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Cultura, al Sud -8,3 miliardi dal 2000 al 2013

I dati derivano da elaborazioni Svimez. Cultura risulta pesantemente sacrificata in quanto considerata come voluttuaria, un bene di lusso

Pubblicato:03-03-2016 10:30
Ultimo aggiornamento:16-12-2020 22:05

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SOLDI

ROMA – Dal 2000 al 2013 le amministrazioni e imprese pubbliche locali hanno ‘risparmiato‘ a livello nazionale complessivamente 20,8 miliardi di euro nel settore cultura e servizi ricreativi, di cui 14,2 di spese correnti e 6,6 di spesa in conto capitale. Il Sud ha concorso al ‘risparmio’ nella misura di 8,3 miliardi di euro (di cui 6,6 di spese correnti e 1,7 di spesa in conto capitale). I dati derivano da elaborazioni Svimez che presuppongono per il periodo 2000-2013 gli stessi importi di spesa sia corrente che in conto capitale che erano stati erogati nel 2000. E quanto emerge dalla nota di ricerca ‘Le spese per la cultura nel Mezzogiorno d’Italia” del Consigliere della Svimez Federico Pica e di Alessandra Tancredi (Agenzia per la Coesione Territoriale, CPT, Unità tecnica centrale) pubblicata sul sito www.svimez.it. Condotta sulla base di dati dell’Agenzia per la Coesione Territoriale/CPT/Unità tecnica centrale, la Nota analizza l’andamento delle spese correnti e in conto capitale per la cultura a livello delle circoscrizioni Nord/Sud e dei livelli di governo negli anni 2000-2013. I dati sono aggregati e consolidati con le tecniche dei CPT e si riferiscono al totale delle erogazioni per cassa di tutte le amministrazioni pubbliche nel territorio.

COSA SI INTENDE PER SPESE PER LA CULTURA E CHI LE FINANZIA – Nella voce “cultura e servizi ricreativi” si intendono principalmente interventi a tutela e valorizzazione di musei, biblioteche, cinema, teatri, enti lirici, archivi, accademie, ma anche attività ricreative e sportive quali piscine, stadi, centri polisportivi, fino alla gestione di giardini e musei zoologici. Due i soggetti maggiormente coinvolti da queste spese: i comuni e lo Stato, insieme al CONI. Decisamente minori gli apporti delle Regioni, che destinano al settore risorse soprattutto di provenienza europea.


I RISPARMI DI SPESA CORRENTE: 14,2 MILIARDI DI EURO, DI CUI 6,6 AL SUD – Ipotizzando che a partire dal 2000 si fosse continuato a spendere per ogni anno lo stesso importo erogato nel 2000 (cioè oltre 2 miliardi al Sud, 3,6 al Nord e 2,2 al Centro), dei 14,2 miliardi di euro “mancanti” sull’intero periodo 6,6 riguardano il Mezzogiorno, 4,7 il Nord e 2,9 il Centro. I dati, si legge nella Nota, mostrano i maggiori tagli dove gli importi sono minori, come al Sud.

I RISPARMI IN CONTO CAPITALE: 6,6 MILIARDI, DI CUI 1,8 AL SUD – Adottando in quest’ambito la stessa ipotesi praticata per la spesa corrente, emerge che la spesa in conto capitale nel settore cultura nel periodo 2000-2013 avrebbe dovuto essere di 39,7 miliardi di euro, di cui 18,7 al Nord, 10,5 al Centro e 10,4 al Sud. Invece, in totale, sono stati 33,1 i miliardi effettivamente erogati: al Nord sono andati 17 (-1,7 miliardi), al Centro 7,4 (-3,1 miliardi) e al Sud 8,6 (-1,8).

I RISPARMI PER LIVELLI DI GOVERNANCE: -70% PER LE AMMINISTRAZIONI CENTRALI – Andando ad analizzare la spesa per la cultura delle amministrazioni centrali, locali e regionali, emerge la forte riduzione di spesa delle amministrazioni centrali. La spesa corrente a livello nazionale passa dai 3,7 miliardi di euro del 2000 ai 2,7 del 2013: al Sud il calo è di 180 milioni di euro (da 1 miliardo a 844 milioni). Più marcata la flessione della spesa in conto capitale: il miliardo e 100 milioni del 2000 a livello nazionale si riduce 13 anni dopo a 332 milioni (-70%); il Sud passa dai 323 milioni del 2000 agli 84 del 2013, con un crollo del 74%. Decisamente più contenuti i tagli operati dai comuni e dalle Regioni, per effetto dei fondi europei e del FAS.

SVIMEZ: LA CULTURA NON È BENE DI LUSSO MA, COME PER LA SANITÀ E LA SCUOLA, VANNO GARANTITI I LIVELLI ESSENZIALI SU TUTTO IL LIVELLO NAZIONALE – Il Sud, secondo la Svimez, subisce una duplice penalizzazione, in quanto alla riduzione della spesa in conto capitale totale si aggiunge quella più marcata per la cultura, che negli ultimi dieci anni risulta pesantemente sacrificata in quanto considerata come voluttuaria, un bene di lusso. Quello che serve, si legge nella Nota, è “non soltanto un maggiore impegno finanziario di tutti, ma altresì una effettiva riconsiderazione e riforma dei meccanismi finanziari e istituzionali”. In primis, le spese per la cultura “attengono ai livelli essenziali delle prestazioni (LEP), che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale”. Diritti con portafoglio: “tutti i diritti richiedono, da parte di tutti i livelli di governo, una disponibilità concreta di risorse”. Inoltre, in base all’art.117 Cost, è lo Stato che deve definire i LEP e costruire un meccanismo che li renda disponibili. Occorrerà inoltre, conclude la Nota, definire un sistema di poteri e responsabilità che consenta una gestione adeguata del settore.

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