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Bar e pasticcerie in centro, così la ‘ndrangheta ‘lavorava’ in Romagna

Il valore complessivo dei beni sequestrati supera i 35 milioni di euro

Pubblicato:03-09-2015 12:35
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 20:31

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BOLOGNA – Nuovo colpo al ‘tesoro’ della ‘ndrangheta in Emilia-Romagna: mentre le 219 richieste di rinvio a giudizio sono state già depositate dal giudice, arriva un colpo di coda della maxi inchiesta “Aemilia” con sequestri di società e beni per decine di milioni di euro, scattati da Reggio Emilia alla Riviera.

Proprio in Riviera, tra Rimini e Riccione, la Guardia di finanza ha scoperto che la ‘ndrangheta aveva messo le mani su alcuni bar e pasticcerie famose, in pieno centro a Riccione, erano gestite da due società riconducibili a Michele Bolognino, uno dei personaggi di spicco della cellula ‘ndranghetista con base a Reggio Emilia che è stata stroncata a inizio anno dall’inchiesta della Dda dell’Emilia-Romagna.

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Oggi, per le due società operanti nel campo della ristorazione, sono scattati i sequestri preventivi, e contemporaneamente in Emilia sono state sequestrate società di capitali, immobili, auto e rapporti bancari e finanziari. Ci sono stati anche tre arresti: sia questi che i sequestri sono misure cautelari che la Procura (pm Marco Mescolini e Beatrice Ronchi) aveva chiesto da tempo, ancor prima della richiesta di rinvio a processo, ma che il gip ha firmato solo ora.

Oggi sono stati eseguiti in forze da Carabinieri e Guardia di finanza. Gli arresti riguardano tre persone già indagate: Michele Bolognino, già in carcere, e i fratelli Palmo e Giuseppe Vertinelli; il primo, considerato dagli inquirenti il “banchiere” del gruppo, era stato arrestato dopo una breve latitanza ma poi scarcerato su decisione del Tribunale del Riesame. Le accuse, a vario titolo, sono associazione di tipo mafioso, fittizia intestazione di beni, impiego di denaro e proventi illeciti, riciclaggio ed altri reati aggravati dalla finalità mafiosa.

In provincia di Rimini, il sequestro preventivo è scattato per le società Cu.gi.ra. sas e Magu srl, che gestivano “rinomati esercizi adibiti a bar-pasticceria nel centro di Riccione”, si legge nel comunicato della Gdf: entrambe erano riconducibili ai fratelli Michele e Francesco Bolognino. A scoprirlo sono le state le Fiamme gialle che dopo la prima tornata di 117 arresti dell’inchiesta “Aemilia”, ha rimesso mano a precedenti attività investigative condotte dal Nucleo di Polizia tributaria di Rimini sui fratelli Bolognino e altri soggetti per intestazione fittizia di beni.

La Gdf ha eseguito specifiche analisi e mirati accertamenti economico-patrimoniali-reddituali. E’ emerso che i rappresentanti legali e i soci erano meri prestanome compiacenti, mentre dietro c’erano i Bolognino. Sono stati inoltre individuati patrimoni illeciti e una sproporzione tra questi e i redditi dichiarati ufficialmente. Le aziende commerciali sequestrate a Riccione (il sequestro è disposto dal gip ai fini della confisca), spiega la Finanza, saranno gestite da un amministratore giudiziario nominato dal Tribunale che ne determinerà anche il valore di mercato. In Emilia, invece, i sequestri eseguiti oggi dai Carabinieri riguardano beni per un valore complessivo di 35 milioni di euro: i sigilli sono scattati per 16 società di capitali, nove beni immobili, 16 autoveicoli e 21 tra rapporti bancari e finanziari. L’operazione è stata eseguita nelle province di Reggio Emilia e Parma, e in parte anche ad Aosta, Bologna e Crotone. I sequestri confermano che la cellula ‘ndranghetista si era insinuata nella gestione e controllo di attività imprenditoriali, formalmente intestate a prestanome”, scrivono i Carabinieri, permettendo “l’accumulo illecito di significativi patrimoni personali”.

In particolare, le indagini hanno confermato la gestione occulta di alcune imprese, formalmente ‘pulite’, già in parte sottoposte a sequestro nelle operazioni del 16 e 22 luglio scorsi. Tra queste le società del gruppo “Save” di Giovanni Vecchi e Patrizia Patricelli, riconducibili ad Alfonso Diletto. E’ stata poi sequestrata la “Dueanne” sas di Bruna Braga, moglie di Augusto Bianchini. L’analisi della documentazione contabile sequestrata ha permesso di ricostruire che tutte le decisioni importanti a livello aziendale venivano vagliate e poi prese dai personaggi legati alla ‘ndrangheta, mentre chi rivestiva formalmente un ruolo era solo un prestanome. Questo vale per una serie di imprese edilizie dietro cui c’erano i fratelli Vertinelli e Michele Bolognino: si tratta del Consorzio Stabile Gecoval di Aosta, la Sice srl, l’impresa Vertinelli srl, l’Edilizia costruzioni generali srl (a Montecchio Emilia), la Top service srl a Parma e la Opera di Crotone. Sono stati inoltre trovati riscontri circa la riconducibilità agli indagati delle società (pertanto sottoposte a sequestro) Touch di Crotone, operante nel settore degli autotrasporti, la Tangenziale Nord Est, la Mille Fiori Service e la Achilli & Schianchi s.n.c., tutte con sede a Montecchio Emilia e attive nel settore della ristorazione e bar. Il valore complessivo dei beni sequestrati supera i 35 milioni di euro.

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