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Colombia, Indepaz: “In piazza c’è il futuro, ma i soldati sparano”

La protesta è diventata "un'esplosione generalizzata" e "la più grande mobilitazione della storia recente della Colombia"

Pubblicato:03-06-2021 17:18
Ultimo aggiornamento:03-06-2021 17:18
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ROMA – Una “forza trasformatrice nuova” che crea “nuovi modelli di organizzazione comunitaria” e “mette insieme le istanze di classe media, studenti, artisti, giovani e contadini”. Al contempo, però, anche “una decisa azione immediata per chiedere misure che possano alleviare gli effetti della pandemia di Covid-19“. Sono questi, secondo il presidente della ong Indepaz, Camilo Gonzalez Posso, intervistato dall’agenzia Dire, i due livelli lungo cui si sviluppa la mobilitazione del “Paro nacional”.

Nata il 28 aprile per protestare contro un disegno di riforma fiscale che metterebbe sotto pressione la classe media e i più poveri, poi revocata dal Congresso, la protesta è diventata ora “un’esplosione generalizzata” e “la più grande mobilitazione della storia recente della Colombia”, secondo il presidente di Indepaz.

Secondo la ong Temblores, sono oltre 45 gli omicidi “presumibilmente a opera di esponenti” della polizia e dell’esercito e migliaia “gli atti di violenza” attribuibili ai corpi di sicurezza registrati durante la gestione delle manifestazioni, che vedono nella città di Cali, capitale del dipartimento sud-orientale della Valle del Cauca, l’epicentro delle violenze. Solo il 29 maggio, stando a media colombiani concordanti, 13 persone hanno perso la vita negli scontri con le forze dell’ordine.


Secondo Gonzalez Posso, ingegnere chimico di formazione, già ministro della Salute in Colombia tra il 1990 e il 1992, le manifestazioni di questi giorni “si distinguono dalle precedenti ondate di protesta contro i pacchetti di leggi neoliberiste del governo, come quella del 2019”, sia per “le caratteristiche di esplosività, diffusione e trasversalità nella società colombiana” sia per la “costanza”. “Oltre un mese in piazza”, dice il presidente, più di 5mila atti di protesta” che giorno dopo giorno “danno corpo a un malessere di fondo e lo fanno sviluppando forme di auto gestione nuove”.

A fronte di tutto questo c’è la risposta di un governo sempre “più debole”, che Gonzalez Posso definisce “bicefalo”. “E’ ormai chiaro a tutti infatti – dice l’attivista – che il presidente Ivan Duque amministra ma a decidere è il leader del partito, l’ex presidente Alvaro Uribe“. E quindi all’ex capo di Stato, a capo del Centro Democrático e al potere in Colombia dal 2002 al 2010, che Gonzalez Posso attribuisce la paternità di “una gestione basata sulla militarizzazione e il ricorso a teorie cospirazioniste che vorrebbero l’asse ‘Cuba-Venezuela-Russia’ come ispiratrice della mobilitazione, che sarebbe poi infiltrata da gruppi terroristici”.

Il risultato di questo approccio, che l’ex ministro definisce “delirante”, sarebbe comunque concreto. “Il dispiegamento dell’esercito deciso a inizio maggio è parte di una strategia di guerra e ci ha avvicinato a un sostanziale stato di assedio” denuncia Gonzalez Posso. A oggi il governo di Duque ha perso già due ministri che si sono dimessi, Alberto Carrasquilla, alle Finanze, e Claudia Blum, agli Esteri, e ha dovuto rinunciare anche a un altro progetto di riforma, stavolta nel settore della salute. “A tutto questo non ha accompagnato misure che proiettino le persone fuori dalla crisi, positive” dice Gonzalez Posso. “Sono stati lentissimi nel proporre qualsiasi pacchetto di misure a sostegno della popolazione”.

Sollecitato sull’eventualità di definire la mobilitazione in atto “generazionale”, il presidente di Indepaz dice che “la gioventù è sicuramente l’avanguardia in strada”, ma che “la protesta è multi-settoriale e multiforme”. “La generazione contro la quale si combatte davvero, tutti insieme, è quella di governi neoliberali e neoconservatori che non offrono futuro alcuno” dice Gonzalez Posso. “Ci aspetta un futuro fatto di grandi sfide, ma stavolta anche di trasformazioni radicali”.

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