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Nucleare, Greenpeace: “Su deposito confrontare scenari diversi”

Unico caso al mondo di tale gestione, sarebbe 'temporaneo' per alta attivita'

Pubblicato:03-10-2018 09:42
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 13:38

centrale nucleare
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ROMA – Greenpeace non condivide la strategia scelta dall’Italia “basata sull’unica ipotesi di dotarsi di un solo deposito nazionale che ospiti a lungo termine i rifiuti nucleari di bassa attività” e, “temporaneamente”, i rifiuti di media ed alta attività. Oltre ad essere “l’unico caso al mondo di gestione combinata dei rifiuti, tutto ciò ha implicazioni non secondarie” come “la decisione di ‘nuclearizzare’ un nuovo sito, vincolandolo a lungo termine, 3 secoli, alla presenza di rifiuti nucleari a bassa e media attività”. Il deposito nazionale sarebbe comunque un deposito “temporaneo” per quella quantità di rifiuti ad alta attività e lunga vita che, anche se in quantità volumetricamente ridotte, costituiscono la gran parte della radioattività. Sarebbe stato “più logico verificare più scenari e varianti di realizzazione del Programma – come ad esempio, una diversa gestione dei siti esistenti, o di parte di essi – e applicare a questi una procedura di Valutazione ambientale strategica, “che dovrebbe confrontare diverse opzioni e non una sola”, in modo da evidenziare i pro e i contro delle diverse soluzioni”, tenendo conto che “in questo settore provvisorio significa 50-70 anni”. Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace, lo dice in audizione alla commissione Industria del Senato nell’ambito dell’affare sulla gestione e messa in sicurezza dei rifiuti nucleari in Italia.

“Purtroppo siamo qui a ripetere periodicamente quasi le stesse cose, i cambiamenti sono pochi”, dice Onufrio, “critichiamo perché l’Italia è l’unico Paese con un piano che prevede un deposito a lungo termine per i rifiuti a media e bassa attività e temporaneamente per quelli ad alta attività”, mentre “invece serviva un piano con varianti”.

Qual è il problema? “Anche se vi fosse una gara tra i Comuni a ospitare il deposito, situazione poco realistica, il deposito avrebbe al suo interno un inventario radioattivo dove il 90% della radioattività non deve stare lì”, avverte il direttore esecutivo di Greenpeace. “Pensare in termini di volume quando si parla di questa materia è sbagliato”, spiega, perché nel caso delle scorie nucleari “il volume è ridotto, si deve pensare a quanta radioattività c’è”. In questa situazione “un deposito così significa un lunga transizione”, dice Onufrio, “in questo settore provvisorio significa 50-70 anni”.


Dobbiamo quindi “essere coscienti che abbiamo in ogni caso una una transizione gestionale che prenderà buona parte di questo secolo- prosegue Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace- tenendo conto che né Francia né Stati uniti”, che hanno un forte settore nucleare, “hanno trovato una soluzione definitiva, e gli Usa hanno buttato 10 miliardi sul deposito geologico di Yucca mountain”, mai nato ed esempio con altri progetti falliti della impossibilità di gestire in piena sicurezza materiale nucleare come il plutonio, con tempi di dimezzamento anche nell’ordine dei 10mila anni (trascorsi i quali conserveranno ancora metà della loro micidiale radioattività).

In generale, “l’alta radioattività deve andare in un deposito geologico- prosegue Onufrio- noi ne abbiamo poca quindi non avrebbe senso realizzare un deposito geologico”, di conseguenza i rifiuti ad alta radioattività che dovrebbero essere ospitati “temporaneamente” nel deposito nazionale di superficie “rischiano di restare lì 300 anni”.

Tutto ciò rappresenta “un elemento di discredito sistema”, prosegue il direttore esecutivo di Greenpeace, “poi c’è il tema del rientro del materiale ad alta radioattività vetrificato negli impianti di Sellafield in Gran Bretagna e La Hague in Francia”.

Ecco quindi che “la priorità assoluta è il condizionamento dei rifiuti“, conclude Onufrio, e si dovranno “trovare accordi con altri Paesi” che possano ospitare il nostro materiale altamente radioattivo correttamente trattato.

