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BOLOGNA – L’Uncem chiede a Governo e Parlamento, e lo chiede “ormai da anni”, un provvedimento che “lasci o restituisca interamente ai Comuni montani l’intero gettito Imu pagato dai rispettivi proprietari di immobili“. L’Unione dei Comuni, Comunità o Enti montani torna alla carica sulla legge per la Montagna spedendo alla Camera un elenco di ‘desiderata’. Di cose che ‘servono’, anche da tempo, e su cui non si intende demordere. Come sull’Imu, ma anche su tanto altro. Un altro esempio? L’Uncem chiede l’eliminazione dell’obbligo di utilizzo di notai per i rogiti notarili relativi a terreni agricoli nei Comuni totalmente e parzialmente montani. Si faccia in modo che per compravendita e successione di terreni (fino a 5.000 metri quadrati di superficie e fino a euro 1.000 di valore) basti andare davanti a un segretario comunale, un pubblico ufficiale, e senza oneri per il cittadino.
“Da rimuovere le imposte di registrazione e trascrizione” evitando “quanto accade da almeno 60 anni”: i rogiti non vengono effettuati per questi terreni, perchè notaio e imposte costano troppo. I costi a carico del cittadino superano spesso molto il valore stesso del terreno. Ma i terreni non rogitati restano senza un effettivo proprietario che li gestisce, andando a trasformarsi in breve tempo in aree incolte. Per i terreni fino a 5.000 metri quadrati e fino a 1.000 euro di valore, vanno azzerati i diritti di segreteria comunale per il Certificato di Destinazione urbanistica, da rilasciare su carta semplice. Uncem sollecita una complessiva riorganizzazione dei mestieri e delle professioni di montagna. “Occorre anche un testo specifico, ma è necessaria una azione normativa”. In totale, l’insieme delle proposte, idee e richieste è racchiuso in un documento di cinque pagine.
Uncem segnala a Roma anche cose da ‘non fare’: sulla classificazione dei Comuni si raccomanda “attenzione”. Si eviti -pur con la necessità di eliminare dagli elenchi i Comuni non montani, compresi in aree urbane- “di restringere il perimetro dell’area montana italiana, eliminando opportunità per le comunità locali, come ad esempio l’accesso annuale alla Pac per le imprese agricole e il pagamento dell’Imu sui terreni agricoli compresi nei Comuni montani”. In generale, servono più soldi. Rispetto al fondo montagna, “è chiaro che per fare molte delle cose previste nel ddl, a partire dalle incentivazioni ai medici di base o le misure per la fiscalità differenziata (ancora troppo poche), 200 milioni dal 2025 non bastano. Dunque lavoriamo per aumentare il fondo nazionale per la montagna. Anche le Regioni facciano la loro parte. Investano. Non aspettino il fondo nazionale”. Solo cinque Regioni oggi hanno un fondo per la montagna e Uncem sprona: “Non basta chiedere fondi allo Stato. Le Regioni agiscano anche in termini di pagamento dei servizi ecosistemici-ambientali, introducendo una quota della tariffa dell’acqua potabile (del ciclo idrico integrato) pagato dai cittadini e destinata alla montagna, ai territori, per la tutela delle fonti idriche e la prevenzione del dissesto idrogeologico. Anche per questo serve la politica”.
Altro capitolo decisivo è la riorganizzazione istituzionale dei Comuni montani perchè lavorino “di più e meglio insieme, in organizzazioni forti, durature, non volontarie”: questo “è fondamentale per portare ogni possibile politica e scelta, investimento e stanziamento sulle aree montane. Senza ‘Comuni insieme’- secondo la grande e positiva tradizione delle Comunità montane, copiata da Francia e altri Paesi europei- non vi sono opportunità per la montagna”. Guai ai campanili o a chi sfoggia di far meglio da solo, avvisa Uncem.
“Servono lungimiranza di valle, di territorio, ambiti territoriali ottimali, Enti montani sovracomunali solidi per gestire insieme le funzioni dei Comuni, piccoli e grandi, per avere funzioni specifiche dalle Regioni (sulle politiche forestali e dei pascoli in primo luogo) e per organizzare sviluppo sociale ed economico di Alpin e Appennini”.
Uncem chiede di intervenire anche sul divario digitale dei territori montani inserendo risorse aggiuntive: “Non sono sufficienti enunciazioni di principio relative a digitalizzazione e nuove infrastrutture”. Come occorre “garantire -per i servizi di base, ovvero scuole, trasporti, sanità- regole specifiche e differenziate che permettano alle Regioni interventi legislativi capaci di affrontare la crisi demografica senza compromettere la qualità dei servizi, riducendoli o chiudendone presidi”.
Sulla montagna ci sono poi diversi programmi e strategie: “Armonizzatele”, caldeggia l’Uncem chiedendo di destinare una percentuale della tariffa idrica alle Comunità montane e alle Unioni montane per mantenere fonti idriche e impedire le frane o il rischio idrogeologico. Cassa Depositi e Prestiti dovrebbe fornire prestiti a tasso zero alle imprese nei Comuni montani come serve il regime Iva agevolata del 10% per le opere connesse alla manutenzione e alla salvaguardia idrogeologica del territorio montano. Come servono, continua Uncem, i Livelli essenziali delle prestazioni (Lep), una disposizione nazionale relativa al superamento della parcellizzazione fondiaria, fondi per processi partecipativi di comunità, per la nascita di Comunità energetiche, Cooperative di comunità, Green e Smart communities, un adeguamento dei canoni per le attività estrattive e dei canoni per il prelievo di acque minerali.
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