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Le diaspore in aiuto dall’Iowa: “Autobotti in Somalia contro la siccità”

"Evitiamo organizzazioni intermediarie e così il prezzo delle consegne dipende solo dalla distanza da percorrere", spiega Abdulahi Abdishakur Nadeef

Pubblicato:03-05-2022 13:02
Ultimo aggiornamento:03-05-2022 13:04

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ROMA – C’è un somalo in Iowa. Si chiama Abdulahi Abdishakur Nadeef, ha 27 anni ed è convinto che, con una siccità come poche, sei milioni di persone bisognose di aiuto e 350mila bambini a rischio fame, l’unica soluzione sia rimboccarsi le maniche. In prima persona, senza passare per gli aiuti internazionali, organizzando collette fai-da-te. Come quella che in poche settimane, sulla piattaforma GoFundMe, gli ha permesso di mettere insieme oltre 26mila dollari e di inviare in Somalia scorte alimentari e almeno 70 autobotti, a un costo compreso tra i 115 e 200 dollari a viaggio, per raggiungere anche i villaggi più remoti. “Il sistema è semplice” spiega Nadeef al telefono all’agenzia Dire: “Contattiamo le persone nei centri abitati dove sono a disposizione i camion; loro conoscono i villaggi e fanno la mappatura di quelli dove i bisogni sono maggiori; evitiamo organizzazioni intermediarie e così il prezzo delle consegne dipende solo dalla distanza da percorrere”.

A Des Moines, la capitale dell’Iowa dove vive dal 2005, Nadeef sta completando un master universitario. Confida che non gli dispiacerebbe diventare imprenditore ma anche che adesso gli sembra fondamentale aiutare chi è in difficoltà. Un motivo in più è legato al fatto che tra le regioni somale più colpite dalla siccità c’è il Jubaland, nel sud a ridosso del confine con il Kenya dov’è nato e dov’è nata sua madre. “Ci torno una volta l’anno” dice. “Conosco molte persone, anche commercianti, che come e più di me hanno i contatti giusti per far arrivare l’acqua dove c’è più bisogno”. Che siano persone del posto è in realtà un doppio vantaggio. Alcune delle zone della Somalia dove la popolazione vive le difficoltà maggiori sono sotto il controllo di Al Shabaab, un gruppo ribelle in lotta con il governo di Mogadiscio e con i militari dell’Unione Africana e dall’Onu che lo sostengono. “I miliziani non permettono l’accesso né alle agenzie delle Nazioni Unite né alle ong straniere” sottolinea Nadeef. “Grazie ai nostri contatti locali, però, nel Jubaland riusciamo a far arrivare gli aiuti lo stesso”.

Della questione, e in particolare delle inefficienze del sistema di assistenza, si è occupato di recente anche il quotidiano britannico The Guardian. In un articolo è citato tra gli altri Adam Abdelmoula, coordinatore umanitario dell’Onu per la Somalia. “La mancanza di un governo funzionante per tanti decenni ha permesso agli operatori dell’aiuto, sia delle Nazioni Unite che del mondo delle ong, di effettuare qualsiasi tipo di intervento ritenessero adatto senza alcun controllo pubblico locale” ha detto il responsabile. “Questo ha condotto a ciò che potrebbe essere descritta come ‘cultura dell’impunità umanitaria’“. E il crowdfunding per le autobotti? Nel Midwest americano sarebbe nato anche dal rischio di nuove impunità. L’idea è che collaboratori conosciuti di persona consentirebbero di evitare gli sprechi e le inefficienze delle organizzazioni internazionali. Ma non solo. Bisognerebbe, secondo Nadeef, bypassare anche le irresponsabilità nazionali: “Ormai da mesi i politici sono presi soltanto dalle elezioni e tutti i soldi disponibili li spendono per tenersi il posto o conquistarsi nuovi pezzi di potere”. A fine aprile in Somalia si sono concluse le consultazioni parlamentari, durate mesi e segnate peraltro già dallo scontro sul nuovo presidente della Repubblica. Il mandato del capo di Stato uscente, Mohamed Abdullahi Mohamed, detto Farmajo, è scaduto nel febbraio 2021. Lui però non si è fatto da parte e ha ingaggiato uno scontro con il primo ministro Mohamed Hussein Roble: tra un’accusa di incostituzionalità e l’altra, i loro sostenitori a Mogadiscio si sono pure sparati in strada.


“E’ anche per questa assenza totale di responsabilità che abbiamo deciso di impegnarci con il crowdfunding” riprende Nadeef. In cantiere ha già un altro paio di idee. La prima, affidata a un sito appena andato online all’indirizzo byso.so, ha a che fare con “soluzioni a lungo termine” contro le siccità. “Le autobotti valgono solo come risposta nell’emergenza” sottolinea Nadeef. La seconda riguarda invece Ilhan Omar, parlamentare americana arrivata negli Stati Uniti dalla Somalia da bambina, come rifugiata. “Ci piacerebbe coinvolgerla nelle nostre iniziative”, sorride lo studente dello Iowa: “Una mano potrebbe darcela anche lei”.

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