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Ministero della Salute: “Più di 6mila macchinari inadeguati” VIDEO

Boggio (Assobiomedica): "Troppa frammentazione, serve una regia"

Pubblicato:02-12-2016 16:26
Ultimo aggiornamento:17-12-2020 09:22

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FIRENZE – In tutta Europa esiste un allarmante stato di invecchiamento di molte apparecchiature diagnostiche: in Italia, in particolare, il quadro non migliora rispetto al passato e sono circa 6.400 le apparecchiature che hanno superato la soglia di adeguatezza tecnologica. Così vengono negati ai pazienti i benefici dell’innovazione, come la riduzione delle dosi di radiazioni emesse e le migliori possibilità di analisi dei risultati per la diagnosi e la prevenzione di molte patologie. Di questo si è discusso nel convegno ‘Soluzioni innovative per il rinnovo del parco di tecnologie mediche obsoleto, una scelta obbligata’, organizzato da Assobiomedica e Sihta-Società italiana di Health technology assessment nell’ambito del Forum Risk Management ospitato nella suggestiva location della Fortezza Da Basso a Firenze. Un tema di cruciale importanza visto che ogni giorno in Italia oltre 19mila persone eseguono una Tac, oltre 10mila pazienti vengono assistiti in sala operatoria con apparecchiature diagnostiche e più di 4mila donne eseguono uno screening mammografico. È importante trovare soluzioni sostenibili che assicurino un aggiornamento costante del parco installato con l’obiettivo di valorizzare l’innovazione e dare priorità alla tutela della salute del paziente.


Il ministero della Salute è “ben cosciente del problema esistente sull’obsolescenza delle apparecchiature tecnologiche e da tempo si occupa del monitoraggio delle grandi apparecchiature, come banca dati. Naturalmente, la conoscenza che esistono più di seimila apparecchiature che sono un reale pericolo di adeguatezza e di conformità per la vetustà ci porta ad esaminare il problema da un punto di vista della salute, quindi dei pazienti, dei possibili incidenti, dei problemi di sicurezza dei pazienti ma anche dei possibili allungamenti delle liste d’attesa dove un’apparecchiatura nuova potrebbe garantire standard anche in termini di numero di prestazioni erogate maggiore”. Lo afferma alla ‘Dire’ Marcella Marletta, direttore generale per i dispositivi medici e diagnostici del ministero della Salute al forum risk management della sanità.


“Quindi- aggiunge- insieme al ministero dello Sviluppo economico, insieme al Consip, insieme oggi anche alla presidenza del Consiglio abbiamo avuto di esaminare le criticità e avremo modo nel futuro di parlare di investimento delle grandi apparecchiature anche come di investimento”.


In tempi brevi, fa sapere, “c’è bisogno di risorse economiche che sicuramente non sono subito disponibili. Quindi, siamo orientati a un processo che dovrà occuparsi di un piano della programmazione e dell’investimento che dovrà mettere al centro i ministeri, le istituzioni ma anche al tavolo gli stakeholders intesi come cittadini, aziende e professionisti sanitari”.


A fornire delle cifre precise è il presidente di Assobiomedica, Luigi Boggio. “È chiaro che un immediato ammodernamento di tutto il parco tecnologico avrebbe dimensioni tali, si parla intorno ai 10 miliardi, assolutamente non sopportabili dal nostro sistema– rileva- E, quindi, bisogna trovare prima di tutto una forma per dare delle priorità a questa attività di cambio. Bisogna focalizzarsi sulle situazioni più critiche e agire in favore di un ammodernamento”. Consci del fatto che, “investire in innovazione porta dei risparmi che si colgono nel giro di qualche anno, mentre inizialmente bisogna fare un investimento. E questo è il groviglio da cui è difficile uscire. Come si può uscire? Ovviamente, la leva più facile è quella di avere più risorse”. Se venissero destinati dei fondi a questo scopo, è l’ipotesi, “ovviamente questo sarebbe immediatamente più facile da risolvere. Ma abbiamo visto quante soluzioni ci sono di partnership fra il pubblico e il privato, aziende che possono farsi carico dell’investimento iniziale davvero molto, molto rilevante e spalmare su un arco di tempo molto lungo i costi per la struttura in modo di rendere questo cambiamento possibile”.

Le formule sono molto diverse, ma, avverte, “ci sono molti esempi in giro per il mondo. Noi non dobbiamo avere paura di copiare delle buone pratiche che già funzionano all’estero”. Boggio auspica scelte più omogenee in campo sanitario. “Direi- sostiene- che la frammentazione anche in sanità ha sempre degli aspetti negativi, pensare che ogni regione affronti questo problema dell’ammodernamento in modo originale, particolare e diverso da altri mi fa pensare soltanto a degli sprechi. Però, abbiamo visto stamattina anche funzionari delle centrali di acquisto regionali che si sono detti molto aperti ad adottare queste formule nuove di partenariato, e quindi uscire un po’ dalla logica della gara di appalto al prezzo più basso, in favore di una visione molto più strategica di progetto da condividere con un fornitore o con un fornitore partner”.

Un’idea che fa molto piacere ad Assobiomedica, “però, siamo convinti che affrontare questo problema così grave a livello nazionale richieda una regia centrale. Ecco, perché avere avuto qui oggi la rappresentanza della presidenza del Consiglio e, quindi, del governo per noi è estremamente confortante. Contiamo su una regia che poi cali le soluzioni a livello regionale”. Peraltro, su fronte dell’ammodernamento delle apparecchiature mediche è entrato in campo la Sihta (Società italiana di Health technology assessment) rappresentata da Pietro Derrico che in questo modo commenta la collaborazione offerta per il rinnovo dei macchinari: “È nata- informa- perché tutti gli attori del sistema in questi ultimi 10 anni anziché parlarsi addosso e rivendicare il proprio perimetro di autonomia decisionale o intellettuale hanno capito e hanno condiviso la radiografia della realtà. L’Italia è uno degli ultimi posti in Europa, quindi, nel mondo nel tasso di innovazione delle tecnologie. E, poiché è anche uno dei più importanti produttori di tecnologie nel mondo essere contemporaneamente con un mercato interno depresso è una contraddizione logica rispetto all’investimento in ricerca e sviluppo”.


Per questa ragione, “la sicurezza del paziente, le economie di scala di un Paese, ma anche le economie di un sistema che produce esso stesso innovazione e, quindi, tecnologia a disposizione dei pazienti sono interessi che essendo legittimi non possono essere contrapposti l’uno all’altro”. Da qui è arrivata la collaborazione, “includendo oltre a questi 3 attori anche i professionisti, che sono i clinici che rispondono in primis della qualità delle prestazioni e i gestori fra cui gli ingegneri clinici, i risk manager, gli informatici coloro che gestiscono le tecnologie che sono proposti dall’industria. Questi due attori insieme alle istituzioni, insieme all’industria devono poter fare un passo di convergenza comune verso l’interesse della collettività che è deve mettere sempre al centro il paziente, chi ha bisogno di un sollievo alla propria sofferenza”.

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