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Ogni anno 230mila morti per malattie cardiovascolari, più donne che uomini

L'intervista a Matteo Ruzzolini, cardiologo e cardiologo riabilitatore Fatebenefratelli di Roma e membro dell'associazione 'Itacare-p'

Pubblicato:02-12-2021 14:22
Ultimo aggiornamento:02-12-2021 14:33

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ROMA – Le malattie cardiovascolari sono un gruppo di patologie di cui fanno parte le malattie ischemiche del cuore, come l’infarto acuto del miocardio e quelle cerebrovascolari, come l’ictus ischemico ed emorragico. Rappresentano le principali cause di morbosità, invalidità e mortalità in Italia. I numeri fanno spavento perché si tratta di circa 230mila morti l’anno. E forse, diversamente da quanto si immagina, non sono solo malattie che parlano al maschile, ma anche al femminile e infatti muoiono più le donne che gli uomini. Al contrario sono noti ai più i fattori di rischio quali sedentarietà, fumo, obesità e scarsi controlli.

La pandemia, soprattutto nella prima fase, ha fatto il resto incidendo profondamente sul numeri delle morti per difficoltà di accedere ai controlli e per recidive della malattia. Per fare il quadro sulla patologia, leggere i numeri del problema ma anche per parlare del servizio di telemedicina e riabilitazione cardiologica attivo presso l’ospedale Fatebenefratelli- Isola tiberina di Roma, l’agenzia di stampa Dire ha raggiunto Matteo Ruzzolini, cardiologo e cardiologo riabilitatore Fbf di Roma e membro dell’associazione ‘Itacare-p’.

Cosa si intende per malattie cardiovascolari e quali sono i numeri del problema in Italia? Queste patologie colpiscono più gli uomini o le donne e perché?


“Le malattie cardiovascolari sono un gruppo di patologie di cui fanno parte le malattie ischemiche del cuore: infarti miocardici, angine e quelle cerebrovascolari quindi gli ictus, sia che siano ischemici che emorragici. Mentre i primi esitano in cronicità ed invalidità i secondi in invalidità permanente. Le malattie cardiovascolari sono la principale causa di morte nel nostro Paese e rappresentano più del 40% delle morti totali causando circa 230mila decessi l’anno che riguardano più le donne che gli uomini. Mentre, potrà sembrare un paradosso, le patologie colpiscono più gli uomini. Trattandosi di patologie che per natura colpiscono con l’avanzare dell’età ed avendo le donne una età media maggiore rispetto agli uomini questo spiega perché il sesso femminile ne sia più colpito. C’è una differenza in più: i maschi sono colpiti dalla malattia dopo i 40 anni mentre le femmine dopo la menopausa perché gli ormoni femminili sono protettivi per la malattia cardiovascolare e quando questi vengono meno si sovrappongano agli altri fattori di rischio che nelle donne giovani sono, ad esempio, l’inattività, il fumo di sigaretta e l’obesità”.

– Quante diagnosi sono andate perse in pandemia e quali saranno le ricadute nei prossimi anni?

“Purtroppo non abbiamo una stima precisa di quanto è accaduto perché tutti gli sforzi del Ssn sono stati convogliati su come affrontare l’emergenza. Abbiamo registrato un eccesso di mortalità se confrontiamo i trend statistici rispetto agli ultimi anni. Quello che possiamo dire è che le morti in quel periodo non sono imputabili solo all’infezione da Covid-19 per cui queste morti elevate le possiamo ascrivere per quanto riguarda le patologie vascolari ad una riduzione di ricoveri per sindrome coronarica acuta. Abbiamo registrato da 30 al 40% in meno di ricoveri per sindrome coronarica acuta e scompenso cardiaco con mortalità aumentata di circa tre volte per infarto. Guardando ai numeri siamo passati dal 4% al più 13%. Sono aumentati gli arresti cardiaci al di fuori degli ospedali e sono calate le prestazioni diagnostiche e terapeutiche cardiovascolari. Sono stati effettuati il 60% in meno di servizi ambulatoriali come le visite cardiologiche e gli ecocardiogrammi mentre la cifra sale al 70% in meno per quello che riguarda i ‘test provocativi’ cioè i test che cercano di mettere in evidenza in uno stadio subclinico le patologie cardiovascolari. È venuta a mancare sia la parte preventiva che quella di follow up di coloro che avevano avuto già la malattia in precedenza. Si tratta di 1milione e 300mila prestazioni di cui siamo rimasti indietro nel sistema sanitario, mi riferisco a tutte le prestazioni sanitarie ambulatoriali ed infatti in questo enorme numero rientrano anche quelle cardiovascolari. Il 5% del totale dei pazienti ha rinunciato alle cure e ad essere messo nuovamente in lista per recuperare le prestazioni mancate“.

