Il Real Madrid domina il calcio capitalista: sono 20 anni che la Champions la vincono sempre gli stessi

Il Guardian: l'ultimo imbucato è stato il Porto di Mourinho nel 2004. Sono 20 anni che non arriva in finale una squadra che non è inglese, tedesca o italiana. O il Psg

Pubblicato:03-06-2024 11:04
Ultimo aggiornamento:03-06-2024 14:32

Ancelotti Champions
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ROMA – Vincono sempre gli stessi. Che va inteso per plurale maiestatis: gli stessi sono il Real Madrid e Ancelotti, più una pattuglia di squadre ricchissime. Un club esclusivo che non ammette interferenze. L’ultimo imbucato, ricorda Jonathan Wilson sul Guardian, è stato il Porto di Mourinho nel 2004. contro il Monaco in finale. “Per il calcio europeo nel suo insieme quella finale segnò la fine di qualcosa. Nei vent’anni precedenti, il concorso era stato un evento paneuropeo, con vincitori provenienti da nove paesi diversi; nei 20 anni successivi, c’è stato un solo finalista al di fuori dei quattro paesi guida di Spagna, Inghilterra, Germania e Italia – e si trattava del Paris Saint-Germain, il cui peso finanziario poco ha a che fare con la posizione generale del calcio francese”.

Alla vigilia della prossima venuta Champions in versione XL, secondo il Guardian questa è la deriva capitalista del calcio: “Un club vince le partite, quindi genera più interesse, genera più entrate, può permettersi giocatori migliori e quindi vince ancora più partite. L’avvento della Champions League e la sua graduale espansione fino a includerne prima due, poi tre, poi quattro e dalla prossima stagione cinque o addirittura sei squadre dello stesso paese ha creato le condizioni perché questa spirale prendesse piede. Quando la competizione era a eliminazione diretta senza testa di serie, anche le migliori venivano occasionalmente eliminate dopo aver giocato solo due partite”. 

Ovviamente l’eliminazione diretta non coincide con gli interessi economici: più partite, più incassi. E’ una moltiplicazione che non ammette limiti ridicoli come… lo sport. “Usando la minaccia di una Superlega separatista per fare pressione sulla Uefa – continua Wilson – i club d’élite hanno imposto concessioni che hanno aumentato le loro entrate e contribuito a rafforzare la loro egemonia. Michel Platini, nonostante tutti i suoi difetti sembrava almeno capire che c’era un problema con l’equilibrio nel calcio europeo. Quando si dimise dalla presidenza della Uefa nel 2016, Real Madrid e Bayern Monaco approfittarono del vuoto di potere per imporre una misura che distribuiva il 30% dei ricavi della Champions League in base alle prestazioni degli ultimi 10 anni”.

“Eppure volevano di più. Hanno chiesto una revisione del formato della Champions League per rimuovere anche quel briciolo di pericolo che esisteva nella fase a gironi. Il risultato è il sistema svizzero che entrerà in vigore dalla prossima stagione: ancora più partite, ancora più soldi, ancora meno rischi”.

Secondo Wilson la versione del calcio sempre più elitario ha prodotto anche un calcio sempre più “offensivo, l’élite domina a livello nazionale al punto da dover a malapena prendersi la briga di difendere, e poi si rivela impreparata a farlo negli ultimi turni della Champions League, quando affronta altri club d’élite in quelle rare sfide serie”.

“Se il calcio allora è un business, forse ha senso riunire i migliori giocatori e i migliori allenatori in un ristretto numero di club e farli affrontare regolarmente, la logica dei campionati Twenty20 in franchising del cricket. Forse solo i nostalgici si preoccupano del fatto che il senso di un club sia qualcosa in più di un veicolo commerciale, tipo un’istituzione sociale con delle responsabilità, una risonanza culturale, e si sentono a disagio dinanzi a tutto questo”.

“A livello d’élite, il calcio è sempre più una questione di soldi freddi e duri. L’avidità ha ridotto a una manciata di nomi i potenziali vincitori della Champions League”. Uno su tutti: il Real Madrid.

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