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VIDEO | Il volo di ‘Colibrì’, l’ad Orta racconta alla Dire la forza di 20 strutture sanitarie che fanno network

"Abbiamo fronteggiato l'emergenza Covid garantendo sempre dpi a tutti"

Pubblicato:03-06-2020 12:31
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:25

medici
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ROMA – Un network di venti strutture sanitarie presenti in Emilia Romagna che insieme danno vita a una realta’ virtuosa. E’ il Consorzio Colibri’, nato 10 anni fa ma che vanta gia’ una grande esperienza, e dove la formazione, la ricerca e lo scambio di expertise con altri ospedali internazionali sono i cardini delle attivita’ extraospedaliere. A raccontare all’agenzia di stampa Dire via Skype la formula vincente del gruppo, ma anche di come l’emergenza abbia costituito per il Consorzio un grande esame, superato a pieni voti, e’ Averardo Orta, amministratore delegato del Consorzio

– Cosa e’ il Consorzio Colibri’ e qual e’ la sua unicita’?


“Il Consorzio Colibri’ e’ un gruppo di strutture ospedaliere indipendenti non legate da vincoli societari che pero’ cercano di utilizzare strategie comuni per massimizzare i benefici nelle singole strutture. Gli acquisti ad esempio vengono effettuati attraverso un portale e i volumi di acquisti e spesa che 20 strutture possono esercitare insieme e’ diverso rispetto alla capacita’ di un singolo. Dunque per questo riusciamo ad ottenere degli sconti, prodotti migliori e condizioni di favore. La ricerca per noi e’ un altro elemento indispensabile perche’ incide sulla qualita’ del servizio sanitario. In genere una singola struttura, piccola o media, fatica a esercitare una ricerca indipendente perche’ i finanziamenti non arrivano. Essere all’interno di un grande Consorzio vuol dire assumere un piccolo sforzo sulle spalle di ciascuno e questo e’ vincente e porta a grandi risultati. Anche la formazione e’ un aspetto strategico perche’ far convergere le competenze consente di determinare piani di formazione piu’ completi, esaustivi ed efficienti. Il nostro schema, allo stato attuale, e’ unico in Italia in quanto consente a ciascuno di rimanere proprietario della propria realta’. Il vantaggio e’ che il controllo e la qualita’ della struttura rimangono in capo al singolo imprenditore, e non ci sono quelle difficolta’ create dalla dispersione in mille articolazioni. Nel nostro Consorzio, insomma, non ci sono periferie, ma mettiamo a fattore comune le economie di scala. Siamo il piu’ grande gruppo ospedaliero in Emilia Romagna e riusciamo a offrire questi servizi”.

– Come vi siete organizzati all’interno del network per gestire l’emergenza Covid e ora per la ripartenza?

“Questa emergenza imprevedibile e’ stata un grande banco di prova per il nostro Consorzio, che ha dieci anni di vita. Fino ad oggi non avevamo mai dovuto confrontarci con una emergenza di questa portata. Siamo molto soddisfatti pero’ di come siamo riusciti a fronteggiare la pandemia, anche perche’ siamo riusciti a dare risposta ad uno dei piu’ grandi problemi con cui il Paese si e’ dovuto confrontare, ovvero il reperimento dei Dpi. Ormai tutti sanno quanto questi strumenti siano indispensabili, tanto per il personale sanitario che opera nei reparti Covid quanto per gli operatori impegnati nelle strutture Covid free. Noi potendo contare su un alto livello di acquisto non abbiamo mai interrotto la fornitura alle strutture del Consorzio, nemmeno nei momenti piu’ critici, quando le strutture pubbliche avevano problemi nell’approvvigionamento. Un altro elemento e’ stata la condivisione, tra le strutture del network e in particolare delle direzioni sanitarie, delle buone pratiche con relative procedure da adottare che sono state utili e hanno garantito alla maggior parte delle strutture di rimanere ‘Covid free’. Le strutture del Consorzio che hanno scelto, su richiesta del pubblico, di convertirsi a Covid hospital, poi, hanno potuto farlo rapidissimamente, uno o due giorni e in piena sicurezza. Infatti non si sono verificati focolai fra dipendenti e pazienti. Un grande successo legato a questo modello che mette a fattore comune i vantaggi di ogni singola struttura”.