– Ci può parlare a tal proposito del progetto di telemedicina che è stato attivato presso il Fatebenefratelli di Roma e quali sono i vantaggi per il paziente?

“Lo scenario pandemico ha accelerato un progetto che era stato già avviato da diversi anni quello della telemedicina che si pone l’obiettivo di abbattere le distanze e limitare gli spostamenti a vantaggio soprattutto dei pazienti anziani e fragili e migliorare il controllo delle malattie croniche. Di recente l’ospedale Fatebenefratelli di Roma ha avviato un programma che ha coinvolto più di 70 pazienti affetti da fibrillazione atriale che è l’aritmia più frequente e che spesso si associa ad altre patologie come l’ipertensione arteriosa e allo scompenso cardiaco. Questi pazienti dopo la dimissione ospedaliera sono stati seguiti dopo l’evento acuto per un anno con un programma di televisite infermieristiche tramite un call center attraverso un sistema combinato di chiamate telefoniche e di messaggistica per il monitoraggio della malattia e il controllo dei fattori scatenanti con una attenzione a seguire da parte del paziente dei corretti stili di vita. La percentuale di gradimento che abbiamo riscontrata è stata del 100%. Il progetto è partito a gennaio 2020 e per casualità è coincisa con la prima fase dell’emergenza pandemica e del lockdown. Durante il periodo più delicato i pazienti hanno chiamato questo nostro call non solo per la gestione e il controllo malattia cardiovascolare ma anche per altre informazioni degli effetti del Covid sul proprio stato di salute. Circa il 30% dei pazienti ha concluso il controllo prima dei 12 mesi previsti perché sono stati precocemente in grado di gestire la propria patologia. Abbiamo dimostrato che adottando un sistema semplice di telemonitoraggio si possano evitarsi accessi in ospedale inutili che affollano ambulatori e pronto soccorso”.

– Che ruolo giocano gli stili di vita e l’alimentazione per prevenire le malattie cardiovascolari?

Lo stile di vita e la corretta alimentazione giocano un ruolo fondamentale non solo nella prevenzione delle malattie cardiovascolari ma anche di altre prevenzione oncologica. Nelle malattie cardiovascolari questi aspetti sono importanti anche post evento, per evitare recidive che potrebbero avere esiti peggiori o irreversibili sul sistema cardiovascolare. Di questo si occupa una branca della cardiologia che è la cardiologia riabilitativa e preventiva, di cui mi occupo. L’obiettivo è mettere il paziente al centro e consentire di recuperare le migliori performance fisiche, psicologiche e sociali per ottenere un reintegro all’interno società. In questo percorso il paziente è affiancato da un team multidisciplinare composto da: cardiologi, dietisti, psicologi, infermieri, fisioterapisti per impostare dei programmi che possano correggere i fattori di rischio e dare indicazioni sui corretti stili di vita. Tutto ciò viene accompagnato da modelli di esercizio fisico. Si abbandona la vecchia concezione che il paziente cardiopatico che non deve eseguire una attività fisica chiaramente ci sono attività adeguate per quel soggetto. Così possono attivarsi dei modelli virtuosi che il paziente può eseguire anche uscito dall’ospedale e che diventano parte integrante della sua quotidianità”. 

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