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BOZZA / SONDAGGI

ROMA - Ad ogni appuntamento elettorale, il telefono di casa squilla. In Tv, gli esperti di sondaggi si alternano, affollano

Pubblicato:03-03-2018 15:47
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 12:25

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ROMA – Ad ogni appuntamento elettorale, il telefono di casa squilla. In Tv, gli esperti di sondaggi si alternano, affollano salotti, danno i numeri.

Ma la puntualità con la quale i sondaggisti appaiono in campagna elettorale è seconda solo a quella con la quale le previsioni vengono smentite dai fatti. La loro autorevolezza comunque resta intatta, moderni stregoni le cui certezze non possono essere scalfite.

LA SALDA VITTORIA DEL PROFESSOR PRODI

Correva  l’anno 2006: la nazionale di calcio italiana non si era ancora laureata campione del mondo a Berlino e non c’era alcun segno della crisi economica che avrebbe sconvolto l’economia nel decennio successivo.


L’Italia si preparava a tornare alle urne dopo cinque anni di governo di centrodestra e Berlusconi, premier uscente, annunciava in diretta tv l’abolizione dell’Ici durante il confronto con Romano Prodi, rivale di sempre.

Nonostante le promesse elettorali, i sondaggisti ne erano certi: quella storia dell’Ici era una trovata di marketing che non poteva mettere in discussione la vittoria dell’Unione, santa alleanza di centrosinistra che- da Mastella a Turigliatto- riuniva sotto la pazienza del prof. Prodi tutti quelli che non erano berlusconiani.

I sondaggi parlavano chiaro: il vantaggio di Prodi (tra il 52 e il 55%) era solido, con Berlusconi dato più vicino al 46 che al 48%. Ma la storia andò in modo diverso.

Romano Prodi e l’Unione vinsero effettivamente le elezioni, ma con il vantaggio più ristretto mai registrato nella storia della Repubblica: appena 24mila voti su oltre 38 milioni di votanti. I risultati (Prodi 49,81% – Berlusconi 49,74%) consegnarono al paese un governo debole che sarebbe caduto nel giro di due anni.

LA SCOMPARSA DELLA SINISTRA

Nel 2008 il solito Silvio Berlusconi guidava la coalizione di centrodestra contro il neonato Partito Democratico di Walter Veltroni. Dopo l’esperienza del governo dell’Unione la vittoria per il Cavaliere era scontata e i sondaggi, questa volta, ci presero: le previsioni (44,5% per il centrodestra e 37% per il centrosinistra) non si allontanarono troppo dal dato reale (46,8% contro 37,5%).

Quello che i sondaggisti non riuscirono a prevedere fu però l’uscita della sinistra dal parlamento: la Sinistra Arcobaleno di Fausto Bertinotti, data al 6,5%, fallì clamorosamente l’obiettivo di superare la soglia di sbarramento, attestandosi al 3,1%.

LA “NON VITTORIA” DI BERSANI

Dopo una legislatura iniziata tra gli eccessi di Berlusconi e finita con l’austerity imposta dal governo Monti, l’Italia aveva voglia di centrosinistra. O almeno era questa l’idea diffusa tra i sondaggisti, concordi nel dare la coalizione Italia Bene Comune guidata da Pierluigi Bersani tra il 36 e il 40%, oltre 10 punti sopra il centrodestra. Le cose non andarono esattamente così.

Il centrosinistra non andò oltre il 29,55% dei consensi, distanziando di una manciata di voti il centrodestra, fermo al 29,1%. Il vero exploit, però, fu quello del Movimento 5 Stelle: dato al 15% dai sondaggisti, il movimento di Beppe Grillo riuscì a superare la quota del 25%.

Oltre a Bersani- che si presentò davanti ai suoi dicendo “abbiam non vinto”- ci furono altre due vittime dei sondaggi: Mario Monti, che con la sua Scelta Civica era stimato vicino al 15, si fermò al 10%, mentre la sinistra, guidata questa volta da Ingroia, sprofondò al 2,25% nonostante i sondaggi che la proiettavano oltre il 5%.

IL 40% DI RENZI E IL “SORPASSO” DI GRILLO

I sondaggi danno, i sondaggi tolgono. Quei 10 punti che il Partito Democratico aveva perso alle politiche del 2013 tornarono infatti indietro alle europee del 2014.

Il Pd di Matteo Renzi era dato in calo al 32%, pericolosamente vicino al M5S, al 27%. Galvanizzato, Beppe Grillo parlava di “storico sorpasso”, ma mai previsione fu più sbagliata: i dem volarono oltre il 40% mentre i 5 Stelle precipitarono al 21%. Anche Forza Italia, stimata al 25%, crollò toccando quota 18%.

UNA VALANGA CHIAMATA DONALD TRUMP

Gli errori sono però comuni anche all’estero. Il caso più eclatante è sicuramente quello delle ultime elezioni presidenziali negli Stati Uniti, con i sondaggisti convinti della vittoria di Hillary Clinton. “No Chance” per Donald Trump che, nelle prime rilevazioni, era stimato sotto il 40%.

Una campagna elettorale giocata senza esclusione di colpi cambiò le carte in tavola ma l’eccentrico tycoon era dato comunque in netto svantaggio di circa 4 punti in quasi tutti gli ‘swing state’, gli stati che assegnano i seggi decisivi per assicurarsi la nomina alla presidenza.

Anche qui, l’errore fu clamoroso: come una valanga, Donald Trump riuscì ad assicurarsi quasi tutti gli stati chiave e ad essere eletto Presidente degli Stati Uniti d’America.

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