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Assodiagnostici: “Medicina di laboratorio non viene considerata” VIDEO

FIRENZE - “Ad oggi il fondo sanitario da 113 miliardi di euro non tiene correttamente in considerazione il

Pubblicato:02-12-2016 13:27
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:23

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FIRENZE – “Ad oggi il fondo sanitario da 113 miliardi di euro non tiene correttamente in considerazione il mondo della medicina di laboratorio, che sta decrescendo da ormai troppo tempo, non solo in termini di spesa, ma sta diminuendo in qualità di test eseguiti”. Lo afferma, parlando con la ‘Dire’ il presidente di Assodiagnostici, Massimiliano Boggetti, a margine di un convegno al Risk Management di Assobiomedica.

La preoccupazione principale emersa dai dibattiti è l’obsolescenza dei macchinari diagnostici. “Ed è chiaro- aggiunge- che, se abbiamo detto che oggi i test di laboratorio sono importanti per una sanità migliore, non solo in termini di outcome del paziente, ma di una sanità più sostenibile perché migliori il sistema di cura, la gestione del paziente, se tu riduci risorse a questo mondo, da questo punto di vista non stai facendo bene”.

Boggetti parla di un meccanismo completamente scorretto, in questo momento, dei laboratori di analisi. “Oggi l’appropriatezza si dovrebbe fare attraverso una corretta conoscenza delle linee guida che le società scientifiche producono sulle varie patologie- rimarca- dovrebbe esserci una formazione più trasparente nel modo in cui queste linee guida vengono comprese e poi applicate a livello di laboratori di analisi, e le società scientifiche dovrebbero avere un ruolo maggiore nel controllo sull’applicazione di queste linee guida”. Nello specifico, fa sapere, “abbiamo visto che l’appropriatezza è invece oggi un mero taglio di test eseguiti a livello del prescrittore con penalizzazioni o attraverso dei software che hanno dei trigger all’interno dei quali si decide se il test debba o non debba essere eseguito”. Una condizione, pertanto, “di completa lontananza dalla situazione reale del paziente e dalle esigenze che poi porta a fare questo tipo di test”.



Durante l’incontro di oggi ha tenuto banco, in una delle sessioni di lavoro, il confronto sul libro di Mario Plebani, presidente della scuola di Medicina e Chirurgia dell’università di Padova dal titolo ‘L’assassino occulto: quando qualcosa va male nell’esame di laboratorio’ sul rischio clinico associato ai test, anche in relazione all’età degli apparecchi medici. “La cosa è anche più complessa- evidenzia Plebani- il libro dimostra, con dei casi veri, come l’esame di laboratorio se richiesto correttamente, eseguito bene, interpretato bene è di grande giovamento e porta alla soluzione non solo di diagnosi e di terapie più efficaci”. D’altronde, ricorda, esistono “casi di indagini medico-legali brillantemente risolti con l’esame di laboratorio. Mentre- chiarisce- se viene richiesto in modo inappropriato e viene eseguito male o anche con attrezzature obsolete o viene interpretato male può tradursi in danni che talvolta esitano fino a eventi avversi o morte del paziente”. Questo “perché l’esame di laboratorio oggi costituisce un’informazione che è assolutamente necessaria per la diagnosi e la terapia per tutte le patologie”. E, infatti, chiosa ancora, “la medicina di laboratorio riecheggiando il titolo del libro viene definita la scienza nascosta che salva le vite. Nascosta, perché di mezzo c’è il medico di medicina generale o lo specialista che chiede l’esame e lo interpreta, quindi, il cittadino-paziente qualche volta non ha la percezione di quanto sia importante l’informazione di laboratorio”. Più in generale, sul tema della sanità, Plebani invita a uno sguardo più omogeneo rispetto a un’eccessiva frammentazione dei servizi sanitari regionali. “Abbiamo imparato molti anni fa questa frase- rammenta-, che dice che bisogna evitare che un cittadino che nasce con un determinato codice postale non abbia la stessa aspettativa di qualità del sistema di cura degli altri. Ora, il problema è evitare quello che è stato fatto in questi anni, cioè che le varie Regioni adottino meccanismi di accreditamento, di valutazione della qualità troppo differenziati”. Quindi, è il punto di vista di Plebani, “bisogna che ci sia una tutela perché un cittadino della Basilicata rispetto a un cittadino del Veneto abbia la stessa qualità, almeno, potenzialmente di cure. Quindi, il problema è di definire quali sono le tappe migliori, le strategie migliori per portarci a questa omogeneizzazione verso l’alto”.

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