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Donne e ricerca, gli effetti del lockdown: calano gli articoli scientifici a firma femminile

SPECIALE DONNE E SCIENZA | Lettera aperta a Nature Astronomy di tre ricercatrici italiane. Che hanno fatto i conti

Pubblicato:02-12-2020 17:43
Ultimo aggiornamento:23-12-2021 15:47

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ROMA – La disparità di genere nella cura di casa e famiglia è questione anche di numeri. Impietosi, come quelli rilevati nei primi sei mesi del 2020 sugli articoli scientifici a firma femminile. Sono stati raccolti da tre donne di scienza che, grazie alla finestra aperta dal lockdown sulla vita domestica degli italiani, hanno sancito quello che si dice da tempo: se bisogna scegliere tra chi deve lavorare e chi deve curare, la cura tocca alle donne. Come hanno fatto? L’astrofisica Laura Inno dell’Università Parthenope di Napoli, Alessandra Rotundi, professoressa ordinaria sempre alla Parthenope, e Arianna Piccialli, ricercatrice del Royal Belgian Institute for Space Aeronomy di Bruxelles hanno messo mano ai dati pubblici relativi alla pubblicazione di articoli scientifici di ambito astronomico e hanno riscontrato un netto calo di firme femminili nel periodo del lockdown. Hanno poi inviato una lettera pubblica alla prestigosa rivista Nature Astronomy  con i risultati: rispetto a una media calcolata sugli ultimi tre anni, nei primi sei mesi del 2020 le ricerche a prima firma di una donna sono calate, mentre quelle con un ricercatore uomo come primo firmatario sono addirittura aumentate. Non solo. Hanno valutato che questi dati sono anche sottostimati. “Volevamo porre l’accento su un fatto oggettivo: le donne hanno pagato di più le spese del lockdown per quanto riguarda la carriera. Nel periodo di marzo-aprile, quando ci sono state le prime restrizioni, c’è stato un bel dibattito. In articoli di opinione, anche su Nature, si supponeva che ci sarebbero stati effetti di questo tipo, cioè che le donne sarebbero state svantaggiate per come è distribuito il lavoro domestico nelle famiglie”, racconta Inno, raggiunta dalla Dire per la rubrica ‘Donne e scienza’  di DireDonne. “Siamo tre donne a firmare l’articolo, noi eravamo alle prese con la ricerca e la didattica a distanza e le mie colleghe anche con la famiglia e la gestione di bambini. La faccenda ci toccava sul personale. Avevamo visto che in questi articoli c’era costume, ma non approccio tecnico. Così ci siamo chieste se ci fosse un modo oggettivo di fare indagine: l’articolo è nato per capire se ci fosse un modo non opinabile di descrivere la situazione”. E così è partita la conta dei nomi. “Abbiamo accesso al database di articoli scientifici pubblici, nella fase di pre-stampa, che nascondono un lavoro che può andare dai tre ai sei mesi. Ci aspettiamo che il problema sia, però, molto maggiore: sarebbe utile avere dati sulle proposte fatte da donne, sulle applicazioni per i fondi, ecc.”.

La pubblicazione è stata “molto apprezzata dalle nostre colleghe. Ho ricevuto messaggi privati da colleghe che lavorano sia in italia che all’estero: hanno sentito che davamo voce alla loro realtà. È nata una riflessione? Da un certo punto di vista sì, almeno la discussione è nata. Ma non so se la comunità prenderà delle risoluzioni”.

Inno, astrofisica campana, si occupa di Scienza del Sistema Solare. “La triennale in Fisica l’ho fatta a Salerno, eravamo due ragazze su trenta studenti, poi mi sono trasferita a Roma Tor Vergata per la specialistica in Scienze dell’Universo e lì il rapporto era più bilanciato, ma eravamo comunque meno della metà”. Eppure, la comunità astronomica italiana è tra le più virtuose al mondo per quanto riguarda la parità di genere. “Secondo i dati dell’Uai (International Astronomical Union)- spiega Inno-, in Italia il 30% della comunità è composta da donne”, che fanno volare la Penisola tra i Paesi con il maggior numero di donne astronome. Eppure, potrebbe non essere tutto oro quel che luccica. “Forse ci sono così tante donne perché questo non viene visto come un lavoro prestigioso– riflette Inno-. Fisica forse viene vista ancora come una facoltà che non dà accesso a lavori ‘importanti’. A parità di impegno, magari uno sceglie ingegneria”.


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Nel Paese in cui sono poche le donne che scelgono percorsi accademici scientifici, cosa direbbe a una diciottenne che vuole iscriversi a Fisica? “Le direi che è un percorso impegantivo, ma che può dare grandi soddisfazioni. È un lavoro che appaga, in cui si ragiona, si collabora, si mette a frutto la propria competenza, si cerca di migliorarsi sempre. C’è la parte di scrittura, di laboratorio, di osservazione. Sono anni faticosi, ma divertenti. Non bisogna aver paura. E no alla paura di problemi di genere. Dal punto di vista di leggi e opportunità, almeno del mondo della fisica, la parità c’è, bisogna poi raggiungerla a livello culturale. E questo si fa insieme, è un impegno di tutta la comunità”.

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