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L’influenza quest’anno sarà più grave. E può coesistere con il Coronavirus

A tracciare il quadro della prossima stagione influenzale e' Guido Castelli Gattinara, pediatra e infettivologo, presidente della Societa' italiana di infettivologia pediatrica (Sitip)

Pubblicato:03-09-2020 11:29
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 19:49

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ROMA – “Se quest’anno prendiamo l’influenza e’ possibile che sia piu’ grave, perche’ potremmo prendere in concomitanza anche il Coronavirus e viceversa. C’e’ quindi un rischio aumentato di complicanze, e non perche’ il virus influenzale sia piu’ ‘cattivo’ ma proprio perche’ l’inverno che stiamo per affrontare presenta la somma di questi due virus circolanti”. A tracciare il quadro di quella che sara’ la prossima stagione influenzale e’ Guido Castelli Gattinara, pediatra e infettivologo, presidente della Societa’ italiana di infettivologia pediatrica (Sitip).

“Ci sono dei lavori scientifici che riportano come il virus influenzale possa aprire la strada al Coronavirus. Esistono, infatti, dei meccanismi biologici dimostrati– conferma Gattinara- per cui attraverso i recettori di membrana – i recettori cellulari che si chiamano Ace2 – si riesce ad aprire la porta al Coronavirus. Con la somma delle due infezioni l’impatto col sistema immunitario diventa piu’ del doppio e quindi aumenta il pericolo che si possano manifestare problematiche come quelle di tipo respiratorio”.


Dall’Australia, dove l’influenza e’ appena passata, si puo’ capire quali saranno le caratteristiche del virus che ci aspetta. “Febbre molto alta per due, tre giorni, stato di malessere, prostrazione. La sintomatologia e’ piu’ o meno simile ogni anno- spiega Gattinara- a volte i virus possono essere piu’ virulenti, possono essere trasmessi con piu’ facilita’, avere un impatto clinico piu’ o meno maggiore, ma quest’anno il problema e’ proprio la somma delle due pandemie (influenza e Coronavirus, ndr)”, ribadisce il pediatra ricordando che l’influenza causa milioni di malati e tra i 300.000 e i 600.000 morti l’anno, di cui tra i 6.000 e gli 8.000 solo in Italia. Proprio guardando all’altra parte del mondo, pero’, possiamo capire come tentare di difenderci. “In Australia l’epidemia e’ stata praticamente concomitante con la diffusione del Coronavirus- spiega il presidente Sitip- molte persone hanno vissuto il lockdown, hanno iniziato a usare le mascherine, a lavarsi le mani piu’ frequentemente e a vaccinarsi contro l’influenza. Si sono vaccinate ben 2 milioni di persone in piu’ rispetto all’inverno precedente- sottolinea Gattinara- La combinazione di questi comportamenti ha portato a una fortissima riduzione del numero di infezioni influenzali rispetto all’inverno 2019/20. Si sono ammalate centinaia di migliaia di persone in meno e, soprattutto, c’e’ stata una riduzione fortissima della mortalita’: se nel 2019 le vittime collegate al virus influenzale sono state circa 600 in tutta l’Australia, quest’anno se ne contano 36. Una differenza enorme”. 

Da qui l’importanza di mettere in atto tutti i comportamenti di precauzione (dalla distanza sociale all’igiene), che in questi mesi abbiamo imparato a conoscere e “soprattutto vaccinarsi”, ribadisce con forza il pediatra. “Perche’ la grande differenza tra influenza e Coronavirus e’ che per la prima abbiamo un vaccino efficace nel 70-80% dei casi, per il secondo ancora no. Dunque se riusciamo a contenere l’infezione influenzale sicuramente facciamo un atto di prevenzione pubblica importante”.

E sull’allarme lanciato dalla Federazione degli ordini dei farmacisti italiani pochi giorni fa in merito al rischio di rimanere senza vaccino antinfluenzale per la troppa richiesta, Gattinara spiega: “E’ un rischio concreto ma sono stati considerati degli incrementi di produzione. Le ditte che producono i vaccini fanno il calcolo sull’anno precedente e fanno delle previsioni per produrre delle quantita’ sufficienti. Quest’anno sicuramente sono state fatte delle previsioni piu’ ampie e verra’ prodotto un numero di vaccini maggiore. Non sappiamo ancora quando saranno continuativamente presenti sul territorio italiano“, conclude il pediatra.

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