornalisti (Odg) e l’Fnsi. L’incontro, così come il decalogo, costituiscono “la tappa importante di un percorso” che il governo ha deciso di avviare con gli organismi della categoria. Parola di Alfredo Mantovano, sottosegretario alla presidenza del Consiglio dei ministri, aprendo il seminario a Villa Madama. Per il sottosegretario, fondamentale è il nesso tra “sicurezza e democrazia. Importante ricordare- continua Mantovano- i tanti operatori dei media caduti nei contesti di guerra o che hanno subito una lesione, ma la lesione principale di queste aggressioni è quella alla democrazia”. Tra i luoghi più difficili per la professione del reporter, Mantovano cita l’America Latina – tra cui “Nicaragua e Venezuela” – la regione africana del Sahel e il Mozambico, oppure l’Iran.

SPADARI: NON SI PUÒ MORIRE PER FARE I GIORNALISTI

A proposito di Medio Oriente, interviene la segretaria generale dell’Odg Paola Spadari: “Non si può morire per fare i giornalisti“, un fenomeno crescente nel mondo attuale, come dimostrano “gli oltre 250 i giornalisti uccisi solo nella Striscia di Gaza. Persone che hanno pagato per aver fornito notizie e immagini”. Il caso del conflitto mediorientale offre anche un altro tema importante al dibattito, quello dell’acceso ai media nei vari Paesi: “Israele dal 7 ottobre 2023 ancora non lo concede, nonostante le numerose richieste dei media internazionali. A giugno- informa la segretaria generale- abbiamo chiesto al governo italiano di sostenere questa richiesta”. Spadari continua: “La sicurezza non può essere un optional” e questo principio deve valere “per gli inviati e per i giornalisti freelance”, che “devono avere punti fermi a cui potersi affidare, per la loro incolumità”. Il ministero degli Esteri, informa infatti il decalogo, offre la possibilità di registrarsi sul portale ‘Dove siamo nel mondo’ e di scaricare l’app ‘Viaggiare sicuri’, che prevede il sistema di geolocalizzazione. Ma sul punto, la responsabile di Odg osserva che se da un lato “servono sistemi di tracciamento come il Gps, perché consentono ai soggetti deputati – come l’Unità di crisi – di intervenire in tempi rapidi in caso di incidenti, sequestri o arresti”, d’altra parte bisogna tenere conto della necessità del giornalista di “proteggere le sue fonti e i luoghi” in cui le incontra. Dopodiché, Spadari introduce il nodo delle polizze: “Si deve favorire l’accesso alle polizze assicurative soprattutto per i freelance che non sempre possono permettersele, sebbene spesso arrivino per primi nei teatri di conflitto”, immaginando ad esempio “delle convenzioni”.

COSTANTE: L’OBIETTIVO È AVERE GIORNALISTI SUL CAMPO, E NON EMBEDDED

Alessandra Costante, segretaria generale dell’Fnsi, ribadisce: “È necessario che la tutela per i giornalisti in aree di crisi sia pensata e costruita in modo da lasciare ai colleghi libertà di movimento: l‘obiettivo è avere giornalisti sul campo, e non embedded“, ossia un reporter che lavora spostandosi con una unità militare, una condizione che potrebbe inficiare l’indipendenza e l’autonomia del reporter. Da qui l’esortazione: “Ci vuole una formazione specifica per lavorare in un teatro di guerra, sia per gli inviati con alle spalle delle testate strutturate sia per i freelance“. Per Costante, il seminario a Villa Madama “rappresenta un passaggio fondamentale nel percorso verso la formazione di giornalisti più consapevoli, ma anche di istituzioni più vicine ai giornalisti”. L’Italia, conclude, “ha bisogno di un’informazione più forte e questo sarà possibile solo se il lavoro dei giornalisti sarà parte dell’agenda del parlamento e del governo“. Suggerimenti ed esortazioni che in parte vengono recepiti dal dipartimento dell’Informazione e l’Editoria, come annuncia il sottosegretario Alberto Barachini: “E’ allo studio l’istituzione di una voce specifica nel ‘Fondo unico per il pluralismo e l’innovazione digitale‘ di compartecipazione alle spese sostenute dagli editori per obblighi di formazione, protezione e assicurazione”, non solo per gli inviati di guerra ma anche per i freelance: “Sappiamo- continua Barachini- che in molte realtà editoriali si fa ricorso ai giornalisti freelance, ma nei teatri di guerra le assicurazioni sono particolarmente esose. Noi chiediamo, attraverso questo fondo, l’obbligo in capo agli editori di garantire la formazione e le polizze assicurative. Non possiamo correre il rischio di perdere delle vite nel raccontare la realtà”, conclude.

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