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Caso Saman, Associazione Senza Veli Sulla Lingua: “Si poteva salvare con legge già esistente”

L'Associazione nazionale APS Senza Veli Sulla Lingua sottolinea che anche se nell'articolo 18 bis della norma non è incluso il matrimonio forzato, la 18enne pakistana era palesemente vittima di violenza domestica e dunque rientrava già nella categoria di vittima di violenza

Pubblicato:03-07-2021 16:50
Ultimo aggiornamento:03-07-2021 16:50
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saman abbas
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ROMA – “Saman poteva essere salvata grazie all’articolo 18 presente nella legge sull’immigrazione”. Così un comunicato dell’Associazione nazionale APS Senza Veli Sulla Lingua, contro la violenza sulle donne e di genere. Infatti “anche se nell’articolo 18 bis non è incluso il matrimonio forzato, Saman era purtroppo palesemente vittima di violenza domestica e quindi rientrante nella categoria di vittima di violenza dell’ art. 18 bis“. E allora “non serviva infatti – dice la presidente dell’associazione Senza Veli sulla Lingua Ebla Ahmed – che fosse palese l’induzione al matrimonio forzato per salvare Saman, perché la giovane era vittima di violenza domestica. In famiglia l’avevano privata di ogni libertà sottraendole persino i documenti”.

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“DENUNCE SAMAN RISALGONO A BEN SETTE MESI FA”

Si legge nel comunicato: “Nella scorsa puntata del programma ‘Chi l’ha visto?’ del 30 luglio 2021 è stata data per la prima volta la notizia in trasmissione dal giornalista Paolo Andrioli, da noi informato che per il caso Saman Abbas (la ragazza pakistana uccisa a Novellara) si poteva applicare l’articolo 18 bis del testo unico di immigrazione (ex 558 bis c.p.). Infatti se fosse stato applicato il suddetto articolo, la ragazza sarebbe oggi viva. Saman infatti aveva cominciato a denunciare la sua situazione ben sette mesi fa, ovvero che veniva tenuta segregata in casa dal padre; che non le veniva data la possibilità di studiare; che non aveva la libertà di frequentare amici; di non potersi vestire a suo piacimento; e per di più riceveva percosse in famiglia. Disagi incredibili da sopportare a cui si è aggiunta anche la volontà paterna di imporre alla giovane un matrimonio forzato che è la punta di un iceberg di violenze perpetrate sulla giovane”.


“ECCO DOVE SI È SBAGLIATO CON SAMAN”

La Convenzione di Istanbul firmata dai Paesi dell’Unione “riconosce che qualsiasi tipo di violenza, è violenza e si manifesta in forma economica, fisica, psicologica eccetera. Ribadiamo, quindi che Saman era purtroppo una vittima di violenza”, prosegue il comunicato dell’Associazione nazionale APS Senza Veli Sulla Lingua, “osserviamo anche che, se nell’articolo 18 bis non è incluso il matrimonio forzato, Saman era purtroppo palesemente vittima di violenza domestica e quindi rientrante nella categoria di vittima di violenza dell’ art. 18 bis. Un errore di valutazione a cui è stato aggiunto un altro altrettanto grave e che riguarda principalmente la protezione di Saman, perché la giovane doveva essere messa in una casa protetta e non in una casa famiglia; le doveva essere tolto il cellulare per non essere rintracciabile da nessuno. Sarebbe stato auspicabile anche che Saman avesse potuto essere seguita da uno psicologo insieme ad un mediatore culturale. Una serie di sviste (?) a causa delle quali Saman si è sentita costretta a ritornare a casa per prendere i suoi documenti che il padre le negava. Un ritorno non dovuto che le è stato fatale e che dimostra una rete di protezione fallimentare. Quindi per quanto ci riguarda continuare a sostenere che il caso Saman non rientra nell’art. 18 bis rappresenta un errore madornale che poteva anzi doveva essere evitato. Basterebbe a questo punto riuscire a trovare la prima denuncia fatta da Saman per far finalmente luce su tutta questa terribile e drammatica vicenda”. Saman insomma, “poteva essere salvata grazie all’articolo 18 presente nella legge sull’immigrazione”, sostiene l’associazione.

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