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Roma nella palude, non basteranno gli slogan per uscirne

A breve saremo sommersi dalle promesse dei candidati a sindaco e degli aspiranti consiglieri. Gli slogan non faranno presa, questa volta servirà di più

Pubblicato:02-12-2020 10:34
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 20:41

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ROMA – Una città immobile, senza progetti e con una navigazione a vista. Roma da qualche anno si guarda allo specchio e si vede sempre uguale, ma con qualche anno in più. Dai rifiuti alla cultura, dai trasporti ai grandi eventi, fino alle politiche sociali e al commercio, ci sono poche stelle a brillare nel cielo sopra il Cupolone. La colpa non è solo di chi governa ora, anche se chi siede in Campidoglio ci ha messo del suo, ma viene da lontano. Tanta burocrazia, accompagnata da tante maxi-inchieste, e poca voglia di prendere decisioni impopolari hanno trasformato la Capitale in una immensa palude amministrativa e politica. Esempi? Lo Stadio della Roma, a prescindere da come la si pensi, ha prodotto solo metri cubi di chiacchiere e si è arenato su un’ipoteca sui terreni che nessuno aveva visto. Con il Cinema Palazzo, poi, si è arrivati a uno sgombero che poteva essere evitato, salvando gli interessi di chi ne è proprietario ma non l’esperienza di chi lo ha animato. Sui rifiuti non c’è l’ombra di un indirizzo per i prossimi anni, anzi diversi impianti in meno e un sistema ‘porta a porta’ in ritirata nei quartieri. È così anche sui trasporti, dove l’Atac è stata salvata solo dal fallimento contabile. Basta farsi un giro alle fermate degli autobus la mattina per capire qual è il giudizio dei romani. A breve saremo sommersi dalle promesse dei candidati a sindaco e degli aspiranti consiglieri. Gli slogan non faranno presa, questa volta servirà di più. Ne abbiamo ingoiati troppi negli ultimi anni senza vedere un briciolo di cambiamento. Come quelli – nobili per carità – dell’onestà e della legalità, che applicati con furia cieca finiscono per togliere alla città tanti servizi. Lo dimostra la Casa delle donne di via della Lungara, che ha intrapreso una lunga battaglia per difendersi dal conto di un milione di euro presentato dal Campidoglio. L’alternativa a questa esperienza quale sarebbe? Immobile messo a bando e poi chissà. Forse un nuovo spazio vuoto. La città può e deve cambiare, ma per farlo non bastano le parole e gli slogan. Servono poteri dallo Stato centrale e risorse adeguate a finanziare le idee di sviluppo. Che non siano solo nuovi quartieri nelle lontane periferie.

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