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Coronavirus, Gawronski: “Perchè l’Italia non ha assicurato il debito?”

Intervista all'economista Pier Giorgio Gawronski, una specializzazione ad Oxford ed esperienze di lavoro per Ocse, Unctad e uffici studio di grandi banche

Pubblicato:03-04-2020 17:03
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 18:05

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ROMA – “Nel momento in cui c’è una pandemia globale, evidentemente catastrofica, che avanza dall’Asia verso di noi e che inevitabilmente ci investirà, è chiaro che a quel punto le economie crolleranno“. Parte da qui Pier Giorgio Gawronski, economista, specializzato in economia internazionale a Ginevra e a Oxford, ed esperienze di lavoro nell’Ufficio Studi di banche e organizzazioni internazionali come l’OCSE e UNCTAD,

“Un mese fa ho scritto che si prevedeva un crollo del -12% del Pil e in una situazione del genere la prima conseguenza per uno Stato è che ci sarà un crollo delle entrate fiscali. Un problema che per un Paese indebitato come l’Italia è triplo rispetto agli altri, perché diventa problema di sostenibilità finanziaria del debito pubblico. In questo senso forse si poteva prevenire il problema assicurando il debito pubblico, cioè facendo delle operazioni di assicurazione sui mercati finanziari”.

L’Italia doveva fare ciò che tanti risparmiatori hanno fatto per salvaguardare il patrimonio familiare, sottolinea l’economista, considerando che “si è verificata una situazione che capita raramente nella vita: Il 21 febbraio con la pandemia che stava scoppiando le borse erano ancora ai massimi livelli in tutto il mondo e non c’era nessuna possibilità che le borse non scendessero; l’ho scritto in tutti i modi. Personalmente ho venduto dei futures per coprire il patrimonio di famiglia, la stessa cosa si sarebbe potuta fare per l’economia italiana e per il bilancio dello Stato assicurando la nostra situazione finanziarie in modo tale che una volta che l’economia crollava come è successo in questo mese ci sarebbe stato un forte guadagno compensativo sui mercati finanziari… ma questo purtroppo non è stato fatto“.


CRISI DI LIQUIDITÀ? “I TRASFERIMENTI SONO IL VERO PROBLEMA”

“La liquidità è la metà del problema l’altra metà sono i trasferimenti. Una cosa è se io ho una temporanea mancanza di liquidità, altra cosa è se io ho delle perdite tali per cui vado fallito, a quel punto la liquidità non è il problema perché poi non riesco a restituirla”, spiega Pier Giorgio Gawronski.

“La Banca Centrale Europea- continua- non è organizzata anche istituzionalmente per poter dare direttamente credito alle imprese, quindi deve passare dalle banche che selezionano il credito in base a dei criteri stringenti. Quando le cose vanno male le banche diventano più prudenti quindi è più difficile convincerle a far arrivare subito liquidità. La Banca Centrale Europea sul fronte della liquidità fa già molto, loro non hanno fini istituzionali su questo profilo”.

“GLI EUROBOND SONO UNA FALSA SOLUZIONE”

“Il governo sta facendo la prima cosa che andava fatta e la sta facendo abbastanza correttamente, anche se non è facile rimborsare soprattutto le imprese per evitare di distruggere la capacità produttiva” dice l’economista Gawronski.

Si tratta di resistere un paio di mesi- sottolinea- i costi sono molto alti, però vale la pena perché l’alternativa è di gran lunga peggiore. Poi c’è un altro tema che è quello del finanziamento di tutta questa situazione. Adesso c’è il dibattito sugli eurobond, ma secondo me è veramente mal posto perché emettere degli eurobond in cui ogni paese è responsabile della sua quota è quasi la stessa cosa che emettere dei titoli per conto nostro, vero che c’è un piccolo vantaggio sulla quota di interessi che risparmiamo, ma in realtà il carico fiscale per l’Italia sarebbe praticamente lo stesso quindi non è una situazione risolutiva. E’ curioso che noi andiamo a battagliare con la Germania per una cosa che alla fine ci concederanno tranquillamente perché, in fondo, a loro è vero che crea problemi costituzionali, ma sul piano economico il trasferimento di risorse a noi è veramente minimo. Quindi ci siamo impelagati in una falsa soluzione”.

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