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Europa sempre in divenire, e dalle crisi può crescere l’integrazione

Nella sede di Roma della Dire, la seconda giornata del corso di formazione rivolto ai cronisti

Pubblicato:03-03-2023 18:27
Ultimo aggiornamento:06-03-2023 14:36
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ROMA – Crisi che investono l’Europa nel suo insieme finendo paradossalmente per favorirne l’integrazione, l’esigenza di elezioni con agende e temi davvero europei o ancora i nodi del dialogo tra realtà sociali e istituzioni Ue.

I TEMI AL CENTRO DEL CORSO

Temi al centro della seconda giornata del corso di formazione rivolto a giovani giornalisti, oggi nella redazione dell’agenzia Dire. Apre la giornata Giulia Rossolillo, professoressa di Diritto dell’Unione Europea presso l’Università di Pavia e direttrice della rivista ‘Il federalista’. Lo sguardo è rivolto a un passato recente fatto di crisi e a un futuro che può portare a evoluzioni forse inattese. “La pandemia di Covid-19 e la guerra in Ucraina”, spiega Rossolillo, “sono crisi simmetriche per l’Ue, nel senso che hanno colpito e colpiscono tutti i suoi Paesi e possono dunque favorire convergenze di interessi e rafforzare il processo di integrazione”.

Un esempio in questo senso potrebbe essere il cambio di vedute che il conflitto ha prodotto in Polonia, almeno su alcuni aspetti. Varsavia “ha adottato una posizione pro-europeista per la difesa”, evidenzia Rossolillo, “nonostante in passato sia stata sempre contraria a forme di integrazione politica”.
Secondo la professoressa, il settore della difesa sembra uno di quelli di maggiore trasformazione per le istituzioni europee, soprattutto, annota, se si realizzasse un progetto “di cui si è iniziato a parlare negli anni ’50, ovvero la creazione di un esercito comune europeo”.


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Sollecitata su questo punto anche da una delle partecipanti al corso, Rossolillo chiarisce: “Per realizzare queste forze armate comuni servirebbe un’incisiva trasformazione dei trattati istitutivi dell’Unione”. La professoressa approfondisce: “Esercito vuol dire governo, perché a decidere cosa fanno e dove vanno queste forze armate non possono essere 27 Stati che non hanno un politica estera comune e che si devono mettere d’accordo ogni volta; governo a sua volta significa però Parlamento, perchè un esecutivo democratico deve avere un Parlamento rispetto al quale è responsabile”.

GLI EFFETTI DELLA PANDEMIA

Torna sulla pandemia e i suoi effetti di trasformazione Carmine Nino, manager dell’agenzia di consulenze Utopia, di base a Bruxelles e specializzato in Affari europei. “Grazie al lavoro dell’allora presidente David Sassoli il Parlamento europeo non ha mai chiuso, neanche durante le prime fasi acute dell’emergenza sanitaria”, ricorda l’esperto. “in poche settimane si è riusciti a trasformare in digitale un’attività che era in presenza e così il dialogo fra istituzioni, mondo sociale e imprese non si è mai fermato”.

Questo spazio di comunicazione fra istituzioni e società è l’habitat naturale del lobbista, termine anche al centro di polemiche, soprattutto nelle scorse settimane, in relazione all’inchiesta nota come Qatargate che ha coinvolto alcuni eurodeputati. Il compito del lobbista, chiarisce però Nino, è “far sì che realtà sociali e istituzioni si parlino, raggiungendo obiettivi di valore, coerenti con quelli del legislatore”. Una dinamica, questa, che non sconfessa la natura democratica del Parlamento, unica istituzione europea i cui membri sono eletti dai cittadini. Sul punto, guardando al voto Ue in programma nel 2024, interviene ancora Rossolillo. Lo fa soffermandosi su una proposta di riforma approvata nel maggio scorso dall’Europarlamento. “L’ipotesi è che ogni cittadino europeo abbia due voti” sottolinea: “Uno per eleggere il deputato da liste nazionali e l’altro per eleggerlo a partire da liste transnazionali”. Secondo Rossolillo, “l’idea è rendere le elezioni europee più europee”.

La premessa è che spesso, con la parziale eccezione del voto del 2019, “le consultazioni Ue sono state caratterizzate dal dibattito su temi nazionali mentre quelli europei sono rimasti sullo sfondo”. La professoressa spiega: “Il tentativo di puntare sulle liste transnazionali mira invece a far sì che i candidati debbano fare campagna in più Paesi e dunque trattare temi europei e non specificamente nazionali”. Secondo Rossolillo, “sulla base di questa proposta anche il presidente della Commissione Ue dovrebbe essere scelto tra i candidati delle liste transnazionali”.

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