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I piccoli satelliti viaggeranno sui caccia

Ne abbiamo parlato con il colonnello Aniello Violetti, Vice Capo dell’Ufficio Generale per lo Spazio dell’Aeronautica Militare

Pubblicato:03-06-2019 10:41
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 15:21

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https://www.youtube.com/watch?v=e_JvxXAPrBs&feature=youtu.be

L’Italia punta ad avere un accesso autonomo allo Spazio, cioè ad essere indipendente quando si tratta di mandare in orbita nuovi satelliti. La novità? Per il lancio di quelli più piccoli si potranno utilizzare i mezzi dell’Aeronautica militare, che sta imbastendo una grande rete per mettere a sistema enti di ricerca, università e industria. E’ già in corso uno studio di fattibilità per il cosiddetto ‘aviolancio’ : sono al vaglio capacità, competenze e costi, e il primo test potrebbe vedere la luce da qui a due anni.

L’idea è quella di usare i caccia Typhoon come ‘lanciatori’ per mettere in orbita, a circa 250 chilometri di altezza, dei satelliti destinati principalmente all’osservazione della Terra, quindi al controllo del territorio, sia in termini di difesa che di monitoraggio in caso di emergenza. Ne abbiamo parlato con il colonnello Aniello Violetti, Vice Capo dell’Ufficio Generale per lo Spazio dell’Aeronautica Militare.


Partiamo dalle basi. Cos’è l’aviolancio?

“L’aviolancio è la capacità dell’Aeronautica di poter lanciare piccoli satelliti- parliamo di mini e micro satelliti – utilizzando velivoli stessi dell’Aeronautica militare. Quello che stiamo cercando di fare è mettere a sistema per il Paese i nostri velivoli, e quindi le nostre competenze, per dare alla nazione una capacità di mettere in orbita, come un service provider, questi satelliti per garantire quello che è il controllo dello spazio aereo ma non solo, anche la sorveglianza del territorio e, eventualmente, attività di crisis management in real time”.

“Possiamo intervenire in missioni di soccorso– puntualizza Violetti-. La novità è proprio quella. L’approccio è completamente diverso dal passato. Quello che stiamo cercando di fare è mettere a sistema tutti gli enti di ricerca nazionali e tutte le piccole e medie imprese per realizzare una capacità nazionale. Perché questo? Perché al momento non abbiamo un sistema che permetta di intervenire in tempi brevi in situazioni di emergenza. Una simile capacità potrebbe dare possibilità al Paese di intervenire in tempi veramente rapidi, anche qualche giorno o massima una settimana dall’insorgenza dell’evento, e garantire la capacità di sorveglianza in caso di necessità”.

La squadra che lavora al progetto, capitanata dall’Aeronautica militare, conta il ruolo importante del Cnr, ma anche del Cira (Centro Italiano di Ricerche Aerospaziali) e dell’Asi (Agenzia spaziale italiana). Tra le industrie figurano Leonardo, Avio e Thales Alenia Space. 

Tutti già al lavoro.

“Abbiamo lanciato una manifestazione di interesse, hanno partecipato ben 25 piccole e medie imprese, centri di ricerca e università. E’ già in corso uno studio di fattibilità, coinvolgendo tutti gli attori che hanno partecipato. La scadenza dello studio di fattibilità è prevista a dicembre 2019 con inizio dell’attività di realizzazione prototipi dal 2020. Realisticamente possiamo pensare a un primo test tra il 2020 e il 2021”, spiega Violetti.

“Lo studio di fattibilità è congiunto. L’Aeronautica ha la leadership insieme al Cnr. L’obiettivo principale? Individuare i costi effettivi dell’impresa e le capacità, capire ciò che si può realizzare realmente. Prima di procedere a grossi investimenti, allo sviluppo vero e proprio, vogliamo vederci chiaro, e capire esattamente cosa si può fare quale è il business plan, quindi con quanti soldi associati”.

L’alleanza tra Forza armata, enti di ricerca e industria è guidata dalla stella dell’innovazione, con l’obiettivo di rendere l’Italia competitiva con un approccio nuovo, con cui altri Paesi stanno già lavorando. Superata la diffidenza iniziale, è arrivato il momento di fare squadra anche per la nostra Penisola.  

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