– L’esperienza del Bilancio Sociale intende misurare i livelli di performance aziendali e le ricadute economiche, occupazionali e sociali sul territorio. Qual e’ la fotografia che restituisce del Consorzio Colibri’?

“E’ un’attivita’ a cui sono molto legato. La rendicontazione sociale e la responsabilita’ sociale d’impresa sono temi noti nella sanita’ privata. Si da’ per scontato che il pubblico riconosca l’utilita’ sociale di questo tipo di imprese, ma spesso non e’ cosi’ e produrre un bilancio sociale significa anche rendere evidente il ruolo virtuoso che le strutture ospedaliere, sia pubbliche che private, hanno sul territorio. Non solo come si e’ visto nel periodo di pandemia nell’offrire dei servizi primari alla popolazione, ma anche dal punto di vista economico. Con il bilancio sociale possiamo renderci conto dal punto di vista economico dell’alto tasso di occupazione rispetto al fatturato che riusciamo a fornire. Se paragoniamo il fatturato di un ospedale privato a quello di una industria, abbiamo 10 volte i dipendenti dell’industria, diamo molti piu’ posti di lavoro. Al contempo paghiamo molte tasse, ma non ci e’ possibile delocalizzare, non si puo’ andare a erogare servizi in un Paese che offre caratteristiche fiscali piu’ vantaggiose. Noi produciamo ed eroghiamo il servizio in Italia, e acquistiamo Dpi, farmaci e apparecchiature con il 50% degli acquisti che ricade addirittura sul comune o sulla regione di appartenenza della struttura ospedaliera. Cio’ insieme al gettito fiscale e’ un vantaggio per le casse pubbliche: ogni investimento pubblico di 1 euro nella sanita’ privata ha una ricaduta, dopo 12 mesi, di 1 euro e 30. Emerge dunque che si tratta di un settore virtuoso e quando si parla di sanita’ non si deve parlare di costi ma di investimenti. Credo questa pandemia lo abbia evidenziato. E il bilancio sociale dimostra questo con i numeri e non con le parole, che possono lasciare il tempo che trovano”.

– La ricerca scientifica, la formazione professionale e l’innovazione tecnologica mi pare di capire siano i pilastri del Consorzio. Penso anche ai vostri study tour. Ci parla di queste vostre iniziative?

“Come anticipavo prima, per poter offrire un servizio sanitario eccellente e’ necessario legarsi alla ricerca e alla formazione di altissimo livello. La formazione non e’ soltanto partecipare a un corso, a un convegno o iscriversi a una societa’ scientifica, ma prendere un aereo e andare a visitare una struttura di riferimento in un altro Paese. Lo scopo e’ condividere le buone pratiche, conoscere nuovi professionisti della sanita’ e avviare degli scambi, che sono motore di crescita e miglioramento. Abbiamo avviato questi percorsi formativi sin dalla nascita del Consorzio, per questo che abbiamo costituito un ufficio dedicato che si occupa di questo e offre ai singoli consorziati e ai comitati etici strumenti idonei ma anche analisi statistiche, o per tradurre i vari articoli che vengono pubblicati su riviste internazionali. Centrale e’ poi la formazione, fatta di condivisione di metodiche attraverso i provider del Consorzio. E poi gli study tour sono un elemento di straordinaria importanza per andare a vedere e toccare con mano quello che in altri Paesi viene fatto. In sanita’ credo che copiare modelli validi gia’ messi a punto nel mondo, piu’ efficienti, meno costosi e vantaggiosi per i pazienti, non sia sbagliato ma anzi sia un dovere. Rendere ai nostri pazienti sul territorio le migliori esperienze e’ il nostro obiettivo. Facciamo questo a doppio senso andando in Giappone, negli Stati Uniti e in Belgio ma anche ricevendo numerose visite da Canada, Cina e Giappone. Questo scambio e’ fondamentale, il Covid ci ha insegnato che i problemi sanitari sono globali e queste pratiche sono una delle chiavi per prepararci al futuro nel migliore dei modi”.

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