NUCLEARE, GREENPEACE: SITO SALUGGIA SOGGETTO ALLUVIONI, VA LIBERATO

Il sito di Saluggia (Vercelli), che nell’ex impianto Eurex ospita rifiuti nucleari liquidi ad alta attivita’ “dovra’ essere liberato” perche’ e’ “soggetto ad alluvioni” e sul fronte delle scorie nucleari, tanto piu’ se liquide, “l’acqua in un deposito e’ il male assoluto”. Inoltre va tenuto conto che in tutto cio’ il ruolo dei cambiamenti climatici, i quali aumentano i fenomeni meteo estremi rendendo piu’ probabili anche le alluvioni, “e’ poco considerato”. Giuseppe Onufrio, direttore esecutivo di Greenpeace, lo dice in audizione alla commissione Industria del Senato nell’ambito dell’affare sulla gestione e messa in sicurezza dei rifiuti nucleari in Italia. I rifiuti liquidi ad alta attivita’ “sono la bestia peggiore che abbiamo in casa, insieme a piccole quantita’ all’Itrec di Rotondella”, spiega Onufrio. Pero’ “siamo in una situazione bizzarra in cui la credibilita’ del sistema italiano che gestisce e’ molto bassa”, spiega Onufrio, ad esempio “la prescrizione sui rifiuti liquidi ad alta attivita’ di Saluggia ha piu’ di 15 anni e siamo ancora ‘a caro amico’, con un sito molto soggetto ad alluvioni, e il ruolo dei cambiamenti climatici e’ poco considerato”.

Quindi, “una strategia” nazionale sulla gestione di rifiuti e scorie nucleari, alla luce dei mutamenti climatici “significa tener conto che le Regioni piu’ soggette ad alluvioni avranno eventi peggiori nel futuro, e Piemonte e Liguria lo sono”, dice il direttore generale di Greenpeace. Quindi, se “nelle centrali nucleari il tema sismico e’ fondamentale, nelle scorie invece il tema fondamentale e’ la distanza dall’acqua- conclude Onufrio- che e’ l’elemento che entrandovi a contatto puo’ mobilitare la radioattivita’”, contaminando le aree “nei secoli a venire”.

NUCLEARE, LEGAMBIENTE: RIFIUTI ALTA RADIOATTIVITA’ VADANO ALL’ESTERO

Il deposito unico nazionale di superficie per cio’ che rimane del passato nucleare italiano e i rifiuti radioattivi prodotti ogni giorno da industrie ed ospedali “dovrebbe accogliere solo quelli a bassa e media attivita’”, quelli ad alta attivita’ dovrebbero essere gestiti “in impianti internazionali idonei”. Quindi “e’ inutile fare un deposito nazionale che preveda anche il loro stoccaggio temporaneo, si trovino accordi internazionali e si concentri il deposito su bassa e media attivita’”. Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico di Legambiente, lo dice in audizione alla commissione Industria del Senato nell’ambito dell’affare sulla gestione e messa in sicurezza dei rifiuti nucleari in Italia. Il programma di gestione dei rifiuti nucleari “e’ nato in ritardo e in maniera frettolosa dopo l’infrazione per evitare sanzioni Ue”, spiega Minutolo, ad esempio “manca il confronto tra possibili alternative alla strategia brownfield, quella in base alla quale i siti attuali diventano depositi di se’ stessi in attesa del deposito nazionale”. Pero’ “e’ assurdo realizzarne in luoghi inidonei” e poi “la sensazione e’ che in attesa del fantomatico deposito nazionale diventino depositi definitivi essi stessi”. Inoltre, attualmente “siamo ben lontani dall’indicazione dei siti” del deposito nazionale, “figurarsi il resto”, lamenta il coordinatore dell’ufficio scientifico di Legambiente, e si rischiano “ulteriori ritardi e richiami dall’Europa”.

Nel piano italiano “manca l’inventario del combustibile e dei rifiuti, manca la strategia sul ritorno dei rifiuti ad alta attivita’ da Francia e Gran Bretagna, manca l’analisi sulla necessita’ di depositi temporanei, mancano le guide tecniche sulla classificazione di rifiuti prevista in 5 categorie normative”, prosegue Andrea Minutolo, coordinatore dell’ufficio scientifico di Legambiente. “L’obiettivo del deposito dovrebbe essere salvaguardare i cittadini da problemi impiantistici e naturali- ricorda Minutolo- e per questi ultimi c’e’ una connessione tra rischio idrogeologico e cambiamenti climatici, e poi ci sono anche i rischi terroristici o bellici”. Da questo punto di vista il deposito “per noi dovrebbe accogliere solo i materiali a bassa e media attivita’, quelli in alta attivita’ dovrebbero essere gestiti come sono gestiti attualmente, in impianti internazionali idonei. E’ inutile fare un deposito nazionale che preveda il loro stoccaggio temporaneo, si trovino accordi internazionali e si concentri il deposito su bassa e media attivita’”, continua l’esponente di Legamebiente. Gli attuali depositi temporanei “sono ora assolutamente inidonei, anzi trovare quello idoneo significa trovare quello meno inidoneo- continua Minutolo- si vuol fare dei temporanei dei depositi quasi definitivi viste le esperienze passate? Allora diciamo subito che sono del tutto inidonei, e la Sogin dovrebbe abbandonare la strategia messa in campo prima, e che il piano riprende, di cercare depositi negli stessi siti brownfield”. Dovrebbe piuttosto “pensare a un piano da qui al 2024 per il trattamento e condizionamento dei rifiuti non trasportabili- conclude- e ragionare su un programma decennale di trasferimenti e quindicennale di chiusura dei siti, con una completa certificazione di non radioattivita’”.

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